Zio! Zio!
Siamo qui!
Siamo qui, Don Paolo, siamo qui!
Oh! Eccoli! Benone! Eccoli! (A Rosa:) E tu muoviti… Andiamo… (Esce, correndo, dal fondo.)
(lo segue.)
Finalmente! Finalmente!
Viva lo zio!
E fuori i lumi!
(Entrano, portando in mano chi un fagotto, chi una borsa da viaggio, chi un valigiotto, chi una scatola.)
Speravamo d'esser ricevuti per lo meno con le fiaccole.
Vi ho preparato questo po' po' di luna piena. Altro che fiaccole!.. Qui, qui tutto. (Accumula la roba sopra una tavola.) E poi avreste meritato veramente ch'io vi facessi trovare la porta chiusa. Come! Proprio con l'ultimo treno? V'aspettavo col penultimo… Son venuto anche alla stazione, son venuto!
E il mio telegramma?
Che telegramma?
L'ho fatto io.
Rosa, ti è stato consegnato un dispaccio quand'io ero alla chiesa?
(vedendo Rosa che era rimasta indietro) Oh, Rosina!
(si fa avanti tutta spaurita, cava di tasca un dispaccio… e con timidità lo mostra.) È questo.
(prendendo il dispaccio e irritandosi un poco)Santa pazienza!..
Non sapevo che…
Che la tua testa è diventata un arcolaio!
Eh, via, non importa! Come s'è fatta grande!
Ventun'anno, sai. E si sposa fra giorni. Vedrai che tocco di fidanzato! – Signorina Nora, signor Giovanni, questa è la pupilla di cui parlammo ieri.
Un tipo assai gentile!
Molto bellina.
(serio) Il suo babbo e la sua mamma mi furono amici preziosi, quando io, come prete e come agricoltore, venni qui ad amare gli uomini e la terra. (Con qualche reticenza)… Sì, la mamma, morendo, l'affidò a me. E adesso ella… ella dimentica in saccoccia i miei telegrammi, è verissimo, ma in fondo poi mi vuol bene.
Tanto!
(si toglie il cappellino.)
(lo mette in un canto.)
(cambiando tono) Be'! Sic rebus stantibus, patti chiari. Nessuna cerimonia, nessun complimento. Questa è casa vostra. Ne più nè meno. La camera della signorina Nora è lì, accanto a quella di Rosa. Tu, Lucio, da questo lato. (Indica il lato opposto.)Eh! Eh! Eh! Il signor nipote starà come un principe. Egli avrà il suo studiolo per leggere e contemplare, e laggiù, laggiù, bene appartata, la sua camera da letto, che è un vero paradiso. Per l'amico Giovanni, poi…
Un altro paradiso?
(dandogli un buffetto) Di paradisi, mio caro, non ce n'è che uno.
Per conto mio, non voglio incomodare nè Dio nè il diavolo. Ho bisogno d'una poltrona per aspettare l'alba e di null'altro. Ve li ho consegnati, e domani, col primo treno, via!
E siete pittore, voi? E dopo aver visto questo meraviglioso paesaggio al chiaro di luna, non vi sentite affascinato e costretto a rimanere? Del resto, io vi ricatto. (Accennando il motivo della Norma:)«In mia mano alfin tu sei!» O un bozzetto fatto sotto i miei occhi, o la vita!
A scanso d'equivoci, vale più il bozzetto.
Dunque, rimarrete?
Ma sì…
(insistendo) Rimarrete?
(non vista, sdegnosamente fissa Giovanni.)
(senza lasciarsi scomporre dallo sguardo di lei)Va bene!.. Rimarrò per qualche giorno.
Oh! Bravo!
Adesso sì che siete un grande pittore! (Affaccendandosi)Ecco: a voi, il numero uno. (Indica la seconda porta a destra.) Non sono un albergatore coi fiocchi?
Davvero!
Mostratemi la mia reggia, zio.
Aspetta. Tu, Rosa, prendi la roba di questi signori, e mettila a posto.
Qual'è la vostra, signor Lucio?
(con insolita giocondità) Non v'incomodate. Faccio io. Questa è della signorina Nora…
Io non ci ho che una borsa e un nécessaire.
Per ora!.. (Sempre più affaccendato) Vieni, Lucio.
(prendono alcune valigette ed escono per la prima porta a destra.)
(con in mano qualche altra valigia e qualche scatola, esce per la prima porta a sinistra.)
(severamente e rapidamente, a Giovanni:) Voi dunque non mantenete la vostra parola!
Se sono stato pregato…
Ma non dovete restare.
Sarebbe una scortesia.
Quello che fate è disonesto.
È umano.
È turpe, vi dico.
Non esagerate.
È tutta una premeditazione.
Io vi adoro.
(con rabbia) E io vi sfuggirò anche a costo di…
(vedendo venir Lucio e Don Paolo) Badate…
(si ricompone d'un sùbito e finge di prorompere in una risata) Ah! ah! ah! ah!
(secondandola, ride come lei.)
Cos'è? Cos'è? Voglio ridere anch'io.
(frettolosa, rientra, prende la borsa e il nécessaire di Giovanni e li porta nella camera destinata a lui.)
E anch'io. Cos'è? Sarebbe strano che questa volta proprio io non ridessi.
È Giovanni… è Giovanni che me ne dice di tutti i colori.
Naturale! Un pittore come lui!
(E ridono tutti, chi di buona e chi di mala voglia.)
(ritornando) Ogni cosa è in ordine. Ho acceso pure le candele nelle camere della signorina Nora e del signor Giovanni.
Hai fatto bene; ma non credo che questi signori vogliano rintanarsi a quest'ora. Per noi campagnuoli, è diverso. Perciò, chiedi licenza, tu, e vattene a letto.
(piano, a Lucio:) Vi debbo parlare.
(sussulta.)
(osservano.)
Felice notte a tutti.
Altrettanto a voi, bella ragazza.
Altrettanto, altrettanto!
(bacia la mano a Don Paolo e si avvia.)
(quand'ella è presso l'uscio) Le orazioni, eh?
(con umiltà religiosa) Me le vado a dire.
Benedetta!
(esce.)
E io, figliuoli miei, faccio lo stesso. Si avvicina la mezzanotte, e domani è domenica e ci ho la messa dell'alba. Voialtri potete starvene qui finchè v'aggrada. Io me ne salgo lassù, e dove dormo io non c'è pericolo che giungano i rumori di questo basso mondo. (Ride) Ah! ah! ah! Ricordatevi che siete in casa vostra. Parlate, gridate, fate quello che vi pare e piace, e, soprattutto, cercate di stare allegri. Io non v'impongo di rinunziare alle vostre abitudini; ma umilmente vi consiglio di sperimentare le mie. La signorina Nora (con bonaria ironia) ha inaugurata la villeggiatura con una gran risata risonante. L'aria comincia a produrre i suoi buoni effetti… Meno male! Vado a dormire contento.
E io v'imito.
Sul serio andate già a dormire?
A dormire no, ma a rintanarmi e a dire le orazioni come la vostra Rosina.
Scomunicato!
Arrivederci, Lucio. Arrivederci, Nora. A voi, Don Paolo, ho da baciare la mano?
Si capisce! (Gli mette il dorso della mano sul muso celiando.)
(gliela bacia comicamente.)
(ne approfitta per domandargli piano:) Che novità c'è fra quei due cipressi?
(pianissimo) Novità, credo, nessuna.
Lasciamoli alle loro elucubrazioni.
Beninteso!
(forte, a Lucio, a Giovanni e a Nora:) Dunque, felicissima notte! (Comincia a salire.)
Buon riposo, Don Paolo! Buon riposo, Giovanni!
E buoni sogni!
(scherzando) Grazie, ma i sogni non sono il mio forte. (Esce per la seconda porta a destra.)
(già sul corridoio, si ferma e borbotta:) Uh! Santa pazienza! Dimenticavo le visite notturne di Giustino. Ma l'ha da fare con me! (Pazientemente, ridiscende e va a chiudere la gran porta in fondo. Gira due volte la chiave, e se ne ode il rumore nella serratura.)La chiave, qui, in saccoccia. (Se la caccia in tasca. Indi, risalendo la scaletta) Non crediate che io abbia paura dei mariuoli, veh! Da noi, mariuoli non ce ne sono… Cioè, ce ne sono e non ce ne sono… So io!.. So io!.. E quando mi ci metto!.. (Apre l'uscio del suo quartierino, dà un'occhiata a Lucio e a Nora, e, prima di scomparire, furbescamente, si affaccia e li risaluta:) Di nuovo, felice notte!
Felice notte! Felice notte!
Voi avete qualche cosa da dirmi, Nora?
Sì.
Bene. È un pezzo che preferite i lunghi silenzi, mentre una volta, ricordate?, voi riempivate i silenzi miei con la vostra parlantina di bambinona gaia. Dite. Dite.
Non sarò gaia neanche ora.
Poco fa, ridevate…
Giovanni mi faceva ridere, ma… io non ne avevo punto voglia…
Mi spaventate.
Spaventarsi è male. Io vi chiedo, invece, una saggia serenità.
Contateci.
Lucio, io sono venuta qui, con voi, perchè… perchè, forse, senza di me, voi non vi sareste deciso a questo cambiamento d'aria e d'ambiente che era indispensabile per la vostra salute. Son venuta in casa di vostro zio, che è un uomo di mondo e che sa comprendere e compatire. Ma non posso non riconoscere…
Nora!
Mi avete promesso d'essere sereno. Non posso non riconoscere la bizzarria del fatto.
Vi lascerete vincere, voi, da un gretto convenzionalismo?
Da nessun convenzionalismo mi lascio vincere. Io non mi disdico, io non muto le mie convinzioni. Ieri, mi domandaste se io credessi strano il vostro affetto fraterno e io vi risposi di no. Questo pensavo, e questo penso. Ma venire a vivere in casa di vostro zio, con voi, sia pure per quindici, per dieci giorni, conveniamone, Lucio, è una cosa molto diversa!
E volete andarvene?
Debbo andarmene.
E vi pare possibile che io guarisca lontano da voi?
Verrò a trovarvi.
Non basterà.
Verrò a trovarvi spesso.
Non basterà, non può bastare.
Eppure, secondo i vostri ideali, dovrebbe bastare.
(come un bambino, accalorandosi) Ho bisogno di voi, oramai.
Ma non della mia presenza.
Ho bisogno di sapervi vicino a me.
Il mio spirito starà con voi anche quando non ci starà la mia persona.
Ma alla vostra persona voi mi avete abituato.
Vi ho abituato all'affezione migliore di cui è capace il mio cuore.
E non contate per nulla le vostre cure?.. la vostra voce?.. la vostra mano buona e sicura?.. i vostri occhi buoni e indulgenti?.. Non contate per nulla (animandosi sempre più) ciò che è in voi, solamente in voi, e che io non trovo in nessun'altra donna? Tutto questo… tutto questo… (quasi circondando con le mani il volto di lei)… non lo contate per nulla, voi; e credete che possa essere dimenticato o sostituito o non desiderato quando voi non siete lì, tutta quanta vicino a me?
E non avete il sospetto, Lucio, che quello che mi dite stanotte, qui, non somigli a quello che mi dicevate ieri in casa vostra?
(colpito) Come!?
Non v'accorgete che questo attaccamento comincia a non aver niente di comune con l'amicizia purissima, che è più benefica e più duratura di ogni altro legame?
Nora, che dite?!
Che dico? Siete voi che mi avete insegnato a penetrare l'importanza intima di tutti i nostri desiderii, di tutte le nostre tendenze, di tutte le più lievi variazioni dell'anima; siete voi che mi avete iniziata a certi sottili discernimenti; e ora penso col vostro cervello, parlo il vostro linguaggio, dicole vostre parole. Tutti avrebbero il diritto di non comprendermi. Voi, no!
… È la prima volta che mi trattate con tanta severità.
Ed è per me una fatica atroce. Ma ho finito. Lucio, noi ci siamo intesi.
(dopo un tormentoso dibattito con sè medesimo, appare risoluto.) No… Ascoltate. Sono io che vi domando la grazia di non ragionare troppo. E, d'altronde, ogni vostro ragionamento sarebbe vano perchè, sappiatelo: senza di voi, qui, io non resterò nemmeno un giorno!
(con un misto d'asprezza è di tenerezza) Ciò significa che sinora avete ingannato voi stesso, e, ingannando voi stesso, avete ingannata anche me.
Nora!
Lo so, vi sembra crudele la mia sincerità; ma nel mio pensiero non c'è nessuna intenzione che non sia degna di me e di voi. L'abitudine giustifica la vostra inconsapevolezza; ma giacchè voi, sempre, e in buona fede, mi avete parlato di affetto puro, di amicizia, di fraternità, e giacchè il fantasma dell'Amore vi fa paura e voi lo scacciate, convinto ch'esso rappresenti il Pericolo e l'Infelicità, io ho il dovere di dirvi: – Badate, Lucio, badate! Voi non mi siete fratello, voi non mi siete amico, no! no! Voi mi amate o state per amarmi: questa, Lucio, questa è la verità!
(resta come schiacciato. Dilata le pupille, si caccia le mani nei capelli e ripete sommessamente:) La verità?!.. (Si accosta a Nora, le piglia le mani, ne ha una sensazione evidente, un fremito che gli attraversa il corpo. Poi lascia cadere le proprie braccia penzoloni. Le si accosta di nuovo, e, trepidando, le fiata:) E… voi?
(come se avesse ricevuto un urto) Io?
… Mi amate?
(esita, e poi dice con fermezza:) Sì.
Volevate dirmi di no?
Volevo dirvi di no.
Avete anche voi paura dell'amore?..
Ho paura della mia coscienza.
E che vi rimprovera essa?
(risoluta) Per ora, niente.
E che potrebbe rimproverarvi più tardi?
Non conosco l'avvenire.
Ma voi soffrite, povera Nora!
Molto.
E non dovete soffrire.
Io non sono perfetta come voi credete.
Perchè non siete perfetta? Avete mentito qualche volta?
Non ho mentito. Ho taciuto.
Spiegatevi.
Ho taciuto perchè voi non mi avete mai interrogata…
Su che?
Non m'avete mai domandato che cosa sono io.
La vostra esistenza, per me, comincia da quando vi ho incontrata, da quando mi avete beneficato. Il resto non m'importava.
Non v'importava sino a che non sospettavate d'amarmi. Ma, adesso?
Adesso, nulla è mutato. Non vi ho ripetuto che tutto quanto è inerente alla debolezza umana non costituisce, per me, l'essenza della vita? Sarete stata debole, avrete potuto cedere a una tentazione, a un'aberrazione, avrete potuto errare: ma, dentro, voi avete sofferto, Nora…
(è in preda a uno spasimo ineffabile.)
… come soffrite in questo momento. Avete sofferto e, aspettando me, vi siete serbata spiritualmente intatta. Lo stesso martirio che ora i vostri ricordi v'infliggono mi dice che cosa siete voi. La confessione delle vostre debolezze e l'orrore che esse destano in voi ci aiuteranno a salvarci. E siamo ancora in tempo perchè la mia bocca non ha sinora neppure sfiorata la vostra. Noi ci salveremo. Datemi, datemi questa grande onestà dell'anima, e io non vi chiederò niente altro, mai!
No, Lucio, è necessario che mi respingiate addirittura.
Sentite, forse, di potere amare un altro?
«Amare?» (Sicura ed energica) Amare, no!
E dovrei respingervi?
Quello che pretendete dal vostro cuore è inverosimile. (Come chiedendogli una grazia) Respingetemi, Lucio, respingetemi!
Non è inverosimile quello che pretendo dal mio cuore. Ammettiamo che io non vi sia amico, che io non vi sia fratello. Sì, ammettiamolo. Ma io so di essere tuttora così distaccato, così lontano dalla miseria materiale di cui voi, forse, siete stata vittima e mi sento tuttora così forte della mia fede, che sono convinto di poter combattere contro quella miseria, di poter combattere sino all'ultimo e di potervi amare, sempre, come voglio io! Nora, non vi lasciate vincere da non so quale sfiducia. Nora! Nora!.. ve ne prego.
(disfatta, si abbandona su di una seggiola.)
Scacciate i pensieri che vi torturano, mia buona creatura… Il vostro Lucio è qui dinanzi a voi, devotamente, come dinanzi a Dio… Vedrete, vedrete che non verrà mai il giorno in cui voi dovreste ricordare e arrossire e in cui io dovrei transigere. Intanto, io mi rassegnerò alla vostra lontananza. Mi rassegnerò. Voi, quando vorrete, anche domani, tornerete in città… Mi sentite, eh? Mi sentite?.. E così comincerò a dimostrarvi che la vostra presenza non mi è indispensabile e che nulla ancora mi avvince a voi che possa farvi temere un avvilimento ed una profanazione. (Pausa) Siete… siete pìù calma?
(accompagnando con lento cenno del capo la parola appena pronunziata) Sì.
Non mi rimproverate più?
(fa cenno di no.)
Grazie. (Si leva. Respira stentatamente. Va alla finestra, e la spalanca.)
(respirando meglio) Ah! Questa luce, quest'aria fresca e fragrante mi fanno tanto bene!
(si alza e lo saluta con gentilezza dolcissima.)Buona notte, Lucio.
(Lucio va verso di lei. Nora gli stende la mano. Lucio gliela stringe e la trattiene.)
Siete più calma?
Sì.
Anch'io! Anch'io! (Le bacia appena le dita.)
(lentamente esce.)
(la segue con gli occhi. Quand'ella è sparita, egli si tocca le tempie, parlando fra sè:) Calmo io?! – Non è vero… Non è possibile! La sua confessione!.. E poi… e poi!.. (È assalito dal convulso.)Se ella se ne va, io non saprò sopportare la sua assenza… Io starò male! Starò molto male! (Egli sente le vibrazioni della carne. Si esaspera. Vorrebbe domarle, quasi vorrebbe percuotersi; e, fiaccato, vacillante, conclude:) Non dovrebb'essere così;… ma così è. (Inorridisce) Così è! (Pausa)«Tu vuoi trasformare il mondo» mi diceva ieri Ziegler… «Amare come voglio io!» (Pausa.) E che significa?.. Che significa?.. (Pensando acutissimamente, prende il lume e, piano piano, se ne va nelle sue stanze.)
(Le ombre si allargano, solcate dai raggi della luna.)