(titubante)… Senza dubbio.
(ritornando) Oh, che il Signore sia lodato! È uscito il sole! È uscito il sole!
(animandosi) Domani, col penultimo treno, vi piomberemo addosso.
Bravi! (A Giovanni e a Ziegler) E questi birboni?.. Venite, venite anche voialtri… Il signor Giovanni porterà i suoi pennelli, il signor Ziegler porterà il suo violino… E dipingeremo, suoneremo, balleremo… (Ridendo) Ah ah ah! Ci ho posto per tutti, che credete?
(con istantanea malinconia) Grazie, Don Paolo, ma io non posso…
(a Giovanni:) E, voi… Don Giovanni?
Io… per lo meno verrò sin là a consegnarveli tutti e due sani e salvi.
E ogni promessa è un debito.
Presto, presto. Don Paolo!.. Il treno non vi aspetta mica.
(festosamente) A domani, dunque.
A domani, zio.
A domani.
A domani.
Buon viaggio!
Buona permanenza! (S'avvia per uscire.)
(ostentando una celia) Io poi da voi, un giorno o l'altro, ci verrò, ma di nascosto.
(uscendo) Insieme col violino, beninteso…
Sì, per portare una serenata alla vostra pupilla.
(la cui voce s'allontana) Quella lì non è pane pei denti vostri. (Ride) Ah ah ah ah!
– Arrivederci.
– Arrivederci.
– A domani.
– Buon viaggio! Buon viaggio!
Ecco un uomo che ha parecchie dita di cervello.
È buono. (Si accinge a sparecchiare la tavola.)
Intelligente, soprattutto.
Nora!.. Che fate? Più tardi verrà la serva.
Non è piacevole veder la tavola in disordine, dopo pranzo. (Continua a sparecchiare con l'aria di una persona di casa.)
Allora, vi aiuto io.
Bene! Aiutatemi.
(si affaccenda anche lui, sparecchiando.)
(prendendo un libro che trova chiuso in un angolo della stanza, lo mostra a Lucio) Se non vuoi leggerlo tu, passalo a Nora.
Ma sì: sto leggendolo.
Ah?
Nè nuovo, nè interessante. Spencer rifritto. D'altronde!..
«Spencer rifritto», s'intende. Senonchè, devi notare…
(interrompendo con vivacità) Non deve notar niente…
(seguitando con la stessa intonazione di lei) Perchè, dopo pranzo, la roba rifritta… Non so se mi spiego!
(piegando la tovaglia, ne tiene due punte nelle mani con le braccia tese, e ha il mento abbassata sul lembo superiore, giusto nel mezzo.)
(a un tratto, fissandola) Ferma, ferma così, Nora!
Cos'è?
Ferma così, ve ne prego. (Cava di tasca un album.)
Ma che vi piglia?
È una posa originalissima! Ve ne faccio lo schizzo. Aspettate. (Comincia a disegnare.)
(immobile) Io mi stancherò.
(disegnando) Immaginatevi di stare dinanzi a uno specchio e non vi stancherete.
Questo non lo potete dire, perchè in casa mia ho abolito gli specchi.
(con soddisfazione) Brava!
Avete fatto malissimo!
(mirando Nora e imitando col pollice della destra un gesto da pittore) Sì, sì: è un quadretto.
Con questa tovaglia in mano?
Tovaglia?.. Quella potrebbe essere… un velo, una stoffa antica, non so… una specie di breve siparietto simbolico… A me preme la linea che voi mi date.
Via, ti dà pochino!
(tuttora disegnando) Meravigliosa.
Nientemeno?
(impaziente) Ah!..
(vede il disegno di Giovanni e malinconicamente esclama:) Come t'invidio!
Vorresti saper mettere questi pochi segni sulla carta?
No, non mi basterebbe. Anche, vorrei sentirne la compiacenza che ti leggo negli occhi. Sai precisamente che cosa t'invidio? T'invidio questo culto della forma che io non ho e che non voglio avere.
Se non vuoi averlo, perchè me lo invidii?
Non ne posso più, Giovanni!
Un momentino ancora.
(a Giovanni:) Non mi capisci, non mi capisci. Io non voglio averlo, e intendo perfettamente che mi privo d'un diletto.
(sincero, con entusiasmo) D'un grande diletto!
Eppure, è così. Se su quella carta tu componessi le sembianze d'una qualunque altra donna, invece che le sembianze di Nora, per me sarebbe lo stesso.
È fatto, sì o no?
Non è fatto, (sorridendo) perchè io non sono mica un pittore da cafè-concert, di quelli che improvvisano in cinque minuti il ritratto capovolto di Garibaldi o di Bismark. Ho preso qualche appunto…
(gettando via la tovaglia e andando verso Giovanni)Vedere.
Ci è! Ci è!
Ci sono?
Oh, altro!
(chiudendo l'album) Ma che! Non ci siete niente affatto.
E dunque?!
Dunque, fiasco. E sfido io! Con la sua impazienza!..
No, non mi capisci. Intendo dire che a cento piccole circostanze accidentali è connesso ciò che un pittore chiama linea o colore e che io chiamo… parvenza: ciò che, insomma, colpisce più o meno i nostri sensi. Tutto quello che riproduce questa parvenza è problematico, è sfuggente, è fittizio, è incerto… come la parvenza stessa.
(dà un'occhiata significativa a Giovanni e a Nora.)
(a Lucio, per non contraddirlo:) Sì, sì.
(celiando a malincuore per cambiar discorso) Vi prometto, Giovanni, che un'altra volta, sparecchiando una tavola, vi ispirerò un capolavoro.
(guardandoli) E già! Io ho detto una scioccheria, come di solito.
Tutt'altro!
Si fa una partita a scopone? Siamo in numero…
Ah! Voi credete che io non mi accorga che mi trattate come un pazzo o come uno scimunito?
Che ti salta in mente adesso?
Anche zio Paolo crede che io non abbia la testa a posto.
Scherzava.
(animandosi) Scherzava? E voialtri?
Ma noi! Noi!.. Noi – giacchè lo vuoi sapere – non facciamo che evitare le conversazioni troppo astruse che da qualche tempo ti seducono e che tutti coloro i quali ti vogliono bene credono… molto inopportune! Mio Dio! Perchè dobbiamo romperci il capo con tanti discernimenti paradossali e stiracchiati? Quanto a me, non stiracchio che le corde del mio violino, ed è perciò che esse si spezzano così spesso. Che, del resto, la vita me la piglio com'è – benchè non sia sempre di mio gusto, te io assicuro io – e desidererei che anche tu, che diamine!, non ti prendessi la briga di capovolgere l'umanità e di trasformare il mondo. Ascolta il consiglio mio: facciamo una partita a scopone, che è più semplice.
Facciamola! Facciamola!
Capovolgere l'umanità? Trasformare il mondo? Io non voglio capovolgere nulla. Non voglio trasformare nulla! (Accalorandosi) Ho le mie idee, ho le mie convinzioni e non ci rinunzio. E quando vedo che appunto per una mia idea manifestata alla buona, senza nessuna pretesa, incidentalmente, voialtri vi turbate, v'impensierite come se io avessi detto chi sa che cosa orribilmente strana, (tutto vibrante nella persona e nella voce) e mi spezzate la parola in bocca e m'impedite di parlare con pretesti puerili, io mi cruccio, io mi addoloro, io mi irrito, perchè mi pare che vogliate strapparmi il pensiero dal cervello, come se per strappare questo pensiero bastasse sopprimere la parola; e mi pare che vogliate esercitare su me un falso diritto, sì, un diritto che non avete e non potete avere. Io vivo dentro di me una vita che non ha niente di comune con tutto quello che attrae gli altri, una vita che non subisce influenze esteriori e non subisce la volontà altrui! Non mi importunate, dunque, non mi opprimete… Lasciatemi vivere a modo mio… Lasciatemi tranquillo… (Emozionato, affaticato, cade a sedere ansimando) Lasciatemi tranquillo.
(umile, affettuoso) Ma, abbi pazienza, Lucio, a che proposito tutta questa sovraeccitazione?
(con lo stesso tono) Difatti… chi è che crede di avere dei diritti sull'animo tuo?
Nessuno! Nessuno!
(pentito, stringendosi la testa fra le mani) Ho torto. Perdonatemi. Io mi eccito per un nonnulla… E, con voi, proprio non dovrei. Siete così buoni. Mi perdonate, Nora?
Di che?
… Sì… Sono un po' eccitabile… un po' nervoso… I primi giorni di primavera mi fanno questo effetto… E ora poi… ecco… mi pare di aver sonno… Vedete, Nora, che avete calunniato il vostro caffè. Stanotte, già, ho dormito male… Riposerò un poco… Mi permettete? (S'avvia verso la porta a sinistra.)
Ti pare!
È bene che tu riposi.
Se ve ne andate tutti, consegnate la chiave giù al portinaio, per la serva.
Ma no, io resterò ancora. A casa non ho nulla da fare.
Allora, arrivederci presto. Mi basterà di riposare una diecina di minuti.
(esortandolo) Un po' di più.
Lo sapete… non mi piace di dormire, perchè io diffido del sonno. (Esce ripetendo quasi fra sè:)No… non mi piace di dormire… non mi piace…
(prende il cappello e la custodia del violino e dice a Giovanni, sottolineando le parole:) Andiamo, eh?
Sì, andatevene anche voi, Giovanni.
Grazie della premura!
Credevo…
Di farmi piacere?
Che so!..
Mi scacciate?
Vieni via! Che stai a fare lì?
Noioso!
Va bene: «noioso». (Pausa) Addio, Nora.
Ci si vedrà, domani?
Ma ci andate davvero da don Paolo?
(preoccupata) Se le mie allieve me lo permetteranno. E voi?
Io l'ho detto che non posso… E invece chi sa ch'io non vada più lontano…
Dove?
Lassù: a Colonia… dal mio vecchio nonno che ho appena conosciuto e che sempre mi scrive di volermi vedere prima di morire.
Che novità è questa?
La morte non è una novità. Basta: domani verrò a salutarvi o qui o alla stazione. (Si avvicina a Giovanni, e, battendogli la mano sulla spalla, gli dice quasi sul serio:) Con te, poi, faremo i conti!
(con vivace risentimento) Noioso! Noioso!
(con vivace e sincera acredine) Io, noioso. Ma tu… qualche cosa di peggio!
(infastidito) Ziegler!
(padroneggiandosi) Niente, niente… Scherzavo… Di nuovo, Nora, arrivederci.
Veniteci a salutare, vi raccomando.
Sì, sì, non dubitate. (Esce.)
(dopo un silenzio) Ziegler è innamorato.
Non credo.
È innamorato di voi.
No.
Una volta, prima che vi conoscessi, lo ha confessato a me. Oggi, forse, non lo confesserebbe neppure a sè stesso.
Dice sempre che gli uomini brutti come lui non devono innamorarsi.
E questo che significa? Significa che c'è capitato.
Me ne sarei accorta.
Non vedete ch'egli stenta a dissimulare la sua sofferenza? Non vedete che è geloso?
Di chi?
Ah, non di Lucio, beninteso! Di me.
Giudicate assai male! Ziegler è d'una delicatezza singolare, e, se è geloso, come voi dite, non lo è che per conto di Lucio.
Questo soddisfa la sua coscienza d'uomo buono e modesto, ma in fondo egli non può esser geloso per conto di un uomo che vuole esservi fratello…
Fratello?.. Ziegler comprende bene che il povero Lucio è vittima d'un equivoco creato dalle sue fisime spirituali… dalla sua mente malata…
Avete voi la convinzione che quello di Lucio non sia un affetto fraterno?
Ne ho la convinzione.
Ah no! Siete voi che, per farmi indietreggiare, mi minacciate il rimorso. E siete voi che a forza volete persuadermi che il mio amore è una perfida insidia.
Una perfida insidia non è, o, almeno, non è una insidia premeditata. Di ciò io sono sicura, Giovanni. Ma è certamente un errore. Un errore che colpisce un'esistenza cara a voi ed a me…
Ed ecco la minaccia del rimorso!
A prescindere dal vostro rimorso, c'è un'altra circostanza che dovete ben valutare, ed è questa: (energicamente) io non voglio che mi amiate.
Non è vero!
Io non vi amo.
Non è vero!
Io amo Lucio.
Non è vero!
(con un impeto di esasperazione) Ma perchè non è vero?
(dopo un breve silenzio) Se lo amaste veramente, voi, senza avvedervene, lo sottrarreste all'equivoco, ammesso che in lui l'equivoco ci sia. Che sappiate essere un'eroina non ne dubito…
Parlate piano…
Non dubito che sappiate sacrificarvi a un'Idea, che sappiate sacrificarvi a qualche cosa che voi medesima non potete determinare e che è, secondo me, l'illusione indefinibile con cui le creature migliori vorrebbero ribellarsi alle necessità della vita reale. Egli, oh!, è più illuso di voi. Voi non fate che seguirlo, che secondarlo docilmente; e voi confondete la docilità vostra con l'amore… Ah! Nora!.. volete che ve lo dimostri?.. Datemi la mano… (Le prende una mano.) Così!.. Lo sentite quello che c'è qui dentro, in questo sangue, in queste fibre?.. Lo sentite voi questo contatto?.. Lo sentite? Sì. Sì. Ebbene, ciò che provo io mentre la mia mano stringe la vostra, è lo stesso di ciò che provate voi. E questa è la Realtà, Nora, questa è la Realtà unica, ineluttabile. Non ce n'è un'altra. Fuori di essa non c'è che il sogno, non c'è che l'inganno della fantasia. Sognando, voi potrete ancora ripetermi: «non voglio che mi amiate»; ma io, io che non saprò mai sognare, vi ripeterò mille volte: non è vero, non è vero!
(umilmente)… E basta, adesso!.. Basta! (Con un intimo sforzo energico libera la sua mano da quella di Giovanni.)
Sì, basta.
(scossa, perplessa, timida, e simulando disinvoltura, va a guardare all'uscio della camera di Lucio.)
Dorme?
Pare. (Pausa) Ed ora, andatevene, ve ne prego.
Me ne vado. (Piglia il cappello e s'avvia.)
Prima però debbo chiedervi un favore.
Dite.
Non venite in campagna, Giovanni!
Ho promesso al prete di accompagnarvi fin là.
Ma non ci resterete?
(con lieve sorriso tra di sodisfazione e di rassegnazione)Non ci resterò.
Ve ne ringrazio.
(sùbito) Dunque, confessate?
Non confesso niente.
E perchè mi avete chiesto ch'io non resti con voi? Perchè mi ringraziate?
Perchè è ridicolo che tanta gente estranea piombi in casa di quel brav'uomo.
V'affaticate continuamente a negare il vostro pensiero.
(con rabbia) Per carità, Giovanni, finitela!
La mia presenza, lì, in campagna, vi annoierebbe?
Sì.
Molto vi annoierebbe?
Sì, molto.
Fino a riuscirvi insopportabile?
Fino a riuscirmi odiosa!
(incalzando) E la ragione? La ragione?
(severa) La ragione è che voi siete un egoista.
Lo vedete: siamo da capo. Questa per me è una confessione. (Pianissimo, insinuante) Voi temete che l'egoismo mio – quello che voi chiamate così – vi faccia abdicare al vostro eroismo. (All'orecchio di lei) Voi temete di diventare una egoista come me… Senza contare, poi, che, essendo egoisti in due, non lo saremmo più nè io nè voi… senza contare che io potrò essere necessario alla vostra vita come già voi siete necessaria alla mia.
No, Giovanni: voi siete un uomo quasi felice, voi non avete bisogno di me. Egli, invece, egli è un infermo, è un infelice…
È un infelice perchè non vi ama! Quale che sia la mia amicizia per lui, dovrò io cedergli un tesoro che egli non vuole avere? Non vi ama, o non può o non sa amarvi, o sa amarvi male… È lo stesso. Ma io, io vi amo bene, vi amo completamente, vi amo tutta, e nell'ordine naturale delle cose umane il vostro amante devo essere io…
(con dolcezza implorante) Giovanni, sono tanto stanca d'ascoltarvi…
(continuando) Devo essere io: e nessun proponimento sublime, badate, nessun ragionamento, nessuna idealità, possono opporsi a questa affinità sincera, che tende ad unirci…
Sono stanca d'ascoltarvi…
(conchiudendo)… e contro di essa, Nora, è inutile combattere!
Andatevene.
È inutile!
Andatevene.
Sì. (La guarda ancora assai dappresso. Poi, rapidamente, esce.)