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Читать книгу: «Un bel sogno», страница 9

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XVI

Ermanno si arrese alle preghiere di Laura e dellʼamico; sua madre stessa lo consigliò a divagarsi alquanto per rompere le fatiche di una soverchia occupazione. – La buona donna tremava per i giorni del figlio minacciato dal ritorno del morbo che lo aveva assalito alcuni anni prima.

Il lungo studio e lʼeccessiva applicazione avevano più contribuito a conservare che a distruggere le traccie della malattia, e diffatti fin dalla sua prima guarigione, Ermanno non aveva più ritrovata quella salute che è una specialità della gioventù; un qualche rimasuglio del male vi era sempre; e ciò spiega il perchè del suo costante pallore e dellʼirritabilità di carattere tanto facile allo scoraggiamento.

Ricevuta appena la lettera di Paolo Ermanno partì, e giunse nella stessa sera alla villa Ramati. – Passò colà diciassette giorni, i quali furono certo i più belli che mai egli avesse trascorsi; e la lettera che ei ne scrisse a Laura al ritorno, riflette ancora un raggio di quella felicità che forse si gusta una sola volta in vita. – Noi la trascriviamo tutta intera, perchè essa rivela il punto più elevato di quellʼaffetto nobile e grande.

«Laura mia
30 Settembre

Ho giurato varie volte meco stesso di non più prestar fede alle promesse del bene, e mal mio grado debbo ora fare ampia ritrattazione della mia incredulità. – Nellʼincertezza delle mie idee, nella desolazione di tutto me stesso, io era giunto a tanto da dubitare se la luce del sole fosse luce vera; e tu mia Laura colla tua bontà, col tuo candore diradasti le nebbie del più sconfortante pessimismo.

«È vero sì che la missione degli angioli sulla terra è la redenzione dei miseri mortali, perchè tu fanciulla mia, angiolo di dolcezza hai salvo il mio spirito dal brutale abbattimento che lo minacciava. È vero che il bene è cosa di questo mondo, perchè esso si concretizza in te; nella tua graziosa persona si chiude quella misteriosa potenza che io voleva negare. – Il bello, il buono, il sublime esistono perchè tu vivi mia Laura, ed il mondo che ricetta nel suo seno una schiera dʼanime elette come la tua, non può essere ovunque un ammasso di sventure. —

«Oh! giovinetta, tu che operasti il santo miracolo della rigenerazione di unʼanima inferma, esulta meco della vittoria, e ringrazia quel Dio che ti mandò dal cielo, chè la tua missione ebbe lʼesito più felice.

«Laura, mia Laura, ed è vero che io possa scriverla questa parola? Sono felice!.. Non mʼilludo io forse nel concepire una simile idea, non sogno?.. Dimmelo tu, perchè ciò che succede in me è tanto nuovo da rendermi incerto sulla realtà di quello che provo. – Felicità… quella stella lontana che brillava come un punto quasi impercettibile, lʼavrò io raggiunta? Come ho attraversato quellʼimmenso spazio di aria, e di tenebre che me la tenevano lungi?.. Non lo so; ma è certo, che cercando attorno a me non trovo più nulla dʼinvidiabile, più nulla da desiderare…

«Laura, tu farai la più santa delle cose scrivendomi subito, che tutto ciò che provo, tutto il fuoco del cuore, lʼesaltamento che mʼinvade, è realtà. Ho bisogno di una tua lettera nella quale tu mi dica che il passato non è un sogno, che ti ho veduta per diciassette giorni… Oh i bei giorni! io voglio ripensarli, voglio riandare colla mente ad ogni ora ad ogni istante di essi, perchè la mia felicità si fonda intieramente su quelle dolci memorie. – Mi ricordo che al mio arrivo, tu eri ad aspettarmi là sulla porta del tuo giardino; appena mi riconoscesti da lontano, agitasti il fazzoletto, tu mi attendevi ed io sarei volato per raggiungerti tosto; ma questo meschino cuore, si agitò siffattamente, che dovetti fermarmi per lʼaffanno. – Era verso sera, lo ricordi?.. io saliva lʼerto pendio che guida alla tua villa… il sole salutava coʼ suoi ultimi raggi le cime di quei graziosi colli. Tu stavi appoggiata ad un grosso albero e sorridevi malinconicamente.

«Chi mi sa dire la gioia, la voluttà di quel momento? Già pochi passi ne separavano, ed io correva leggiero come se avessi avuto lʼali. Un passo ancora, due, tre, e ti accolsi fra le mie braccia. – Ricordati Laura di quellʼistante e di quelle lagrime che ci toglievano la parola; ricordati di quel bacio strappato ai nostri labbri da una forza superiore ad ogni reticenza. – Quel bacio esalato dallʼalto del colle al cospetto del morente sole fra unʼaria balsamica, ed un cielo orientale, non si perdette no nei vortici dello spazio, perchè io lo sento ancora qui sulle mie labbra, e si ripete tuttavia nel cuore.

«Adorata creatura, leggiadra come visione celeste, superiore ad ogni concetto che mente umana possa formarsi della bellezza, lascia che qui dalla mia solitudine, col più santo entusiasmo ti dica che fra le tue braccia ritrovai lʼobblio a tutti i mali dal passato, il conforto per quelli dellʼavvenire.

«Non è vero no che lʼuomo sia tutto di materia, non è vero che le sue gioie come i suoi dolori abbiano un limite ristretto a questo meschino pianeta che è la terra; ci sono dei momenti in cui lo spirito umano esce dagli stretti confini del noto, ed erra nellʼimmensità dellʼignoto, ne sente il mistero senza comprenderlo; ma in quellʼistante qualche cosa di più che non una macchina di carne, agisce e pensa. – Quel fremito misterioso non è più unʼemozione meccanica, ma la luce di una scintilla divina…

«La memoria di quel giorno mi seguirà lo sento, fino allʼestremo di mia vita, ed è perciò che non cesserò mai di benedirti ed amarti. – Te lo giuro col cuore commosso, o Laura, io spero nellʼamor tuo, credo alla tua fede perchè in quel momento di abbandono soave, mi apparisti qual sei, unʼangelo del paradiso.

«Non ripeterò nè le gioie della mia dimora costì, nè il dolore della nostra separazione; cʼè da venir pazzo ripensando a tutto ciò; una sola cosa ti dico che ti farà gran piacere, ed è che sebben lontana, mi sembra dʼaverti qui presso di me nei momenti appunto che abbisogno della tua immagine. Io posseggo un secreto, mercè cui posso riprodurre lʼespressione tenera del tuo sguardo.

«Il tramonto coʼ suoi raggi dʼoro, è pur sublime! Tutta natura si pinge di quei colori morbidi vellutati che i pittori chiamano tinte calde; e tiepide invero esse sembrano, tiepide e voluttuose come il bacio di una donna amata. Al di là dei colli il cielo sʼincolora degli estremi raggi solari che riflette come specchio, e la natura si chiude in un sorriso mesto, malinconico, ineffabile, che ha solo riscontro nel sorriso di una vergine adorata. – Sì mia Laura, io osservai che quellʼinsieme armonioso e delicato del tramonto, riassume uno deʼ tuoi sguardi, epperciò non lascierò passar sera senza contemplare quel cielo che ti rassomiglia, e cercare nel suo sorriso il secreto del tuo sguardo.

«Dopo alcuni giorni di beatitudine mi fu forza lasciarti, ma portai meco un tesoro di ricordi, una ciocca deʼ tuoi capelli, ed il tuo ritratto. – Il genio del nostro Paolo ha trasfusa su quella tela tutta lʼanima tua, ti colse in tutto il fascino della tua bellezza, e più guardo quel dipinto, più parmi di vederti viva a me dinnanzi.

«La pittura è uno dei più gran segreti del genio; il poeta più elegante ed immaginoso, potrebbe pur cercare nella sua fantasia e stillare lʼanima neʼ suoi versi, nè perciò riuscirà mai ad animare di tanta realtà un ritratto.

«La musica colla vaga elasticità deʼ suoi concetti, è lontanissima da unʼidea definita; ma il pittore fonda lʼarte sua sulle basi incrollabili del vero, ed opera il gran prodigio di riprodurre in tutte le parti più dettagliate la natura, carpirne il segreto e dare agli oggetti quella vitalità che sarà sempre un mistero per la parola.

«Non farò elogi al modello, sarebbe vano quanto voler dire la bellezza dʼun fiore… lo si guarda sorridendo in silenzio, lasciando che il cuore lo esalti con palpiti dʼammirazione.

«Ciò che più di tutto mi desta sorpresa si è che nel tuo sguardo, o Laura, trovo unʼespressione di serietà che rivela un sensibile mutamento di carattere e di pensiero; parmi che queglʼocchi non siano più quali li mirai per la prima volta in Brescia. Non sparger lagrime sul dileguarsi delle tuo giovanili fantasticherie, non sospirare dietro lʼabbandono di certe gioie troppo puerili, giacchè la tua intelligenza che si sviluppa, tʼinsegnerà altre gioie a cui il cuore non sarà più estraneo.

«Io saluto con tutta lʼanima la malinconia del tuo sguardo. – Via quellʼeterno sorriso ingenuo, che rivela una completa ignoranza della vita: la mestizia dello sguardo è un sorriso del cuore, e gli angeli sono rappresentati dai grandi artisti in atteggiamento malinconico.

«Benedetta le mille volte lʼaura dei tristi pensieri che cancella dalle vergini fronti lʼingenuità di fanciulla per lasciarvi lʼespressione della donna. Io guardo i tuoi occhi così ben disegnati, la mossa graziosa della cara testolina, le linee purissime della tua fronte, e trovo ovunque un senso di poesia che non so esprimere, ma di cui assaporo tutta la voluttà.

«Ieri verso sera volli regalarmi una passeggiata in barca; lʼaria era fresca, il cielo sereno; tutto invitava a quella gita. – Quando fui nel bel mezzo del lago, mi colpì uno spettacolo veramente patetico. Sorgeva la luna, ma il cielo era ancor tinto di un roseo incerto per i riflessi crepuscolari. – Vedendo la faccia pallida dellʼastro notturno, mi sovvenni che nella sera precedente lʼavevamo contemplata insieme dal tuo terrazzo; lo rammenti? Concentrato in quella memoria, mi parve di essere trasportato nel tuo giardino, a te dʼaccanto…

«Queste sono illusioni, è vero; ma la vita non è forse per sè stessa una lunga fila dʼillusioni? Chi lo sa; chi potrebbe giurare che sia reale tutto ciò che si vede e sente?

«Quando rinvenni dalla mia contemplazione, mi accorsi che lʼaria era troppo umida, e mi affrettai verso casa, non prima però di aver affidato un saluto per te, alla brezza che mi sfiorava il viso. – Erano le otto… Che facevi tu a quellʼora? Termino questa lettera, altrimenti chissà dove mi fermerei. – Ho molto lavoro da compiere, e sarò costretto a vegliare per alcune notti.

«Addio mia bella, mia buona Laura. Scrivimi, scrivimi presto e sopratutto non dimenticarti mai del tuo povero amico. – Nelle delizie del tuo soggiorno fra il bacio delle molli aurette, ed il sorriso di un cielo sempre sereno, ricordati sempre di me.

«Nelle tue gioie, nei tuoi divertimenti, abbi ognora un pensiero per il tuo

Ermanno».
Laura ad Ermanno
7 Ottobre.

«Hai tu pensato mai, mio buon amico ai primi giorni del nostro amore? non ti ricorrono talvolta alla mente i nostri primi colloquii? – Ieri mentre stava leggendo la tua lettera, si ridestarono dʼun tratto nellʼanimo mio le memorie del passato, e provai una vera gioia richiamandomi tutti i particolari del nostro primo incontro a Brescia in casa della cugina Letizia. – Quante dolci rimembranze, quante care memorie! Cercai tosto la tua prima lettera, la lessi attentamente, e da quellʼesame del passato mi accorsi di quanto il nostro amore siasi ingrandito. – Provati, mio Ermanno, provati a risollevare nel tuo seno quelle rimembranze, e vedrai se io fallo.

«Appena pochi mesi trascorsero, dʼallora in poi, eppure parmi che in quel frattempo siano accaduti dei grandi avvenimenti; non so persuadermi di conoscerti sì da poco, e sembrami che la memoria di te, si leghi alla mia infanzia; parmi che il corso dʼanni ed anni, abbia assodati quei legami che ci uniscono.

«Non so dirti quanto bene mi abbia arrecato la tua lettera; giacchè dessa è la prima in cui tu lasci libero corso al tuo cuore, senza offuscarne i concetti colle nubi della tua barbara logica; è la prima volta che tu mi parli con tanta fede, o dirò meglio con tanto entusiasmo.

«Come sono belle le tue lettere! Non lascierei mai di leggerle; sono tanto soavi, dolci armoniose le tue parole che mi sembra quasi di udire la tua musica. – Oh! come invidio la tua sorte o Ermanno, tu puoi esprimere tutto ciò che ti passa nellʼanimo colla massima facilità; non vʼha idea che tu non colga a perfezione, e quando tu mi parli dei colli del lago, del cielo, parmi di respirare in grembo a quella natura così ben descritta, quando mi parli delle tue emozioni, sembrami di vederti a me dinnanzi con quella cara mestizia impressa nello sguardo.

«Da alcuni giorni sono qui sola; Paolo è partito, nè valse preghiera a trattenerlo; papà e mamma fecero il possibile per indurlo a fermarsi ancora, ma tutto vano; egli fu inesorabile nella sua decisione, come tu lo fosti nella tua.

«Ora la campagna mi è divenuta insopportabile, parmi di essere isolata in un deserto, ed attendo ansiosamente che la mamma si decida di ritornare a Milano. Non oso fartene domanda, perchè ti so occupatissimo, ma parmi che sarei felicissima, ricevendo più spesso tue lettere.

«Stamattina, per esempio quando vidi il nostro domestico con un fascio di giornali e carte del papà, avrei giurato che vi era una tua lettera; ma nossignore, fui disingannata, eravi una lettera, ma della cugina Letizia. Stetti col broncio per più di unʼora, e non mi venne neanche in mente di vedere ciò che mi scrivesse la cugina: ma poi tutto passò; prima ho riflettuto che tu hai molto da fare; poi perchè toccava a me il rispondere alla tua ultima. – In vista di tali circostanze ti ho perdonato.

«Tu dunque mio Ermanno, sei felice, ed è vero… non fu una pietosa invenzione la tua? Sia ringraziato il cielo! tu credi finalmente allʼamor mio, e questo è tutto ciò che desiderava, perchè mio caro, il dubbio di non riuscire ad inspirar confidenza, diviene penoso per un cuore che ama… Ma io sono una gran ciarlona; creo castelli, fabbrico progetti a mio piacimento, ed infine poi nulla ci rimane, e dobbiamo tenere a gran ventura se ci vediamo parecchie volte durante unʼanno… noi che ci amiamo tanto!

«Se io fossi agile come la rondinella che svolazza dʼintorno al mio balcone, spiegherei tosto lʼali alla tua volta, ed invece di una lettera, ti sorprenderei con una visita mentre stai seduto al piano creando qualche cosa colle tue magiche dita.

«Ti ricordi di quella sera che ci recammo alla villa della signora Salviani?.. Noi precedevamo gli altri tenendoci al braccio; tu mi dicevi tante cose belle, tante parole dolci, ed io ti ascoltava religiosamente, perchè quando tu parli mio Ermanno, preponderi su tutti i miei sensi, e non so far altro che ascoltarti, ascoltarti sorridendo. – In quella sera fosti pregato di suonare, ed io mi sedetti subito al tuo fianco, mormorandoti parole di tenerezza fra gli accordi della tua musica…

«Madama Salviani va pazza per quella Fantasia sullʼUltimo pensiero di Weber, ma a me restò più impressa la Campana dei morenti. Oh! la bella musica, e con quale straziante effetto tu la eseguisti! Io aveva voglia di piangere tanta era la commozione che mi destava quel canto lúgubre e morente; e se fossimo stati soli, ti sarei caduta nelle braccia per dirti che quella musica divina, mi strappava lagrime dʼamore.

«Tu lasciasti un mondo di ricordi in questa nostra piccola villa. – Entro spesso nella camera che era a te destinata, e ne esco talora colle lagrime agli occhi, perchè parmi che colà tutti gli oggetti piangano la tua assenza. – Trovai un volumetto che tu dimenticasti, sono le poesie di Leopardi. Tengo nascosto quel prezioso ricordo donatomi dal caso e lo leggo spesso perchè so che è il tuo poeta prediletto. – Vi sono dei segni, ed uno specialmente sui versi:

 
«O speranze, speranze; ameni inganni
Della mia prima età! Sempre parlando
Ritorno a voi; che per andar di tempo
Per varïar dʼaffetti e di pensieri,
Obliarvi non so!..»
 

E di quelle speranze che formano il mistero della vita mi pasco io pure. – Spera amico mio, è questa una tale felicità che compensa tutti i dolori.

«Tu che ora vedi il primo barlume della speranza, saluta con gioia la sua luce apportatrice di tante dolcezze…

«Mi dici che in pochi mesi, cambiai dʼaspetto, che il mio sguardo è più serio; ma non sei tu il primo a fare questo rimarco. La mamma già me lo disse, e cento altri mi vanno ripetendo che io non sono più quella di altre volte. – Tutto ciò lo devo a te mio Ermanno che facesti guerra alle puerilità che mʼingombravano il cuore, e sono a te debitrice di questo salutare sviluppo delle mie idee che sʼimpronta sul mio volto.

«Se tu non eri, io sarei ancora una bambina vanerella e senza pensieri; tu mʼinsegnasti a pensare ad amare; colle tue parole, le tue lettere, e la tua musica, mi empiesti lʼanima di novelli affetti, e vado a te sola debitrice della prima educazione del mio cuore.

«La cugina Letizia, verrà fra qualche giorno collo zio a trovarci, ma a quanto essa mi dice nella sua lettera, non si fermerà molto perchè si accingono a fare un viaggio in Toscana. Per vero, andrei anchʼio molto volentieri con essi, ma siccome mi preme assai più di ricevere le tue lettere, ed aver sempre novelle di te, non mi lascierò certo indurre.

«Il più bel viaggio per me sarebbe quello di venirti a trovare; ma ciò è tanto improbabile, che ti autorizzo di mettere questa mia idea nel numero delle tante follie che ti avrò già scritto.

«E tu, mio buon amico, lavori sempre? Bada però di non affaticarti troppo, sei debole e mal reggeresti ad una soverchia occupazione. Pensa mio Ermanno, che se tu ricadessi ammalato, io vivrei in angoscia mortale; pensa che la tua Laura ti comanda di conservarti per lei, pensa che da quellʼegoista che sono non soffro rivali, e non voglio che lʼarte usurpi quelle ore che debbono essere riserbate al nostro amore. —

«Ti proibisco dʼora innanzi di raccomandarti alla mia memoria. – È questa una contraddizione a tutta quella fiducia che dicesti di avere riposta nellʼamor mio. – Insegnamelo tu cattivo diffidente un mezzo per dimenticarti unʼistante appena, giacchè io ti ho sempre nella memoria.

«Tu mi hai circondata della tua atmosfera, tu sei dappertutto, nel cielo, nei fiori, nellʼaria chʼio respiro; tu sei entrato nelle mie più piccole cose, e diventasti il padrone di tutte le mie azioni. Il tuo linguaggio è sì dolce, il tuo modo di parlare e pensare si distacca tanto dal comune che rappresenti per me unʼindividualità isolata e grande fra la turba. – Tu infine colle tue parole, colle tue lettere, colla tua musica hai ammaliato questo povero cuore che non potrà mai altro che amarti ed ammirarti.

Laura».

XVII

Ermanno rispose subito alla bella lettera di Laura, nè qui è caso di trascrivere quel che ne disse, giacchè quella lettera, altro non conteneva che le solite assicurazioni dʼamore, le solite frasi di tenerezza. Solamente egli ringraziava la giovinetta per la prova dʼaffetto che gli dava non partecipando al viaggio della cugina, onde non interrompere la dolce corrispondenza, e le raccomandava di non lasciarlo a lungo, senza sue novelle. – Ma sia dimenticanza, o che altro, Laura non rispose a quella lettera.

Passarono così più giorni senza che Ermanno potesse darsi ragione di quel silenzio tanto insolito; scrisse unʼaltra volta, ma collo steso frutto, ed è facile immaginare quanta agitazione ed incertezza tormentassero lʼanimo suo.

Finalmente, dopo venti giorni, ricevette il seguente biglietto:

Caro Ermanno,

«Due righe in fretta per dirti, che questa sera parto colla cugina Letizia alla volta di Firenze. – La mamma vuole ad ogni costo che io mi divaghi alquanto, e debbo compiacerla.

«Ti scriverò da Bologna ove ci fermeremo qualche giorno. – Per ora addio, amami sempre come ti ama la tua

Laura».

Questa lettera dʼun laconismo straniante, parla molto per sè stessa sulla fermezza di proposito della giovinetta, la quale abbenchè memore della promessa fatta ad Ermanno, non seppe resistere al desiderio di fare quel viaggio. Il pretesto che la madre ve lʼavesse quasi forzata era troppo meschino, e tradiva il di lei imbarazzo nel trovare una giustificazione ammissibile alla sua inconseguenza.

Il dolore di Ermanno nello scorrere quella lettera, fu grande, giacchè egli era ben lungi dallʼattendersi un simil colpo. Troppo persuaso dellʼamore di Laura, e sorpreso del di lei silenzio, aveva cercato in cuor suo una scusa qualunque per distruggere i cattivi presentimenti che gli sorgevano nellʼanima; egli supponeva pietosamente che un qualche avvenimento, una malattia forse, facesse ostacolo aʼ suoi desiderii; ma quando dopo un silenzio di tanti giorni gli giunse quella lettera, dovette pur troppo lasciare libero passaggio ai funesti pensieri che lo incalzavano.

Qui ci tocca il doloroso compito di ricaricare sullʼanima dello sfortunato giovane il peso delle amarezze. – Ci duole doverlo dire, ma da questo punto noi dobbiamo seguire Ermanno nella via del disinganno più crudele – Egli non aveva puranco perduta ogni speranza, Laura prometteva di scrivergli da Bologna, e forse si sarebbe giustificata; ma attese invano.

Passarono più giorni, e niuna novella. Lʼinnamorata giovinetta aveva forse perduta ogni memoria durante il viaggio. —

Non ci basta lʼanimo di narrare la tristezza di quei lunghi giorni di aspettativa angosciosa. Il novembre toccava quasi al termine, ed in tutto quel tempo Laura non aveva trovato modo di mandare un saluto al suo sventurato amico.

La stagione non era più propizia per rimanere in campagna, dʼaltronde Ermanno aveva già terminata la sua messa, giacchè nel dolore che lʼopprimeva era per lui unico conforto quello dello studio. – Ritornò colla madre a Brescia, ove appena giunto sʼebbe incontro con Alfredo dal quale seppe che Laura si trovava in Milano già da dieci giorni.

Un simile procedere, eccedeva ogni limite. Ermanno aveva con tutti gli sforzi trascinate le sue speranze di giorno in giorno, ma ormai non eravi più dubbio; Laura non ricordavasi più di lui. – Per quanto tentasse di calmarsi pensando che egli stesso aveva preveduto questo miserabile scioglimento del silenzio, pure non sapeva darsi pace per la rapidità con cui erano stati dimenticati gli eventi del passato. —

Per poco cuore che si abbia una donna, in simili casi tenta sempre di giustificarsi; è la coscienza istessa che impone questʼammenda alla fede vacillante; ma non curarsi assolutamente del passato, dimenticare in un punto amore e promesse, è unʼatto barbaro, una violenza alle fini cortesie che inspira nellʼanimo la memoria di una persona che si è tanto amata.

Finalmente Ermanno mal reggendo allʼincertezza, e desideroso di avere una spiegazione che lo togliesse da sì penosa esistenza, scrisse allʼamico Paolo la lettera che segue:

Amico mio,
10 Dicembre.

«Le mie previsioni si sono troppo presto avverate. Da due mesi sono privo di novelle di Laura. Io non so se questo inqualificabile silenzio, debba ascriverlo a mia colpa; ad ogni modo siccome io non mi dimentico tanto presto del passato, ed ho una spina qui nel cuore che mi opprime, ti prego di dirmi ciò che sai intorno a quella giovinetta.

«Credo che tu sarai ancor di casa presso i Ramati, epperciò ti raccomando di non far sapere ad alcuno di questa mia lettera… nemmeno a lei; che se alle volte le pesasse alla coscienza la memoria di me, desidero di esser presto dimenticato, acciò non mi tocchi il rimorso di amareggiarla neppure per un istante.

Tutto tuo

Ermanno.»

A quanto sembra, malgrado il divieto dellʼamico, Paolo mostrò a Laura quella lettera.

Sia rimorso, sia pietà, giacchè non oseremmo dirlo amore, Laura fece il sublime sforzo di scrivere ad Ermanno; ma ohimè quale diversità da quella lettera alle precedenti! allora lʼamore, la poesia ed il sentimento spiravano naturali ad ogni frase. In tutte quelle pagine scritte senza concetto determinato, si scorgeva il caro disordine che regna ovunque negli epistolari amorosi; quellʼavvicendarsi di frasi inconcludenti era fondato sopra una solida base: la fede. —

Ora più nulla di tutto ciò, lʼultima lettera di Laura era di una regolarità quasi commerciale, vi si vedeva lo sforzo ad ogni parola, lʼinerzia in ogni idea, e pareva che lo scopo predominante fosse la grammatica. – Noi presentiamo questa lettera al lettore, pregandolo di riflettervi sopra se sembra possibile che dopo due mesi appena si possa giungere a tanta indifferenza.

Ermanno,
15 Dicembre

«Giacchè tu ti ostini a tacere, rompo per la prima il ghiaccio per darti nuove di me e della mia famiglia. Io sto bene, altrettanto mamma e papà, e spero che tu pure ti troverai in sì favorevole condizione. Debbo chiederti tante scuse per non averti scritto come ti promisi, durante il viaggio; ma che vuoi? Firenze coi suoi monumenti toglie ogni modo dʼoccuparsi; oltre a ciò aggiungi lʼessere noi continuamente in giro, giacchè abbiamo peregrinato per tutta la Toscana; vi sono tante cose da vedere in quel bel paese che ci rimaneva ben poʼ di tempo per noi.

«Fummo fortunati abbastanza nel nostro viaggio, perchè il cielo fu costantemente sereno; ci fermammo quindici giorni a Firenze, e ti assicuro che non avrei mai più lasciata quella bella città.

«La passeggiata di LungʼArno è deliziosa, o vi facemmo varie gite in barca al chiaro di luna. Abbiamo visitato Pisa, Pistoja e Livorno; gran bella città questʼultima, e fu vero peccato che lo zio siasi opposto al progettato viaggio di mare per Genova.

«Ebbi un brutto momento a Livorno, immagina, mancò poco che non rimanessi preda del mare. Eravamo in barca scorrendo tranquillamente quelle onde solcate da tante navicelle; io me ne stava seduta a poppa e per aver tentato dʼalzarmi mentre la barca oscillava, caddi nellʼacqua. Fui presa e portata sulla riva, e quando ricuperai i sensi mi trovai fra le braccia della cugina che si struggeva in lagrime.

«Per buona sorte fu maggiore la paura del danno, però un tale avvenimento poteva aver serie conseguenze.

«Del resto mi sono molto divertita; non dimenticherò mai più le belle sere passate a Firenze, quel cielo sereno, quellʼauretta molle, mi lasciarono una cara rimembranza.

«Al mio ritorno, papà e mamma avevano già lasciato la campagna, epperciò mi diressi a Milano. – Voleva scriverti subito le mie impressioni di viaggio, ma ebbi tanto da fare, tante visite da restituire che me ne mancò il tempo.

«Scrivimi tu, e lungamente, così passerò qualche ora lieta colla tua lettera. —

Addio abbiti i saluti della tua

Laura».

Era troppo! Una tal lettera indignò giustamente Ermanno, che senza frapporre indugio, e colla rabbia in seno, subito rispose a quella lettera umiliante in questi termini:

«No madamigella, non doveva rompere il ghiaccio di un silenzio che nascondeva una voragine senza fine; chissà che la ruggine del tempo non avesse consumato il mio rancore, ed al nostro primo incontro, avrei potuto mostrarle un volto sereno, senza che il mio labbro tentasse un rimprovero. – Ma vivaddio mi si tasta troppo presto una ferita ancora aperta perchè io non debba trarne lamento. – Creda pure madamigella, ella mi scrisse troppo presto.

«Credeva forse la signorina che bastasse il dirmi che a Firenze la luna era chiara, la brezza molle, il LungʼArno delizioso, per giustificarsi di non avermi scritto prima? Non sono tale io dʼappagarmi di sì poco, e mal sopporto che dopo due mesi di crudele dimenticanza, mi si venga a dire: Oh! signor Ermanno, ora che sono a casa, ora che mi annojo e non so più come passare il tempo, mi ricordo di lei. – Durante il viaggio non potei scriverle perchè aveva troppo da fare, ma adesso che sono annojata, la prego di una sua lettera lunga, che leggerò fra gli sbadigli della solitudine per iscacciare il sonno. —

«Mia cara, il signor Ermanno che ha la disgrazia di prender tutto sul serio, non può reggere a tanta derisione; egli ha forse il difetto di pretendere troppo, ma in confidenza unʼamicizia che si dissolve per un chiaro di luna, non è tale da lusingarlo gran fatto; e piuttosto che aver sì poco, egli rinunzia a tutto.

«Nella descrizione del suo viaggio, non trovo un cenno che mi riguardi; ciò mi lusinga assai… ella si è divertita, e mi basta; valeva forse la pena di ricordarsi di me? No davvero, si viaggia per divagarsi!

«Ciò che più di tutto mi consola, si è la sua fermezza di proposito, giacchè, se non erro, in una lettera dalla Brianza, ella mi diceva che avrebbe rifiutato di fare il viaggio preferendo assai più di ricevere mie lettere. – Posso rallegrarmi che ella abbia cambiato dʼavviso, così non mi graverà il rimorso di averle fatto perdere una buona occasione per… divertirsi.

«Confessiamo però che lʼaver io creduto alle sue promesse fu conseguenza dʼun deplorabile eccesso di buona fede…

«Più ci penso, e più mi avveggo che commisi una sciocchezza pretendendo che ella mi scrivesse qualche volta; figuriamoci dove trovare il tempo? Bisognava andare sullʼArno a goder la frescura in barca di notte per contemplar la Luna e numerare le stelle del cielo, e farsi mollemente cullare dalle onde. – È naturale, non è colpa sua se il tempo volava tanto rapido da non permetterle di mandare un saluto a quel povero diavolo che ebbe la disgrazia di sperarlo!..

«Seppi subito il di lei ritorno da Firenze. Venti volte la penna mi venne fra le mani per scriverle, e sempre ne abbandonai lʼidea. – Cosa avrei potuto dirle?.. Ella taceva, segno questo che aveva tuttʼaltro per la mente, ed io colla mia lettera avrei forse sturbate le dolci reminescienze del viaggio.

«Glie lo confesso, aveva deciso di non più scriverle… mai più. Non ci voleva meno di una sua lettera per rimettermi la penna fra le dita, ed ecco che violando ciò che mi ero promesso, le scrivo ancora una volta… sarà lʼultima? lo ignoro, ciò non dipende da me; è certo che io ho duopo di calma, che mia cura principale si deve essere quella di evitare ogni commozione che potrebbe aver funeste conseguenze, e non correr dietro al turbine di false lusinghe, sognar chimere per poi destarmi nello scoraggiamento coi dolorosi avanzi di poche illusioni svanite. —

«Posso essere ancora in tempo per non disperare, e sono certo che la mia stessa Laura vedrà che a ragione mi appiglio ad energica risoluzione.

«Non so se questa lettera avrà come le precedenti alcuna influenza sullʼanimo suo; riuscirò forse con inutili lagni ad annojarla; ma più di tutto la prego di risparmiarmi un sorriso di compassione caso mai le venisse spontaneo sulle labbra. – Io lo so, in certe condizioni si leggono ridendo quelle parole che altra volta ci strappavano lagrime, ma io scrivo col cuore troppo straziato per meritarmi un motteggio.

«Povero sogno! Fu vera fortuna la sua brevità; il mattino non è lontano; al sorger del sole svaniscono le dubbiezze della notte, e si tronca la trama delle illusioni. – La realtà, sotto lʼapparenza di tiranna rappresenta la giustizia; tutto ciò che si agita nel suo dominio esiste, e non può essere; mentre in sogno, quanti errori di buona fede si commettono!.. Non è vero Laura? Me lo dica lei che fu la prima a svegliarsi, e tanto fortunata da aprir gli occhi in pieno sole; ma io mi dibatto ancora tra veglia e sonno, ed aprendo gli sguardi non vedrò che tenebre!..

«Aspetterò, pazienza! Lʼalba della rigenerazione viene per tutti, ed io attendo la sua pallida luce per rimettermi sul cammino di questo pellegrinaggio che si chiama vita, con un disinganno di più, ed una speranza di meno.

«Lʼavvenire è incerto, ma alla mia età non si può dubitare di lui; malgrado tutto posso ancora sperare che un giorno il cielo rasserenato mostrandomi la sua faccia stellata e ridente, mi dica: coraggio, dopo la tempesta viene la calma; è tale il destino di tutti gli uomini. – Tu vuotasti la tazza dei dolori… Spera!

«Con questa parola chiudo la mia lettera. Per quanto scettico io possa essere, non credo certamente che operando il bene sʼincontri il male. Ho molti doveri da compiere, e lʼaffetto di mia madre esige da me i più grandi sacrifizii; però qualunque cosa possa accaderle, si ricordi madamigella di avere in me unʼamico sempre pronto a prestarle lʼopera sua, ogni qualvolta potesse abbisognarne.

«È possibile che queste siano le ultime nostre parole epperò non debbo perdere occasione per dirle che in tutte le vicende della vita ella sarà sempre accompagnata dai voti sinceri che io faccio per la sua felicità…

«A lei sono certo riserbati alti destini, e le vie che noi prenderemo nel mondo, saranno ben diverse; pure non dispero affatto dʼincontrarla un qualche giorno. – Dal canto suo faccia come meglio le detta il cuore; se crederà la memoria di me degna di qualche ricordo, sarà per me gran ventura. – Egli è certo però o Laura che lʼultimo saluto che sta per cadermi dalla penna, parte dal più profondo dellʼanima, e che non scrivo senza trepidazione e dolore la parola… addio! – »

Pochi giorni dopo, Ermanno ricevette da Milano un piego nel quale erano accluse due lettere, una di Laura a Paolo, e lʼaltra di questʼultimo ad Ermanno. – Lesse la prima avidamente; e ad ogni parola dava segno di agitazione; giunto al termine gettò via il foglio con disdegno, senza nemmeno curarsi della madre che assisteva alla scena. —

Возрастное ограничение:
12+
Дата выхода на Литрес:
28 сентября 2017
Объем:
220 стр. 1 иллюстрация
Правообладатель:
Public Domain

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