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Читать книгу: «I misteri del castello d'Udolfo, vol. 3», страница 3

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CAPITOLO XXVI

Emilia restò sorpresa il dì seguente udendo che Annetta sapeva la detenzione della zia nella camera sopra il portone d'ingresso del castello, e non ignorava neppure il progetto di visita notturna; che Bernardino avesse potuto confidare alla cameriera un mistero così importante era poco probabile, ma intanto le mandava un messaggio relativo al loro colloquio, invitandola a trovarsi sola, un'ora dopo mezzanotte, sul bastione, e aggiungendo che avrebbe agito secondo la promessa. Emilia fremè a tale proposta, e fu assalita da mille timori simili a quelli che l'avevano agitata la notte. Non sapea qual partito prendere: figuravasi spesso che Bernardino l'avesse ingannata; che forse aveva già assassinata la zia; ch'era in quel momento il sicario di Montoni, il quale voleva sacrificarla all'esecuzione dei suoi progetti. Il sospetto che la infelice donna non vivesse più, si riunì ai suoi timori personali. Infatti, lo zio sapeva che, in caso di morte della moglie senza avergli fatta la cessione de' suoi beni, li avrebbe ereditati Emilia; ned era improbabile ch'egli pensasse a sbarazzarsi anche di lei per entrar in tranquillo possesso di quelle tanto agognate sostanze. Alfine, il desiderio di liberarsi da tante crudeli incertezze, la decisero a non mancare al convegno.

« Ma come potrò io, » diss'ella, « traversar il bastione così tardi? Le sentinelle mi fermeranno, e il signor Montoni lo saprà.

– Bernardino ha pensato a tutto, » rispose Annetta; « ei mi ha dato questa chiave, incaricandomi d'avvertirvi ch'essa apre una porta in fondo alla galleria a vôlta, che conduce al bastione di levante; così non temerete d'incontrare gli uomini di guardia. Mi ha incaricato di dirvi inoltre che vi fa andare sul terrazzo sola per condurvi al luogo convenuto, onde non aprire la sala grande, il cui cancello cigola. » Questa spiegazione così naturale calmò Emilia.

« Ma perchè vuole egli ch'io vada sola?

– Perchè? glie l'ho domandato appunto. Perchè, gli dissi, non potrei venire anch'io? che male ci sarebbe? Ma mi ha risposto di no. Io volli persistere: fu inflessibile. Mi figuro però che saprete chi andate a vedere.

– Te lo ha forse detto Bernardino?

– No, signora, non mi ha detto nulla. »

Per tutto il resto del dì, Emilia fu in preda a continue incertezze. Udì suonare la mezzanotte e titubava ancora. La pietà per la zia vinse alfine ogni ripugnanza: pregò Annetta di seguirla fino alla porta della galleria, e quivi aspettare il suo ritorno. Giunta colà, aprì, tremando, la porta, ed entrata sola e senza lume sul bastione, avanzossi guardinga ed attenta verso il luogo convenuto, cercando Bernardino attraverso le tenebre. Raccapricciò al suono di una voce rauca che parlava vicino a lei, e riconobbe tosto il portinaio, il quale l'aspettava appoggiato al parapetto. E' le rimproverò la sua tardanza, dicendole aver mancato più di mezz'ora. Le disse di seguirlo, ed accostossi al luogo ond'era entrato sul terrazzo. Quando la porta fu aperta, la tetra oscurità dell'andito, illuminato da una sola fiaccola che ardeva infissa nel suolo, la fece fremere; ricusò di entrarvi, a meno che non permettesse ad Annetta di accompagnarla. Bernardino si oppose, ma unì destramente al rifiuto tante particolarità proprie ad eccitare la curiosa pietà di Emilia per la zia, che riuscì a persuaderla a seguirlo fino al portone. Egli prese la torcia e andò avanti. In fondo all'andito aprì un'altra porta, e scesi pochi gradini si trovarono in una cappella diroccata. La fanciulla si rammentò alcuni discorsi di Annetta su tal proposito. Contemplava con terrore quelle mura senza vôlta e coperte di musco; quelle finestre gotiche dove l'ellera e la brionia supplivano da lunga pezza ai vetri, ed i cui festoni frammischiavansi ai capitelli infranti. Bernardino urtò in una pietra e proruppe in una bestemmia orribile, resa più tremenda dall'eco lugubre. Il cuore di lei si agghiacciò, ma continuò a seguirlo, ed egli voltò a destra. « Per di qui, signorina, » le disse, scendendo una scala che pareva addurre a profondi sotterranei. Emilia si fermò domandandogli con voce tremante ove pretendesse condurla.

« Al portone, » rispose Bernardino.

– Non possiamo andarci per la cappella?

– No, signora, essa ci condurrebbe nel secondo cortile, ch'io voglio scansare. »

Emilia esitava ancora, temendo egualmente di andare innanzi, e d'irritare colui ricusando di seguirlo.

« Venite, signorina, » diss'egli, giunto già in fondo alla scala, « spicciatevi: io non posso star qui tutta notte; non vi aspetto più. » Sì dicendo, andò innanzi, portando sempre la fiaccola. Emilia, temendo di restar nelle tenebre, lo seguì con ripugnanza. Giunsero in un sotterraneo, ove l'aria umida e grossa, i folti vapori oscuravan talmente la fiaccola, che Bernardino, per paura non gli si spegnesse, si fermò un momento ad attizzarla; nell'intervallo, Emilia osservò vicino a lei un doppio cancello di ferro, e, più lontano, alcuni mucchi di terra che parevano circondare una fossa da morti. Simile spettacolo in cotal luogo l'avrebbe colpita violentemente in ogni altro tempo, ma allora credè quella fosse la tomba della zia, e che il perfido Bernardino conducesse anche lei alla morte. Il luogo oscuro e terribile ove ritrovavansi giustificava quasi il suo pensiero, che sembrava adattato al delitto, e vi si poteva commettere impunemente un assassinio. Vinta dal terrore, non sapeva che risolvere, pensando come vana fosse la fuga, impedita dalla tenebria e dal lungo cammino, non che dalla sua debolezza. Pallida ed inquieta, aspettava che Bernardino avesse attizzata la fiaccola, e siccome la sua vista ricorreva sempre alla fossa, non potè a meno di chiedergli per chi fosse preparata. L'uomo volse vêr lei gli sguardi senza rispondere. Ella ripetè la domanda; colui, scuotendo la face, andò oltre, nè aperse bocca. La fanciulla camminò tremando sino ad un'altra scala, salita la quale trovaronsi nel primo cortile. Nel traversarlo, la fiamma lasciava vedere le alte e nere muraglie tappezzate di lunghe erbe sporgenti dalle commessure, e coronate da torricelle contrastanti colle enorme torri del portone. In quel quadro risaltava la tarchiata figura di Bernardino. Costui era avvolto in un lungo mantello scuro, sotto del quale appena si scuoprivano i suoi coturni, o sandali, e la punta della lunga sciabola che portava costantemente al fianco. Aveva in testa un berretto basso di velluto nero ornato d'una piccola piuma. I lineamenti duri esprimevano un umore burbero, astuto ed impaziente. La vista del cortile rianimò l'abbattuta Emilia, e nell'avvicinarsi al portone cominciò a sperare di essersi ingannata nelle sue paurose congetture; guardando inquieta la prima finestra sopra la vôlta, e vedendola scura, domandò se fosse quello il luogo ove trovavasi rinchiusa la sua zia. Essa parlava adagio, e Bernardino non parve intenderla perchè non le rispose. Entrarono nell'edifizio, e trovaronsi ai piè della scala d'una delle torri.

« La signora Montoni dorme lassù, » disse Bernardino.

– Dorme! » rispose Emilia salendo.

– Dorme in quella camera lassù, » soggiunse l'uomo.

Il vento che soffiava per quelle profonde cavità accrebbe la fiamma della torcia, la quale rischiarò vie meglio l'atroce figura di Bernardino, le vetuste pareti, la scala a chiocciola annerita dal tempo, e gli avanzi di vecchie armature che parean il trofeo d'antiche vittorie.

Giunti al pianerottolo, la guida mise una chiave nella serratura d'una stanza, « Potete entrar qui, » le disse, « ed aspettarmi: intanto vado a dire alla padrona che siete arrivata.

– È una precauzione inutile, chè mia zia mi vedrà volentieri.

– Non ne sono ben sicuro, » soggiunse Bernardino additando la camera. « Entrate, signorina, che io vado ad avvertirla. »

Emilia, sorpresa ed offesa in certo qual modo, non ardì resistere; ma siccome colui portava via la fiaccola, lo pregò di non lasciarla al buio. Ei si guardò intorno, e veduta una lucerna in sulla scala, l'accese e la diede alla fanciulla, la quale entrò, ed egli chiuse la porta al di fuori; ascoltò attenta, e le parve che, in vece di salire, scendesse la scala, ma il vento impetuoso che soffiava sotto il portone, non le permetteva di distinguere alcun suono; infine, non udendo verun movimento nella camera superiore aveva detto il custode che stava la Montoni, stette viepiù perplessa. Poco dopo, in un intervallo di calma, le parve sentir scendere Bernardino nel cortile, e di ascoltarne perfino la voce. Tutti i primieri timori tornarono a colpirla più forte, persuasa non fosse più errore dell'immaginazione, ma un avvertimento del destino che doveva subire: non dubitò che la sua zia non fosse stata immolata, e forse in quella medesima stanza ove aveano tratto anche lei pel medesimo oggetto. Il contegno e le parole di Bernardino a proposito della zia confermavano le sue idee lugubri. Stava attenta, e non sentiva verun rumore nè sulla scala, nè nella stanza superiore; accostatasi alla finestra munita di ferree sbarre, udì alcune voci tra il soffio del vento, ed al lume di una torcia che pareva essere sotto la vôlta, vide sul suolo l'ombra di parecchi uomini, tra cui una colossale, che riconobbe per quella del feroce custode.

Appena il di lei spirito si fu calmato, prese il lume per vedere se le fosse possibile di fuggire. La stanza era spaziosa, nè aveva altre aperture che la finestra e la porta per la quale era entrata: non c'erano mobili, all'infuori di un seggiolone di bronzo fisso in mezzo alla stanza, e sul quale pendeva una grossa catena di ferro, infissa alla vôlta. Lo guardò a lungo con orrore e sorpresa; osservò vari cerchi pure di ferro per chiudervi le gambe, ed altri simili anelli sui bracciuoli della sedia. Si convinse che quell'odiosa macchina era un istrumento di tortura, e che più d'un infelice, incatenato colà, doveva esservi morto di fame. Se le rizzarono i capelli al pensiero di trovarsi in siffatto luogo, e precipitossi all'altra estremità per cercarvi uno sgabello; ma non vide che una tenda oscura, la quale copriva intieramente parte della stanza. Attonita, stette a considerarla con ispavento: desiderava e temeva di sollevarla per vedere ciò che ricoprisse: due volte fu trattenuta dalla rimembranza dello spettacolo orribile che la sua mano temeraria aveva scoperto nell'appartamento chiuso; ma pensando che forse nascondeva il cadavere della zia assassinata, spinta dalla disperazione, l'alzò. Dietro trovavasi un cadavere steso sopra un lettuccio basso e lordo di sangue; la sua faccia, sfigurata dalla morte, era schifosa e coperta di livide ferite. Emilia lo contemplò con occhio avido e smarrito: ma il lume le cadde di mano; e cadde ella stessa svenuta a' piè dell'orribile oggetto.

Allorchè riebbe i sensi, si trovò nelle braccia di Bernardino, e circondata da gente che la trasportava fuori: si accorse di che si trattava; ma l'estrema debolezza non le permise di alzar la voce, nè di fare moto alcuno, e scese la scala. Si fermarono sotto la vôlta: uno di coloro, togliendo la torcia a Bernardino, aprì una porta laterale, ed uscendo sulla piattaforma, lasciò distinguere gran quantità di gente a cavallo. Sia che l'aria aperta l'avesse un poco rianimata, o che quegli strani oggetti la restituissero al sentimento del pericolo, la fanciulla gettò alcune strida e fece vani sforzi per isciogliersi da quei briganti.

Bernardino intanto chiedeva la torcia, alcune voci lontane rispondevano, parecchie persone si avvicinavano, e un lume comparve nel cortile; Emilia fu trascinata fuor della porta: ella vide lo stesso uomo che teneva la torcia del portinaio, occupato a far lume ad un altro, il quale sellava un cavallo in fretta, circondato da altri cavalieri dal truce aspetto.

« Perchè perdere tanto tempo? » disse Bernardino, bestemmiando ed avvicinandosi; « spicciatevi, fate presto, perdio!

– La sella è quasi pronta, » rispose l'uomo che l'affibbiava, e Bernardino bestemmiò di nuovo per siffatta trascuraggine. Emilia, che gridava aiuto con voce fioca, fu trascinata verso i cavalli, ed i briganti disputarono fra loro su quale dovessero farla montare. In quella uscì molta gente con lumi, ed Emilia conobbe distintamente, fra tutte le altre, la voce strillante di Annetta: scorse quindi Montoni e Cavignì seguiti da soldati. Non li vedeva più allora con paura, ma con isperanza, e non pensava più ai pericoli del castello, dal quale poco prima desiderava tanto fuggire.

Dopo una breve zuffa, Montoni ed i suoi sconfissero i nemici, i quali, in minor numero, e poco interessati forse nell'impresa ond'erano incaricati, fuggirono di galoppo. Bernardino sparve fra le tenebre, ed Emilia fu ricondotta nel castello. Ripassando dal cortile, la memoria di quanto aveva veduto nella stanza del portone rinnovò in lei i terrori primieri; e quando udì ricadere la saracinesca che la rinchiudeva ancora in quelle mura formidabili, fremè, ed obliando quasi il nuovo pericolo cui era sfuggita, non poteva comprendere come la vita e la libertà non si trovassero al di là di quelle barriere.

Montoni ordinò ad Emilia d'aspettarlo nella sala di cedro. Vi andò poco dopo, e l'interrogò con severità sul misterioso avvenimento. Sebbene lo riguardasse allora come l'assassino di sua zia, e potesse appena soddisfare alle sue domande, pure le di lei risposte poterono convincerlo non avere essa avuto volontariamente alcuna parte nella trama, e la congedò appena vide comparire la sua gente, che aveva fatto radunare per iscoprire i complici.

Emilia stette un pezzo agitata prima di poter riflettere sull'occorso. Il cadavere veduto dietro alla tenda stavale sempre innanzi agli occhi, e ruppe in dirotto pianto. Annetta gliene chiese il motivo, ma essa non volle confidarglielo, per timore di irritare Montoni.

Costretta a concentrare in sè tutto l'orrore di quel segreto, la di lei ragione fu per soccombere all'insopportabile peso. Quando Annetta le parlava, essa non l'udiva, o rispondeva fuor di proposito; sospirava, ma non versava lagrime. Spaventata dalla di lei situazione, Annetta corse ad informarne Montoni: egli aveva allora congedati i servi, senza avere scoperto nulla. Il commovente racconto che gli fece la cameriera sullo stato di Emilia, lo indusse a recarsi da lei. Al suono della sua voce, la fanciulla alzò gli occhi, un raggio di luce parve ravvivarne gli spiriti: si alzò per ritirarsi lentamente in fondo alla camera. Montoni le parlò con dolcezza: essa lo guardava con aria curiosa e spaventata, rispondendo sempre di sì a tutte le sue domande. Il di lei spirito pareva aver ricevuto una sola impressione, quella della paura. Annetta non poteva spiegar questo disordine, e Montoni, dopo inutili sforzi per farla parlare, ordinò alla donzella di restar là tutta notte, e d informarlo il giorno di poi del suo stato.

Partito che fu, Emilia si ravvicinò, e domandò chi fosse colui ch'era venuto ad inquietarla, Annetta le rispose ch'era il signor Montoni, ed essa, ripetendo replicatamente questo nome, si lasciò condurre al letto, e l'esaminò con occhio smarrito; volgendosi quindi tremando alla seguace, la scongiurò a non lasciarla, dicendo che dopo la morte di suo padre era stata abbandonata da tutti. Annetta ebbe la prudenza di non interromperla, e quando, dopo aver pianto molto, la vide infine cedere al sonno, l'affezionata ragazza, obliando ogni paura, restò sola ad assistere Emilia tutta notte.

CAPITOLO XXVII

Il riposo restituì le forze alla fanciulla. Svegliandosi vide con sorpresa Annetta addormentata su d'una sedia vicina e tentò di rammentarsi le circostanze della sera uscitele talmente dalla memoria, che non gliene restava traccia: fissava tuttavia gli occhi sopra la cameriera, quando questa si destò.

« Ah, cara padroncina mi riconoscete? » sclamò essa.

– Se ti riconosco! Sicuramente; tu sei Annetta; ma come ti trovi qui?

– Oh! voi siete stata malissimo, in verità, ed io credeva…

– È singolare, » disse Emilia, procurando rammentarsi il passato; « ma parmi essere stata funestata da un sogno orribile! Dio buono! » soggiunse raccapricciando; « certo non poteva essere che un sogno. » E fissava sguardi spaventati su Annetta, la quale, volendo tranquillarla, le rispose: « Non era un sogno, no, ma ora tutto è finito.

– Essa fu dunque uccisa? » disse Emilia tremante. Annetta mise un grido; essa ignorava la circostanza che ricordavasi la fanciulla, ed attribuiva la frase al delirio. Quand'ebbe chiaramente spiegato ciò che aveva voluto dirle, Emilia si rammentò il tentativo per rapirla, e domandò se l'autore del progetto era stato scoperto. L'altra le rispose di no, sebbene fosse facile indovinarlo, e disse che doveva a lei la sua liberazione. « È così, signora Emilia, » continuò Annetta; « io era decisa ad essere più accorta di Bernardino, il quale non aveva voluto confidarmi il suo segreto; ma io mi era piccata di scuoprirlo. Invigilava sulla terrazza; ed appena egli ebbe aperta la porta, uscii per cercar di seguirvi, persuasissima che non si progettava nulla di buono con tanto mistero. Assicuratami che non aveva chiusa la porta internamente, l'aprii, e vi tenni dietro da lontano, aiutata dal chiaror della fiaccola, fin sotto la vôlta della cappella. Io ebbi paura di andare avanti, avendo sentito raccontare cose strane di quel luogo, ma temeva parimenti ritornarmene sola; e mentre Bernardino attizzava la torcia, vinsi ogni timore, vi seguii fino al cortile, e quando saliste la scala, scivolai pian piano sotto il portone, ove intesi un calpestìo di cavalli al di fuori, e vari uomini che bestemmiavano contro Bernardino, perchè tardava a condurvi; ma colà fui quasi sorpresa: il custode scese, ed io ebbi appena il tempo di schivarlo. Aveva sentito abbastanza per sapere di che si trattava, nè dubitai più che c'entrasse il conte Morano in quel progetto, benchè fosse partito. Corsi indietro al buio, obliando tutte le paure; eppure non farei un'altra volta lo stesso tragitto per tutto l'oro del mondo. Fortunatamente il signor Cavignì ed il padrone erano ancora alzati; in un batter d'occhio radunammo gente, e abbiam fatti fuggire i briganti. »

L'ancella aveva cessato di parlare, e Emilia parea ascoltare ancora. Finalmente, rompendo il silenzio, disse: « Credo sia meglio andarlo a trovare io stessa. Dov'è? »

Annetta domandò di chi parlasse.

« Del signor Montoni; ho bisogno di vederlo. » Annetta, rammentandosi allora l'ordine ricevuto la sera, si alzò immantinente, dicendo che incaricavasi d'andarlo a cercare.

I sospetti della buona ragazza sul conte erano fondatissimi; e Montoni, non dubitandone anch'esso, cominciò a presumere che il veleno mescolato col vino vi fosse stato messo per ordine di Morano.

Le proteste di pentimento da questi fatte ad Emilia allorchè fu ferito, erano sincere quando le fece, ma erasi ingannato anche lui. Aveva creduto disapprovare i suoi progetti, e si affliggeva soltanto del funesto loro risultato; quando però fu guarito, le sue speranze si rianimarono, e si trovò disposto ad intraprendere nuovi tentativi. Il portinaio del castello, lo stesso ond'erasi già servito, accettò volentieri un secondo regalo, e quand'ebbero concertato il ratto di Emilia, il conte partì pubblicamente dall'abituro ov'era stato a curarsi, e si ritirò colla sua gente a qualche miglio di distanza. Le ciarle sconsiderate di Annetta avendo somministrato a Bernardino un mezzo quasi sicuro per ingannare Emilia, il conte nella notte convenuta mandò tutti i suoi servi alla porta del castello, restando esso all'abituro per aspettarvi la fanciulla, cui si proponeva di condurre a Venezia. Abbiamo già veduto in qual modo andò a vuoto il suo progetto; ma le violente e diverse passioni dalle quali fu agitata l'anima gelosa di lui, son difficili ad esprimere.

Annetta fece l'ambasciata a Montoni e gli domandò un colloquio per la nipote: egli rispose che fra un'ora sarebbe stato nel salotto di cedro. Emilia non sapeva qual esito dovesse aspettarsi dall'abboccamento, e fremeva d'orrore alla sola idea della sua presenza; voleva parlargli del funesto destino della zia, e supplicarlo d'una grazia che ardiva appena sperare, di ritornare cioè in patria, giacchè la zia non esisteva più.

Mentre, combattuta da mille timori, rifletteva sulla prossima conferenza, e sulle probabili conseguenze che potea derivargliene, Montoni le fece dire non poterla vedere se non il giorno dopo: Emilia non seppe che cosa pensare di tal ritardo. Annetta le disse, che Verrezzi e la sua truppa tornavano per certo alla guerra: il cortile esser pieno di cavalli, ed avere saputo che il resto della banda era aspettato per prendere tutti insieme un'altra direzione. Quando fu notte, Emilia si rammentò la musica misteriosa già udita; vi attaccava tuttavia una specie d'interesse, sperando provarne qualche sollievo. L'influenza della superstizione diventava ogni giorno più attiva sulla di lei fantasia infiacchita; congedò Annetta, e risolse di restar sola per aspettare la musica. Andò diverse volte alla finestra invano; le parve avere intesa una voce, e dopo un profondo silenzio, si credè nuovamente delusa nella sua aspettativa.

Così passò il tempo fino a mezzanotte, ed allora tutti i rumori lontani che si facevano sentire nell'abitato, cessarono quasi nello stesso momento, e il sonno parve regnar dappertutto. Tornò alla finestra, e fu scossa da suoni straordinari: non era un'armonia, ma il basso lamento d'una persona desolata. Atterrita, stette ad ascoltare: i flebili lamenti eran cessati: si chinò fuori della finestra per iscoprire qualche lume: una perfetta oscurità avvolgeva le camere sottoposte, ma credè vedere a poca distanza, sul bastione, moversi qualche oggetto. Il debole chiarore delle stelle non le permetteva di distinguer bene: s'immaginò fosse una sentinella, e celò il lume per osservare meglio senza essere veduta.

Il medesimo oggetto ricomparve quasi sotto la finestra: essa distinse una figura umana; ma il silenzio con cui si avanzava le fe' credere non fosse una sentinella; la figura si accostò: Emilia voleva ritirarsi, ma la curiosità la spingeva a restare, ed in quell'incertezza l'incognito si pose in faccia a lei e restò immobile. Il profondo silenzio, la misteriosa ombra la colpirono talmente, che stava per ritrarsi, allorchè vide la figura muoversi lungo il parapetto e sparire. Emilia pensò qualche tempo a questa strana circostanza, non dubitando di aver veduto un'apparizione soprannaturale. Allorchè fu più tranquilla, si ricordò ciò che le avean detto delle temerarie imprese di Montoni, e le venne in idea d'aver visto uno di quegl'infelici spogliati dai banditi, divenuto loro prigioniero, e ch'egli fosse l'autore della musica misteriosa. Riflettendo però che un prigioniero non poteva passeggiare così senza guardia, respinse tale idea.

Credè in seguito che Morano avesse trovato il mezzo d'introdursi nel castello, ma se le presentarono tosto le difficoltà ed i pericoli di siffatta impresa, tanto più che se gli fosse riuscito di giunger fin lì, non sarebbesi contentato di stare muto a mezzanotte sotto la finestra, giacchè conosceva perfettamente la scala segreta, e non avrebbe per certo fatto quei lamenti da lei intesi. Giunse perfino a supporre, fosse qualcuno che volesse impadronirsi del castello; ma i suoi dolorosi sospiri distruggevano anche questa congettura. Allora risolse di vegliare la notte successiva per cercar di dilucidare il mistero, decisa ad interrogare la figura se si fosse di nuovo mostrata.

Возрастное ограничение:
12+
Дата выхода на Литрес:
03 августа 2018
Объем:
160 стр. 1 иллюстрация
Правообладатель:
Public Domain

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