(entra difilato portando un vassoio con una bottiglia e un bicchierino) Aperitivo! (Vedendo Claudia) Oh!?
Idiota!
Mi avevate ordinato di credere che la signora non c'era più.
(con forza) E ve l'ordino ancora!
Posso annunziare che la colazione è pronta?
(sorridendo) Potete.
Pronta… per uno. (Serio e dignitoso, sogguardando Claudia, attraversa la camera e poggia il vassoio sul tavolino.)
(pianissimo e rapidamente a Claudia) Adesso, è necessario che io vi tratti come una cocotte.
(con un moto istintivo di sorpresa) Cosa?
State accorta! Bisogna far deviare la curiosità di questo imbecille. La sua testimonianza potrebbe toglierci ogni speranza di salvezza! (Autorevolmente a Decio, che sta per svignarsela) Restate lì, voi! Tenete su quella portiera.
(fermandosi presso la porta in fondo, mantiene sollevata la portiera in un immobile atteggiamento furbesco.)
(lentamente, si avvia per uscire.)
(a Claudia, per ingannare il servo) Addio, Ninì!
(si volta con caricata civetteria inesperta.)
(le manda un bacio sulle dita.)
Addio, Nunù! (Imitandolo graziosamente, gli ricambia il bacio.) E… tanti saluti…
A chi?
A Olghina.
(con un soprassalto – impacciato) Ah!.. Già!
(esce.)
Salotto d'una fine eleganza nobilesca in casa del Marchese di Montefranco. – Una porta in fondo. Una a sinistra. – A una parete, l'apparecchio del telefono. – È sera. Lumi accesi.
(entra dalla porta a destra, affaccendato. Va al telefono. Gira la manovella. – Tintinnìo di risposta.) – Comunicazione col 993. (Dopo un istante, altro tintinnìo.) Con chi parlo? (Pausa.) Alle dieci, la carrozza del signor duca. (Pausa.) No, non al Circolo del Whist. Qui, qui. Sono il cameriere del marchese di Montefranco. Il signor duca ha pranzato qui. (Pausa.) Sì, va bene, il landau chiuso. (Gira la manovella e toglie la comunicazione.) (Va alla porta in fondo e introduce Filippo.) Il signor marchese viene a momenti. Ha finito di pranzare e gli ho potuto far l'imbasciata senza che gli altri se ne accorgessero. (Esce.)
(ha l'aspetto d'un cameriere a riposo. Faccia losca. Fedine brevi. Niente baffi. Grossi anelli alle dita. È entrato rispettosamente, con in mano il cappello. Ora che è solo, guarda un po' alle porte, curiosando. Come vede avvicinare il marchese di Montefranco, assume un'aria umile e misteriosa.)
(in frac e cravatta bianca, entra dalla destra.) Che c'è, Filippo? Avresti dovuto venire al Circolo verso la mezzanotte come al solito. Non qui. Sai bene che mi annoia che ti si veda bazzicare in casa mia.
(sottovoce, accostandosi al marchese) Col dovuto rispetto a vostra Eccellenza, ho anticipato perchè ci sono delle novità.
Delle novità?
Il servizio, finalmente, è stato fatto.
(scosso) Davvero?!
Credo che ci siamo, Eccellenza.
Tu non devi credere nulla. Devi solamente raccontare. E presto, perchè ho di là degl'invitati.
Racconto, Eccellenza. Stamattina, la signora marchesa è uscita di casa alle dieci e trentacinque minuti.
Be', sbrighiamoci. Dove è andata?
La signora marchesa era vestita magnificamente…
Questo non mi riguarda. Tira via.
No, ecco, volevo dire a Vostra Eccellenza che così vestita non l'avevo mai vista, a quell'ora…
Abbrevia, santodio! Dove è andata?
Eccellenza, è andata alla Riviera di Chiaia, trecentoventisette.
(sussultando) Non è possibile!
Trecentoventisette, Eccellenza.
(Breve pausa.)
(attonito) Garantisci?!
Garantisco.
(con una certa reticenza) E… a quale piano è salita?
Col dovuto rispetto a Vostra Eccellenza, la signora marchesa è entrata in casa del signor Maurizio Dorini.
(stranamente confuso e mascherandosi al cospetto della spia) Sta bene. (Indi, pensando alla singolarità del caso, abbozza un sogghigno di beffa per sè stesso. E, tosto, agilmente, finge una tranquillità indifferente.) Non c'è altro?
Non c'è altro, Eccellenza.
E a te sembra d'avere scoperto qualche cosa d'importante?
(rispettosamente) Se non sembra importante a Vostra Eccellenza… non sembra importante nemmeno a me.
Chi ti ha riferito che la marchesa si è recata in casa di… quel signore?
Ho date venti lire di mancia al portinaio per sapere la verità.
Hai fatto malissimo!
Come piace a Vostra Eccellenza.
Le mance troppo grosse non servono che a pagare delle menzogne! Ti sia di regola. (Cava del denaro dal portafogli e glielo porge.) Prendi. Ce n'è anche per te.
Ma no… non voglio che Vostra Eccellenza s'incomodi ora. Abbiamo tanti conti pendenti…
E penderanno per un pezzo. Prendi questo, provvisoriamente.
Per obbedire. (Intasca.)
(ricorrendo, d'un tratto, a un'idea per dissuadere Filippo) E di': quanto tempo la marchesa si sarebbe trattenuta in quel palazzo?
La signora marchesa è montata alle undici precise. A che ora sia scesa, in coscienza, non lo so. Io sono stato ad aspettare una ventina di minuti. Ma poi ho detto fra me e me: qui, col dovuto rispetto a Sua Eccellenza, le cose vanno per le lunghe…
(interrompendo severamente) Non ti ho chiesto conto dei tuoi soliloqui! Il certo è che non hai aspettato abbastanza. Se avessi aspettato un poco di più, avresti veduto entrare anche me in quel palazzo. Il che dice con chiarezza che proprio lì io avevo un appuntamento con mia moglie. Te l'ho taciuto pocanzi per controllare la tua puntualità. Sono indignato della improntitudine con cui vieni a raccontarmi delle fandonie!
Eccellenza!..
Basta così! Da oggi in poi ti è assolutamente proibito di seguire e sorvegliare mia moglie. Si trattava di una semplice curiosità, e l'ho soddisfatta altrimenti. La marchesa – ricordalo bene – è una signora a cui bisogna far tanto di cappello.
Come piace a Vostra Eccellenza.
(di dentro) Eccolo lì il disertore.
(disinvolto) Andate, Filippo.
(Sulla soglia della porta a destra si fermano il Duca in frac e cravatta bianca e Claudia appoggiata al braccio di lui.)
(inchinandosi ad Alfredo) Servo. (Ed esce dal fondo.)
Dico, zietto: mi rapite la moglie?
Te la conduco, invece. Si annoiava così lealmente con me!
Non ti difendi, Claudia?
(freddamente, lasciando il braccio del Duca) Il Duca mi perdona.
Tutte le mie scuse, zio, per lei, che non è brillantissima, e per me che mi sono allontanato. Ma gli è che avevo da fare delle comunicazioni interessanti al mio segretario e perciò…
(avanzandosi) Hai un segretario?
Sì… per il disbrigo di qualche affare urgente… (Mutando subito discorso) Questa poltrona, zio, è per voi.
(sedendo) Grazie.
E Maurizio dov'è?.. Dov'è Maurizio? Dov'è quel caro Maurizio?
Passeggia.
Ah, lo so. Lui passeggia. Dopo pranzo, dovunque si trovi, passeggia una mezz'ora per digerire. È la sua igiene. Ma non è una ragione per privarci della sua compagnia. (Va alla porta a destra e chiama:) Maurizio! Maurizio! (Al Duca) È tanto buono!
Mi è simpaticissimo!
Per noi è come una persona di famiglia. Un amico d'oro. Anche Claudia permette a lui quel che non ha mai permesso a nessuno!
A nessuno.
(come gli altri, in abito nero e cravatta bianca. – Entrando ha udito.) Che cos'è che permettete soltanto a me, Donna Claudia?
(sedendo lontano dal Duca) Per lo meno di farmi la corte.
(fa una smorfia d'impazienza; e comincia a passeggiare con passo piuttosto affrettato intorno alla camera.)
(a Claudia) Ah, no! Io ti smentisco. (Al Duca) È una blague, zio. (Accostandosi a Claudia e tenendole le mani alle spalle) Questa qui è una donnina eccezionale: una moglie come non se ne trovano più.
Dev'essere difatti un'eroina del matrimonio per aver saputo rinnamorare un marito quando questo più correva la cavallina.
E oramai ci sono dentro fino ai capelli, zio. (Le carezza il collo.)
(dominando il disdegno, cerca di scansarsi.)
Bravo!
Ho preso una cotta come si può prenderla a vent'anni!
(senza volerlo, gli getta uno sguardo di stupore.)
(andando verso il Duca) Vedete, io vi potrei raccontare dei particolari da farvi intontire.
Raccontami tutto. Intontirò con molto piacere.
(sedendogli accanto) Ve ne dico uno, ma all'orecchio.
(ancora passeggiando) Perchè poi all'orecchio? Piacerebbe molto anche a me d'intontire.
Scusami, ma ho due pudori da rispettare: il mio e quello di mia moglie.
Del mio non te ne preoccupare.
(ad Alfredo) Sei d'una correttezza irreprensibile!
(al Duca) Dunque, sentite… (Gli parla all'orecchio con dimestichezza gaia.)
(lo ascolta, or sorridendo di maraviglia, ora di compiacimento.)
Mentre mio marito rispetta i due pudori, Maurizio, sacrificatemi un po' della vostra digestione. Abbiate la cortesia di sedere. Mi fate venire il mal di mare.
Sarà un disastro per il mio stomaco; ma eccovi servita. (Siede.)
Non così lontano! Devo dirvi più chiaramente che vi voglio vicino a me?
(ascoltando Alfredo) Va là! Non è possibile!
Sì, sì, ve lo confesso: è la verità!.. (Continua a parlargli sempre più confidenzialmente.)
(malvolentieri prende posto accanto a Claudia. – Pianissimo) State attenta: mi compromettete anche dinanzi al vecchio, adesso.
Gli siete estremamente simpatico.
Lo so bene: è vostro marito che mi fa la réclame per appiccicarmelo addosso.
Avete visto l'uomo che è uscito di qui, poco fa?
No.
Era il confidente di mio marito.
L'uomo che vi ha spiata?
Il fido esploratore.
Ne siete sicura?
A me è parso di ricordarmi d'averlo spesso incontrato per istrada da un mese in qua. Ha una fisonomia che non si dimentica. E poi mio marito lo ha chiamato Filippo!..
E dunque era lui!
Era lui!
(con gioconda soddisfazione, ad Alfredo) Ma è enorme!
Sentite ancora, zio!
(a Claudia, inquieto) Sicchè, poco fa sarebbe accaduto ciò che io prevedevo?!
Non ne dubito.
Vostro marito avrebbe appreso che voi, questa mattina, di nascosto, siete venuta da me?!
Non ne dubito.
A conti fatti, potrebbe essere già convinto che io sono…
Il mio amante.
Io ne piglio una malattia!
E io sarò felicissima di curarvela. Così, almeno, potrò disobbligarmi.
Voi siete la mia perdizione, donna Claudia!
Purchè voi siate la mia buona stella, che importa?
Ecco: il sangue mi affluisce alla testa… Mi permettete, se non altro, di passeggiare?
Passeggiate.
(Si alza. Si tocca le tempie. Si tocca lo stomaco.)
(a cui il racconto di Alfredo ha procurato un crescendo di buon umore, prorompe ora in una gran risata.) A questo punto, abbi pazienza, mi vien voglia di congratularmi più con lei che con te!
Di che cosa vorreste congratularvi con me, caro Duca!
(alzandosi e andando verso di lei) Dei prodigi della vostra nuova luna di miele.
Pare che siano specialmente i segreti di alcova che risvegliano il vostro affetto di zio!
(si alza anche lui, seccato.)
(passeggiando, lo sogguarda con trepida curiosità.)
(risentito) L'affetto di zio è risvegliato in me da tutto quanto mi conferma d'aver ritrovato in questa casa l'organismo d'una famiglia. Quando dico famiglia, dico anzitutto onestà coniugale. E questa onestà, donna Claudia, se non vi dispiace, comincia precisamente dall'alcova.
Peccato che la storia veridica delle alcove non si scriverà mai!
… Lo storiografo della situazione, dovendo essere un testimonio oculare, si troverebbe in un bell'imbarazzo!
Io ho voluto soltanto giustificarmi, marchesa, di avere ascoltate volentieri le confidenze di vostro marito.
Ma sì, zio. Claudia scherza. Nessuno meglio di lei intende quanta bontà sia nella vostra compiacenza; e nessuno più di lei, credetemi, ve ne è grato.
Se ci sia della bontà, non so. È probabile che ci sia, sopra tutto, dell'egoismo. Non lo nascondo. Ero stanco di solitudine. E il dolore che il mio unico nipote fosse immeritevole della mia fiducia e non mi avesse nemmeno dato un erede, condannandomi a guardare con malinconia i parecchi chilometri quadrati di terre che per volontà di Dio mi sono stati trasmessi insieme con un nome immacolato, s'era così inasprito che quasi andava mutandosi in rancore verso me stesso e quasi mi faceva pentire d'aver vissuto troppo sobriamente la mia vita di vedovo.
Potevate pensare a costruirvelo voi un erede.
In che maniera?
Non avrete avuto sempre settant'anni!
Ne avevo venticinque, cara signora, quando amai e sposai la donna più eletta che io mi abbia conosciuta. La morte me la rapì ben presto, e io giurai che le sarei stato fedele.
Veramente, un vedovo, che non vuol tradire la sua prima moglie, se ne piglia subito un'altra. È il solo preservativo per amar sempre quella che è morta.
(severissimo) Intorno all'amore e alla fedeltà ho i miei criteri, e li preferisco.
Roba d'altri tempi.
(accalorandosi) Io penso e spero che certi sentimenti possano essere di tutti i tempi. Il sentimento che ha guidato me è in queste parole: avendo amato una volta sola, non ho saputo sposare due volte.
Ma il matrimonio non serve soltanto a impiegare il proprio amore. Serve anche a impiegare i propri capitali, quando se ne hanno come voi. Se vi foste riammogliato, avreste avuto probabilmente il piacere di produrre il legittimo destinatario di tutti quei chilometri quadrati che vi hanno messo di cattivo umore.
(con crescente energia) Non sarà un erede meno legittimo, donna Claudia, quello che aspettiamo.
Per una transazione!
(scattando) Non c'è nessuna transazione, marchesa, in ciò che è un atto spontaneo del mio cuore!
(urgentemente, piano a Maurizio) Fammi la grazia: cerca di troncare…
Che c'entro io?!
Del vostro generoso proposito, io vi ringrazio. Ma la verità è che io non vedo e non c'è effettivamente nulla di comune tra il figlio che faccio io e le ricchezze che avete voi!
(pianissimo, sospingendo Maurizio) Tronca! Tronca!..
(adirandosi fieramente) In altri termini, voi disdegnate…
(costretto, interrompe) Ma no, non disdegna nulla!..
Non disdegna nulla, zio. Se ve l'ho avvertito che scherza! Lo fa apposta per stuzzicarvi. Fa così con tutte le persone a cui vuole molto bene. Ne sa qualche cosa Maurizio, poveretto, che è il suo bersaglio. Non è vero, Maurizio, che sei il suo bersaglio?
Il suo bersaglio, io?
Appunto perchè te ne vuole del bene.
Cioè, distinguiamo…
Non ti allarmare, chè non ti preparo mica una scena di gelosia. Pusillanime!
Pusillanime, no!
(ostentando un brio motteggiatore e un'affettuosità espansiva) Taci là che ti conosco! (Indi, a Claudia) E conosco anche te, sai, angelo caro! (E rivolgendosi al Duca) Nelle sue celie e nei suoi paradossi, che sembrano amari, c'è sempre invece un fondo di gentilezza e di poesia. (Di nuovo a Claudia, avvicinandosi a lei) Vuoi scommettere che t'indovino? Tu avevi destinati i tuoi piccoli risparmi, la tua piccola dote, salvata a stento dal naufragio, dal mio naufragio, all'educazione del bimbo; e adesso, sapendo che lo zio ha stabilito di educarlo a sue spese con la larghezza che i suoi mezzi gli permettono, tu sei… un tantino gelosa. Indovino, sì o no?
(invelenita, si comprime e si chiude nel silenzio.)
Ma sei una bambinona, vedi! Che sarebbero tutti i milioni di Rothschild senza le tue cure, senza le tue carezze, senza il tuo soffio?
Mi pare che Alfredo dica benissimo.
Nessuno oserà usurpare il tuo posto. Io mi propongo d'essere un babbo tenerissimo. Va bene. Lo zio si propone d'assumere la parte del nonno, e sarà un nonno incantevole. Ma a lui e a me nulla parrà più bello e più rassicurante di questa mammina tutta assorta nel suo còmpito e spadroneggiante presso la culla che ci deve tenere insieme. Quanto poi a quel signore che fa l'indiano (indicando scherzosamente Maurizio) visto che siamo abituati a vedercelo tra i piedi, dovremo pure ammetterlo qualche volta al circolo domestico. A una sola condizione però: che non si dolga più di sentirsi dire che gli si vuol bene.
(ride.)
Io non me ne sono doluto, ma…
(con solennità comica) Chiedete scusa a Donna Claudia della vostra inconsulta protesta. Sconoscente! Io offro intanto da fumare allo zio. (Prende la scatola dei sigari.)
Dopo pranzo, o un avana o niente.
(porgendogli la scatola) Me ne ricordavo e ne avevo comperati apposta.
(scegliendo un sigaro) Sì, un avana e una partita a scacchi. Ecco quello che ti scroccherò spesso e volentieri. Oltre il pranzo, beninteso.
Una partita a scacchi? Maurizio, hai sentito? Una fortuna per te!
Cosa?
Lo zio è un forte giocatore di scacchi.
Be'?
Sei un accanito giocatore anche tu.
Io?!
Tu! Tu!
Perbacco! Un accanito scacchista? Simpaticissimo! Ci misureremo.
Egli non chiede che di misurarsi. Su, su, Maurizio! Coraggio! (Al Duca) Potrete giuocare agli scacchi tutte le sere, zio.
Con me?!
Con me certamente no, perchè non li so giocare.
(sperando ancora di sottrarsi) Ma io li giuocavo una volta… Adesso, non sono più in esercizio… Non potrei.
Zio, non gli credete. È una civetteria.
(che si è già seduto presso la scacchiera) Qua, qua, mio degno avversario.
(a Maurizio) E tu non fumi? Prendi tu pure un avana. (Mettendogli la scatola fra le mani, sottovoce, in fretta) Non ti rifiutare, te ne prego. Devo dire due parole a mia moglie. Se non mi aiuti tu, chi vuoi che m'aiuti? (Indi, levando la voce come se continuasse un discorso) E io… sempre fedele alle mie sigarette. (Cava di tasca il portasigarette.)
Un po' di fuoco, Alfredo.
Immediatamente.
Me ne duole assai, ma sono costretta a pregarvi di non fumare. Sento che il fumo mi farebbe un po' male.
Per conto mio, ci rinunzio subito, Donna Claudia.
Ma no, ma no. Piuttosto, andate a giocare nel fumoir. Starete più raccolti. (Tocca il bottone del campanello.)
Ah, sì! Questo è un benedetto giuoco per cui non ci si raccoglie mai abbastanza.
(sospirando di pazienza) E raccogliamoci.
(entra dal fondo.)
Accendete nel fumoir. E portate lì quella scacchiera.
(esce a sinistra, portando via la scacchiera.)
(alzandosi) Siamo noi, intanto, Donna Claudia, che dobbiamo chiedere perdono a voi. Avremmo dovuto pensare che nelle vostre condizioni…
È la prima volta, per altro, che ella avverte di non poter tollerare il fumo. Da oggi in poi, ci baderò. (A Claudia) In casa, mia bella mammina, non fumerò più.
Molto galante!
(abbreviando) Buon gioco, zio! Buon divertimento, Maurizio!
Grazie tante!
(presso la porta – a Maurizio) Prego, caro avversario!..
Prego, prego, Duca…
(via a sinistra.)
(sottovoce, in fretta) Ti raccomando: fammelo vincere.
Ma tu lo sai che lo star seduto dopo pranzo per me è una catastrofe.
Giuoca all'in piedi.
Io non voglio, capisci, non voglio!
Ed è questa l'amicizia che hai per me e per mia moglie?
(di dentro, impaziente) Signor Maurizio! Signor Maurizio!
Uhm! (Dando un pugno in aria, esce.)