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ARRIVI INASPETTATI


Il sogno che avevo fatto mi aveva lasciato un senso di smarrimento, terrore e un lieve pizzicore allo stomaco che non significava niente di buono.

Ero convinta che qualcosa fosse successo veramente a Michael, ma non avrei potuto fare nulla. Avrei voluto poter consultare i tarocchi, di loro potevo fidarmi senza avere il terrore che mi pugnalassero alle spalle.

Non sapevo a chi avrei potuto raccontare del sogno e delle sensazioni che mi erano rimaste.

Tutti stavano ancora dormendo, solo io ero seduta in cucina sulla sedia a dondolo.

Quella mattina faceva caldo, perciò mi liberai del vestito scomodo e scesi in slip e canottiera. A parte Sonia e Sara, non c’erano ragazzi in casa.

Gabriel, come al solito, spariva per andare chissà dove a fare chissà cosa. Ovviamente senza dire nulla a nessuno.

Stavo sorseggiando una tazza di tè verde, ovvero l’unica cosa decente che avevo trovato in cucina, mentre osservavo il sole che, a poco a poco, riprendeva il suo brillare che distingueva il giorno dalla notte

Qualcosa attirò la mia attenzione.

Qualcosa di famigliare a cui però non sapevo dare un nome.

Girai leggermente la testa e tesi l’orecchio.

Rimasi in silenzio ad ascoltare.

Qualcosa stava graffiando la porta.

Un rumore secco e regolare, come un segnale.

Il pensiero scivolò nella mia mente cercando di dare una forma, una dimensione e finalmente qualcosa trovò.

‹‹Ade!››. Quasi urlai per la gioia.

Saltai giù dalla sedia a dondolo su cui mi ero rannicchiata e quasi inciampai per la fretta. Un po’ di tè scivolò fuori dal bordo macchiando il legno fresco sotto i miei piedi.

Appoggiai la tazza al volo sul tavolo e mi precipitai verso il pomello della porta. Lo girai freneticamente. Le mani sudate per l’agitazione non facevano aderenza sull’ottone e non riuscivo ad aprire.

Finalmente un click, e la porta si aprì.

Un batuffolo di pelo chiaro mi saltò addosso. Mi chinai sulle ginocchia per coccolarlo e abbracciarlo e lui agitò freneticamente la coda bianca con una riga nera nel mezzo. Con il muso annusò ogni singola parte del mio viso, dandomi un leggero bacio-leccatina ogni tanto.

‹‹Ade! Mi hai trovato. Come hai fatto? Sei qui veramente!››.

Mi accorsi che stavo piangendo solo quando qualcosa di umido e caldo cadde sulle mie gambe.

Lui rispose con un bau e dei piccoli cigolii di contentezza.

‹‹Mia Dea, ma che succ… tesoro! Vieni qui bello!››. Sara, con addosso una maglia blu di due taglie più grande, si accucciò, tese una mano e schioccò le labbra per chiamare il cane.

Ade scodinzolò felice fino a lei, l’annusò e decise che le stava simpatica.

Nel frattempo, Sonia ci raggiunse scendendo le scale di corsa con la sottoveste di pizzo color bronzo che svolazzava a destra e a sinistra. I capelli rossi le sfuggivano da tutte le parti e aveva un’espressione strana.

Aveva qualcosa da nascondere?

La risposta alla mia domanda arrivò quasi subito.

Sì, qualcosa nascondeva.

Più che qualcosa… qualcuno!

Dietro di lei si materializzò Calien. Anche lui con i capelli stropicciati, l’aria di chi non ha mai dormito la notte e i suoi fedeli pantaloni color cachi.

Stavolta la camicia bianca non c’era.

Immaginavo dove poteva essere finita, ma non volevo pensarci.

La mia mente era impegnata a gioire con il mio fedele amico. Ero talmente impegnata che non mi preoccupai di essere in slip e canottiera in presenza di un ragazzo.

Sonia, talmente rossa in viso che avrebbe potuto mimetizzarsi con i suoi capelli, si avvicinò. ‹‹Non ci posso credere. Non dirmi che lui è…››.

‹‹Lui è Ade, il mio tesoro››, dissi io mostrando un sorriso a trentadue denti e accarezzando il mio cucciolone.

‹‹Sofia, mmm… lo sai che significa questo, vero?››, disse Calien con un tono un po’ troppo serio per i miei gusti, le braccia incrociate sul petto nudo e lo sguardo solennemente triste di chi sta per darti una cattiva notizia.

‹‹Cosa significa questo… cosa?››. Il cuore mi martellava nel petto.

Avevo il terrore che mi dicesse che stavo immaginando tutto, che Ade non era veramente lì con me. Non avrei voluto sentirmi dire una cosa del genere, al solo pensiero mi sentivo male.

Sì, lo so, è solo un cane, ma per me era molto di più. Ero legata a lui quando ero in vita. Era il mio compagno fedele, sempre al mio fianco nel momento del bisogno, e ora più che mai avevo bisogno di lui.

‹‹Ade… il tuo cane. Insomma, non… non ti chiedi come abbia fatto a raggiungerti?››.

La domanda me l’ero posta per soli due secondi, ma la gioia di averlo ancora con me era troppo grande, sovrastava qualsiasi altra cosa.

‹‹Sì, beh, me lo sono chiesta ma…››.

Calien mi interruppe. Si avvicinò a me, ancora inginocchiata a terra, mi posò un braccio sulle spalle.

Brutto segno.

‹‹Vedi, tu e lui avete un legame forte. Come posso spiegarti? Hai mai sentito parlare di imprinting?››.

Sì, sapevo cos’era. L’avevo letto in molte storie e ne avevo sentito parlare molte volte. Era una sorta di teoria per cui un animale era portato a seguire, di solito come sua madre, il primo animale o essere umano con cui veniva in contatto.

Più o meno doveva funzionare così.

Annuii verso Calien, senza dire niente.

‹‹Ecco, Ade è legato a te. Legato talmente tanto che, quando tu sei morta per venire in questa dimensione…›› e non finì la frase.

Qualcosa si illuminò dentro il mio cervello, quella fastidiosa lucina che a volte vorresti bruciare perché ti fa capire cose a cui non avresti mai voluto pensare.

‹‹Vuoi dire che… che…››, un groppo in gola non mi permise di finire la frase.

Mandai giù e feci un respiro profondo. Lacrime umide e calde stavano affiorando sui miei occhi, questa volta non di gioia.

Non volevo piangere.

Distolsi lo sguardo e come una volta, quando ero ancora viva, guardai Ade e lo accarezzai. Forse capì quello che provavo e appoggiò la testa vicino alle mie gambe dandomi un piccolo colpetto con il naso freddo e bagnato.

‹‹Sì, Sofia, è morto per seguirti fin qui››. Calien, che mi stava ancora tenendo il braccio sulla spalla, aumentò la presa e mi scrollò un po’.

‹‹Non essere triste. A volte bisogna saper vedere il lato positivo della morte, anche se è nascosto al nostro cuore. È solo più difficile da vedere››.

Già, il lato positivo.

In questo caso ero felicissima di poter essere ancora insieme al mio Ade. Era come sentirmi realmente viva, di nuovo. Come un legame con la ragazza che ero stata prima.

Ma a questo punto mi venne da pormi una domanda.

‹‹Qual è il lato positivo della mia morte?››. La mia voce fu un sussurro quasi impercettibile e le lacrime scendevano silenziose sul mio viso.

Calien alzò gli occhi verso Sonia. Si guardarono e abbassarono lo sguardo.

Li avevo messi in imbarazzo?

Beh, non mi importava.

Pretendevo una risposta senza mezzi termini.

Sara spiazzò tutti ome sempre. ‹‹Okay, vuoi sapere perché sei morta? Te lo spiego io››.

11
POTERE


Sara ci portò in uno stanzino che non sapevo nemmeno esistesse.

Aveva tirato fuori da non so dove un’altra maglia enorme blu, e me la diede. Avrei dovuto chiedere se nell’armadio dove teneva lo stock di maglie blu c’erano anche dei jeans. O almeno dei pantaloni di qualsiasi tipo.

Spostò qualche scatolone pieno di cianfrusaglie e afferrò qualcosa dal pavimento. Non capii subito che cosa stava facendo, ma poi notai che stringeva fra le mani una maniglia.

Tirò e una parte di pavimento legnoso si alzò. Era una specie di porta, una botola.

‹‹Ta-da!››, disse Sara in tono soddisfatto, e con un gesto secco del braccio ci fece cenno di scendere.

‹‹Scendo prima io, non si sa mai. Preferisco essere sicuro che là sotto non ci sia niente di pericoloso››. Calien dimostrò di essere un vero cavaliere d’altri tempi.

‹‹Sara, hai una pila o una torcia?››.

‹‹Certo››. Si diresse verso gli scatoloni, frugò un po’ e poi trovò una pila che porse al mezzelfo.

Calien scese qualche gradino. Sparì per qualche secondo e poi la sua testa riemerse.

‹‹Via libera. Potete scendere››.

Sonia mi superò e sparì nel buco sul pavimento.

Poi toccò a me.

Guardai dentro. Vedevo solamente pochi gradini e poi il buio. Fortunatamente la scala non era come avevo immaginato, verticale e a strapiombo nel nulla, ma aveva una pendenza dolce e i gradini erano in marmo.

Man mano che scendevo, una luce leggera illuminava l’ingresso di quella che sembrava essere una galleria.

‹‹Ragazzi, guardate qua››, dietro di me Sara stava trafficando con un accendino e un pezzo di legno con una pezza legata all’estremità.

Un leggero odore di benzina scivolò sotto il mio naso. Appena la fiamma toccò la pezza, questa prese fuoco immediatamente con un bagliore caldo e rosso.

Sara si avvicinò alla parete destra e piegò leggermente la torcia verso qualcosa che era attaccato al muro. Era una ciotola che prese fuoco all’istante appena entrò in contatto con la torcia improvvisata.

Una scia calda avanzò velocemente come acqua che scorre lungo il percorso che le è stato imposto dalla natura accendendo, ogni due metri, altre ciotole attaccate al muro.

Sara si spostò verso il lato sinistro della galleria e compì lo stesso rito del fuoco.

Tutto si illuminò e quello che a me poco prima era sembrato un buco stretto, piccolo e buio, era in realtà un enorme tunnel illuminato.

‹‹E questo cos’è? Sara, perché non ne sapevo nulla? Avresti potuto dirmi che sotto casa nostra c’è una galleria››.

Sonia si guardava attorno stupita mentre rimproverava la piccola Sara, la quale si limitò a sollevare le spalle e a dire: ‹‹Beh, questo posto devo conoscerlo solo io, fa parte del mio potere. Vedi, qui… qui c’è la fonte della conoscenza››, disse allargando le braccia con enfasi. ‹‹Io devo proteggerla e nasconderla, come mi è stato detto dalla Dea››.

La Dea aveva comunicato anche con lei?

Quindi si era manifestata anche alle mie sorelle, non solo a me.

Il ricordo di Morrigan si fece vivo di fronte ai miei occhi. Non ricordavo il suo viso, ricordavo solo il contorno sfumato del suo vestito bianco e i suoi capelli corvini. Nel vero senso della parola dato che erano veramente formati da corvi.

‹‹Quindi anche tu hai visto Morrigan?›› chiesi, lieta di poterne parlare con qualcuno.

Sara sgranò gli occhi e Sonia trattenne il respiro. ‹‹No, non l’ho mai vista. La Dea non mi ha parlato di persona, ho ricevuto il suo messaggio spiritualmente. Ma…›› Si guardò attorno e si avvicinò a me parlando sottovoce. ‹‹Vuoi dire che tu l’hai vista?››.

Un alito di aria fresca si posò sulle mie gambe nude. Ebbi un fremito.

Che dovevo fare?

Mentire o dire la verità?

Optai per la seconda opzione, sfidando la sorte di nuovo. Loro erano le mie sorelle, dopotutto, dovevano sapere.

‹‹Sì, io… l’ho vista quando sono caduta da cavallo ieri››.

‹‹E perché non l’hai detto subito? Così avresti evitato quella scenata con Gabriel››. Sonia era su tutte le furie.

Fu Sara a risponderle e gliene fui grata. ‹‹Non si fida, non l’hai ancora capito? Lei preferisce qualcun altro. O non hai capito nemmeno quello?››

Sonia mi trapassò con lo sguardo. ‹‹Che diavolo, Sofia! Da quant’è che conosci Ares? Un giorno? È un immortale, per la miseria››.

La vocina fastidiosa si ripresentò nella mia testa, chiara e limpida.

Non ascoltarla, è solo gelosa. Ares è tuo.

Una rabbia improvvisa cominciò a ribollirmi dentro.

‹‹Che c’è, sorellina? Sbaglio o sei stata tu a dirmi che ci si poteva fidare di lui?››.

La voce mi uscì con un timbro diverso. Sembrava una brutta imitazione della mia. Più… malvagia. Non saprei come altro descriverla.

‹‹Sì, ammetto di aver detto che è l’unico immortale di cui ci si può fidare, ma non ho detto che mi fido ciecamente di lui! Gli immortali sono imprevedibili. La loro natura può essere repressa, nascosta in qualche angolo della loro mente, ma può uscire quando meno te lo aspetti››. La voce di Sonia si era alzata di un’ottava.

Era talmente tanto arrabbiata che i capelli le si erano rizzati in testa come attirati da un’invisibile scarica elettrica.

‹‹E allora perché mi avete portato da lui se non ti fidi ciecamente?››. Le mani cominciarono a tremare leggermente.

Mi volevano vendere al nemico? Ero convinta che di loro potevo fidarmi.

Mi stavo sbagliando?

In quel caso, Sonia doveva darmi una spiegazione convincente.

‹‹Ti abbiamo portato da lui perché può aiutarti. Infatti ti ha spiegato un sacco di cose e ti ha dato quello››. Con il dito indicò il medaglione di cristallo con i draghi.

Era vero, me l’aveva dato per proteggermi.

Nonostante ciò, la rabbia non voleva sbollire. Anzi, cresceva ogni secondo di più.

‹‹Voglio solo che tu stia attenta. Non si sa mai cosa potrebbe succedere se tu ti innamorassi di lui››.

Nessuno può impedirti di provare qualcosa per Ares.

La vocina insisteva e fu come soffiare sul fuoco alimentandolo sempre di più.

Qualcosa mi punzecchiò i piedi e salì, salì, fino a raggiungere le mani.

Un battito d’ali invisibile si poteva udire in lontananza.

‹‹Tu. Non. Devi. Dirmi. Cosa. Devo. Fare. CAPITO?››.

Alzai le mani come per lanciare qualcosa in direzione di Sonia e una forza invisibile si sprigionò dalle mie braccia.

Udii un cra cra e il battito d’ali sempre più vicino.

Immaginai un corvo scendere in picchiata verso quella che era diventata mia sorella.

‹‹Attenta!››. Calien si precipitò verso Sonia e la buttò a terra nell’istante stesso in cui l’ondata di potere esplose nel punto esatto in cui lei si trovava pochi attimi prima.

Feci un respiro profondo e il pizzicore che avevo sotto la pelle sparì velocemente com’era arrivato.

Guardai Sonia ancora a terra, Calien che la teneva delicatamente abbracciata. Ogni tanto le dava un bacio in testa smettendo per un secondo di accarezzarle i rossi capelli.

‹‹Che mi sta succedendo?››. Ero inorridita da quello che avevo appena fatto e allo stesso tempo attirata dal potere che mi era esploso dentro.

‹‹Non preoccuparti, forse so che cosa sta succedendo, ma non voglio accusare nessuno. A questo punto…››. Fece una pausa, tenendo in sospeso il discorso. ‹‹Credo che dovresti parlare con la sibilla››. Sonia mi parlò dolcemente.

Forse capiva l’ondata di pensieri e dubbi che avevo dentro. Ero lieta che volesse aiutarmi.

‹‹Come posso raggiungerla?››

‹‹Tramite il corvo››, disse Calien senza staccare gli occhi dalla sua amata.

‹‹No, devo parlarle di persona. Il corvo mi accompagnerà››.

Avevo bisogno di parlare con la sibilla a quattr’occhi. Lei mi avrebbe finalmente spiegato tutto.

Forse.

‹‹Non puoi, è pericoloso e ne va della tua vita››. Sonia era preoccupata, ma non alzò la voce.

Mi resi conto che potevo percepire cosa provava. Aveva paura di una mia reazione come la precedente.

‹‹L’accompagnerò io››, disse Calien spiazzando tutti. ‹‹Ne ha bisogno e in questo caso… ha visto la Dea. Che ti ha detto a riguardo?››.

Ripassai mentalmente la conversazione. ‹‹Ha detto che le parole della sibilla sono vere e che devo ascoltare sempre cos’ha da dirmi››.

Calien annuì. ‹‹Questo dovrebbe bastare per convincerti. Lasciami andare, tesoro. Con me sarà al sicuro, fidati››. Teneva il viso di Sonia tra le mani e le diede un bacio delicato sulle labbra.

‹‹Okay››, disse Sonia con le guancie in fiamme. ‹‹Andrai con lei››.

‹‹Ehi, ragazzi››, s’intromise Sara. ‹‹Vi siete dimenticati perché siamo qui? Dobbiamo rispondere a una domanda››.

In realtà avrei voluto una risposta all’intero caos di domande che mi gironzolava in testa, ma era meglio fare un passo alla volta.

Un mattoncino dietro l’altro e forse sarei riuscita a risolvere tutto.

‹‹Andiamo, e speriamo di avere una risposta concreta››, dissi cercando di fare un sorriso alle mie sorelle. Quello che uscì era più simile a una smorfia, però.

Sara incrociò le braccia e fece il broncio. ‹‹Non ti fidi di me? Potrei offendermi››.

Mi avvicinai a lei, piano piano. ‹‹Come potrei non fidarmi di te? Sei la mia sorellina, no?››.

Il mio tentativo di farmi vedere che ero la Sofia di sempre riuscì, Sara mi prese sotto braccio e mi fece un sorriso soddisfatto.

‹‹Vedrai che non ti deluderò››.

E ci incamminammo verso la fonte della conoscenza.

12
LA FONTE DELLA CONOSCENZA


Arrivammo alla fine della galleria e ci ritrovammo in una specie di stanza rotonda. Al centro esatto c’era un pozzo in pietra grezza che somigliava a una ciotola di dimensioni giganti.

Mi ero immaginata chissà cosa pensando alla fonte della conoscenza, ma evidentemente mi sbagliavo.

‹‹Sofia, vieni››. Sara, ferma accanto a me, mi tese una mano.

La presi e mi accompagnò fin davanti al pozzo.

Sonia e Calien si erano messi in disparte per non disturbare il momento.

‹‹Ferma qui e non muoverti››.

Mi fermai davanti al pozzo.

Dentro, l’acqua era immobile.

Dopo un po’ Sara ritornò con un pezzo di pergamena in mano e lo srotolò. ‹‹Leggi cosa c’è scritto e cerca di tenerlo a mente perché lo dovrai ripetere con me. Questo servirà a svelarti la conoscenza del passato, del presente e del futuro. Dovrai guardare dentro il pozzo e l’acqua rifletterà delle immagini che solo tu potrai vedere. Capito?››.

‹‹Sì, devo tenere a mente la formula, ripeterla e guardare dentro il pozzo››.

Facile.

‹‹Sei pronta?››.

Feci un leggero cenno d’assenso con la testa.

Ero pronta, ma ero anche terrorizzata. Non avrei mai immaginato che un giorno mi sarei trovata davanti a un pozzo a fare qualche strano rito magico.

Lessi la formula, la ripetei mentalmente due o tre volte e, quando mi sentii pronta, Sara alzò la pergamena sopra le nostre teste.

Poi cominciammo.

‹‹Civelas li furuto rosac zozop››.

Guardai dentro il pozzo e vidi me stessa da bambina. Ancora il ricordo di quel bosco tornò a tormentarmi. Questa volta però vidi la scena in terza persona.

Molto probabilmente avevo otto anni. Ero spaventata e indossavo un pigiama felpato rosa con degli orsetti disegnati.

Era inverno.

Abbracciavo il mio pupazzo preferito, un cane grande quasi quanto me.

Piangevo.

A un certo punto vidi comparire quell’angelo. Stavolta potei vederlo in faccia. Avrei potuto riconoscere ovunque quello sguardo, quegli intensi occhi scuri e i capelli ricci e neri.

Ebbi la sensazione che in quel bosco non eravamo soli. C’era una terza persona. Qualcuno venuto per salvarmi? Era un ricordo troppo frammentato, come uno di quei vecchi film la cui pellicola, logorata dal tempo, lo proietta a scatti.

Rividi la scena del pugnale che saettava verso di me e, come nel sogno, il ricordo svanì.

Nuove immagini comparvero nella mia mente, un misto di ricordi degli ultimi due giorni. Rividi il primo incontro con le mie sorelle, con Ares, con Calien, con Twinkle e tutto il popolo del Regno di Elos.

Ade, appena arrivato, che mi faceva le feste.

Gabriel infuriato con me e io che attaccavo Sonia con una scarica di potere.

Riassaporai il bacio con Ares e quello con Gabriel. Fu come riceverli per la prima volta. Potevo quasi paragonarli. Il bacio con Ares era intenso, pieno di qualcosa che non avrei potuto descrivere. Era dolce, e allo stesso tempo faceva paura.

Il bacio con Gabriel invece era caldo. Impregnato di potere e tranquillità. Il cuore perse un battito al ricordo, poi tutto si fece buio.

Per ultimo comparve il futuro.

Non ero sicura di essere pronta ad affrontare ciò che avrei potuto vedere. Una serie di immagini e sensazioni riempì la mia testa. Provavo paura, rabbia, dolore e una fitta al cuore. Era come se qualcuno mi avesse pugnalato alle spalle. Come se qualcuno di cui mi fidavo ciecamente mi avesse tradito.

Poi il caleidoscopio di sentimenti mutò. Potere, vendetta, passione, amore. Vidi me stessa parlare con Kerrigan, la sibilla. Subito dopo, comparve Gabriel. Aveva qualcosa di diverso: era potente e… terribilmente pericoloso. L’immagine sfumò e al suo posto osservai un frammento di me e Ares, abbracciati mentre piangevo.

E poi… quello che vidi mi bloccò il cuore.

Il Regno di Elos per la prima volta con il cielo coperto da nubi, in guerra. In lontananza due figure indistinte che osservavano la scena. Uno dei due rideva, potevo sentire il suono acuto e fastidioso della sua ristata. Cercai di avvicinare lo sguardo. Volevo vederlo in faccia, ero sicura di non averlo ancora incontrato.

Due occhi neri fiammeggianti occuparono tutta la scena. Mi stavano inghiottendo, mi sentivo attratta da quella forza oscura. Il corpo non aveva la forza necessaria per opporsi e si lasciò cadere in avanti, risucchiato.

Li avevo già visti quegli occhi spaventosi.

Il respiro si bloccò, tutti i miei sensi si stavano abbandonando a quella strana calamita.

Quando tutto stava per diventare un piccolo punto nero, qualcuno mi tirò indietro e una vampata d’aria fresca mi schiaffeggiò il viso umido.

Cos’era successo?

Non ricordavo nulla degli ultimi momenti.

Dopo lo scenario di guerra ricordavo solo i due occhi neri che mi osservavano.

Quello che era accaduto dopo era un mistero per me.

***

‹‹Sofia? Sofia, stai bene?››.

Sentivo la testa pesante, mi sembrava di avere un macigno sul collo. I polmoni erano freddi e arrancavo mentalmente per non arrendermi a quella sensazione di torpore che mi stava avvolgendo.

‹‹Sofia, ti prego, apri gli occhi!›› urlò Sara.

Il cervello cominciò a reagire, e con lui anche il corpo.

Buon segno!

Riuscii a muovere leggermente le dita delle mani, ma qualcosa mi bloccava il respiro. Qualcosa di fresco bloccato in gola, che non riusciva a risalire.

Sentii una pressione all’altezza dello sterno e con un colpo di tosse feci uscire l’acqua dalla bocca.

Respirai a fondo, poi provai a parlare.

Le parole uscirono a fatica. ‹‹Cos… success?››.

‹‹Sorellina, non parlare. Non so cosa tu abbia visto, ma credo che qualunque cosa fosse era qualcosa di pericoloso. Ti sei avvicinata con il viso all’acqua, per vedere meglio, credo, ma poi… poi… oddio, è successo tutto così in fretta! È stato come se qualcuno ti avesse spinto la testa sott’acqua. Abbiamo faticato a tirarti fuori, ti stava trattenendo››.

Una sensazione di panico mi assalì. Ricordai l’attrazione di quei due occhi neri.

‹‹Occhi››, un flebile suono mi uscì dalla bocca.

‹‹Occhi? Che vuoi dire?››. Sonia si avvicinò a me.

Mi sentivo uno straccio. Come potevo spiegare cos’avevo visto? L’unica cosa che riuscivo a fare senza problemi era respirare. Per il resto, tutto il mio corpo era simile a quello di un invertebrato, fiacco e debole.

‹‹Calien, riesci a leggerle i ricordi? È troppo stanca per parlare e se non sappiamo cos’è successo, cos’ha visto, non potremo aiutarla››.

Potevo percepire la tensione di Sonia e l’urgenza della situazione. Questa cosa del sentire le sensazioni non mi piaceva molto. Semmai il mio corpo avesse deciso di tornare normale, avrei chiesto come tenere a bada questa cosa.

Empatia, ecco il termine esatto.

‹‹Sì, posso farlo››. Calien si avvicinò, poi disse: ‹‹Okay, voglio provare una cosa. Ascoltatemi, ragazze, appoggiate una mano vicino alle tempie di Sofia››. Sonia toccò la tempia sinistra, sfiorandola con le lunghe dita sottili e Sara quella destra, con le sue dita piccole e morbide.

‹‹Ecco, brave. Ora incanalate il potere verso di me. Chiudete gli occhi e dovreste vedere quello che vedrò io››.

Detto questo, Calien appoggiò entrambe le mani sulla mia fronte e chiusi gli occhi automaticamente. Un flusso di potere scorreva dalla mia mente a quella di Calien, e poi veniva incanalato verso la mente delle mie sorelle. Potevo percepire il filo argentato che ci legava tutti e quattro, da mente a mente.

I ricordi del passato, del presente e del futuro scorrevano veloci, immagini nitide e chiare.

Dopo pochi secondi aprimmo gli occhi di scatto tutti insieme.

Nessuno aveva il coraggio di aprire bocca.

Dopo una pausa che sembrò non finire mai, Calien parlò: ‹‹Alla fine quel bastardo di Mefisto ha trovato l’occasione giusta per farci la guerra. Ha addirittura richiamato Morrigan dentro il tuo corpo, Sofia… solo non capisco per quale scopo, tutti sanno che la Dea vuole vendicarsi contro di lui, gli si ritorcerebbe contro››. Fece una pausa. ‹‹Eravamo convinti che fosse stato un puro caso che la Dea si fosse manifestata in te. È riuscito a farcela sotto il naso per tutto questo tempo. Noi siamo venuti a conoscenza di questa possibilità da poco, da quando Kerrigan è tornata a inviare messaggi misteriosi››.

Incrociò le braccia e si mise a fissare il vuoto con aria pensosa. ‹‹E poi c’è un’altra cosa che non mi quadra. Cosa c’entra Gabriel in tutta questa storia? Era presente nel bosco, l’abbiamo visto tutti… ma perché?››.

L’angelo nero vuole la tua anima… vuole il tuo sangue.

La voce si manifestò ancora, risuonando in ogni angolo della mia povera testa dolorante.

‹‹E se avesse tentato di uccidermi? Se non fosse buono come pensate voi?››.

‹‹Sofia, non preoccuparti. Io e le tue sorelle lo terremo d’occhio. Non ti farà del male finché sei con noi››, cercò di rassicurarmi Calien meglio che poteva.

‹‹Resta il fatto che ci sarà una guerra. Non ne usciremo vivi››. Sonia aveva ragione, non avevamo speranze contro Mefisto.

Nessuno osò commentare quello che aveva appena detto. Ci rendevamo perfettamente conto di cosa sarebbe successo e cosa ci aspettava.

Il mio corpo s’irrigidì, poi cominciai a tremare. Provai ad alzare una mano.

Ci riuscii.

Mi alzai lentamente, tutto quello che volevo era un asciugamano per asciugarmi il viso e i capelli che se ne stavano appiccicati alla testa in modo fastidioso.

E dovevo vestirmi.

‹‹Voglio un paio di pantaloni››, borbottai.

Tutti e tre, in piedi di fronte a me, mi guardarono con gli occhi sgranati.

Ci furono due secondi di silenzio, poi scoppiammo a ridere come dei pazzi.

Potevo percepire mille emozioni dentro quella grotta.

Nervosismo, paura, rabbia, tensione.

Maledetta empatia!

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113,98 ₽
Возрастное ограничение:
0+
Дата выхода на Литрес:
16 мая 2019
Объем:
371 стр. 2 иллюстрации
ISBN:
9788873043959
Правообладатель:
Tektime S.r.l.s.
Формат скачивания:
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