Читать книгу: «Agatone e la tragedia attica di fine V sec. a.C.», страница 3

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Socrate non conosce ancora Agatone, ed esprime alcune considerazioni dedotte dall’aspetto esteriore del giovane che sta sdraiato accanto a Pausania di Ceramei, un conoscente di Socrate. L’aspetto del ragazzo fa supporre a Socrate che si tratti di un giovane καλόν τε κἀγαθὸν τὴν φύσιν: simili espressioni riferite a giovani uomini sono frequenti in Platone. Così sono definiti Carmide (Charm. 154d), Liside (Lys. 207a), Clinia figlio di Assioco (Euthyd. 271b), Ctesippo (Euthyd. 273a).30 Queste espressioni sono comunemente riferite a giovani di famiglia aristocratica.31 Il legame tra la definizione di un ragazzo come καλός e ἀγαθός e la sua appartenenza a una casata di alto rango è testimoniato in particolare da un passo del Carmide (154e 1–4), dove traspare l’idea dell’esistenza di un legame tra l’espressione καλòς καὶ ἀγαθός e la nobiltà della famiglia di un giovane così caratterizzato. L’aspetto di Agatone doveva denunciarlo, agli occhi di Socrate, come un ragazzo di nobile famiglia. La considerazione successiva invece (τὴν δ’ οὖν ἰδέαν πάνυ καλός) ha carattere estetico e riguarda il solo aspetto fisico di Agatone.

Socrate suppone inoltre che il ragazzo sia il παιδικά, il ragazzo amato da Pausania del demo attico di Ceramei. Di quest’ultimo si hanno le prime notizie nell’opera platonica, e nella tradizione successiva a Platone il suo nome compare sempre legato ad Agatone.32 Il termine παιδικά nell’Atene classica è utilizzato come sinonimo di ἐρώμενος nel contesto dei rapporti erotici tra persone di sesso maschile e di età differenti (cfr. Ath. XIII 564a), e indica la persona che nella coppia suscita il desiderio erotico dell’altra; di norma è anche la più giovane tra i due.33 Agatone è presentato dunque negli anni immediatamente precedenti al 430 a.C. come un ragazzo ancora adolescente, allievo dei σοφισταί, di buona famiglia, di bell’aspetto, e legato da un rapporto erotico a Pausania di Ceramei, di cui è il παιδικά/ἐρώμενος.

Test. 4 (4 S.–K.)

Aristoph. Th. 29–32


Εὐριπίδης Κηδεστής Εὐ. Κη. Εὐ. Κη. ἐνταῦθ’ Ἀγάθων ὁ κλεινὸς οἰκῶν τυγχάνει, ὁ τραγῳδοποιός. 30 ποῖος οὗτος Ἁγάθων; ἔστιν τις Ἀγάθων— μῶν ὁ μέλας, ὁ καρτερός; οὔκ, ἀλλ’ ἕτερός τις. οὐχ ἑόρακα πώποτε (οὐχ ἑόρακας πώποτε [Eur. cont.] Bentley, Wilson).

Schol. R Aristoph. Th. 32 Regtuit: ἐπειδὴ οὐ πάλαι ἤρξατο διδάσκειν, ἀλλὰ τρίσιν (ἓξ Ritschl, Regtuit; πέντε Clinton, Dindorf) πρὸ τούτων ἔτεσιν (a. 414?).


Euripide Parente Eu. Pa. Eu. Pa. Si dà il caso che qui abiti il famoso Agatone il poeta tragico. 30 Chi è questo Hagatone? Agatone è uno… Non è quello scuro, quello robusto, vero? Νo, è un altro. Non l’ho mai visto.

Schol. R ad v. 32: Poiché iniziò a comporre non molto tempo prima, ma tre anni prima di ciò [a. 414?].

Interpretazione

Un dialogo tra il personaggio di Euripide e quello del suo Parente apre la commedia aristofanea delle Tesmoforiazuse. Il famoso poeta tragico Euripide, convinto che le donne ateniesi lo vogliano condannare a morte a causa della sua abitudine di portare in scena i vizi femminili, vorrebbe convincere il proprio collega Agatone a infiltrarsi nelle celebrazioni della festa delle Tesmoforie, riservate alle sole donne, per scongiurare il pericolo. Il Parente dichiara però di non conoscere Agatone. Più avanti Euripide spiegherà il motivo per cui ha bisogno dell’aiuto del collega: Agatone, così bello da sembrare una donna (vd. test. 14), potrebbe facilmente camuffarsi (vv. 97s., 130–145) e partecipare alle cerimonie riservate alle donne. Lo scolio al v. 32 propone una spiegazione per l’ignoranza del Parente, attribuendola al fatto che Agatone aveva iniziato la propria attività di poeta da tre anni.

Lo scolio pone una questione cronologica di difficile soluzione. Questi versi delle Tesmoforiazuse sono tramandati dal manoscritto R e dal suo apografo M.34 Gli scolî giungono attraverso il solo R, il quale, con una formulazione cronologica attestata solo in questo scolio, riporta il numerale cardinale τρισίν, tre, collocando l’inizio dell’attività poetica pubblica di Agatone (ἤρξατο διδάσκειν) tre anni prima (τρισὶν πρὸ τούτων ἔτεσιν) rispetto al momento della rappresentazione delle Tesmoforiazuse nel 411 a.C.35 Accettando l’informazione tràdita dallo scolio, bisognerebbe datare il primo concorso tragico di Agatone all’anno 414 a.C.; il dato non si concilia però con la notizia trasmessa da Ateneo relativamente alla vittoria di Agatone sotto l’arcontato di Eufemo, nel 417/416 a.C. (test. 1). Snell–Kannicht mantengono il testo tràdito e riportano due possibili spiegazioni per l’incongruenza cronologica:36 secondo la soluzione prospettata da Hoffmann, lo scolio farebbe riferimento alla prima vittoria di Agatone in occasione delle Grandi Dionisie (sulla partecipazione di Agatone agli agoni dionisiaci, vd. ad fr. 33);37 in tal caso, bisognerebbe presupporre che Agatone abbia vinto per la prima volta questo concorso nel 414 a.C. e che i commentatori antichi non prendano in considerazione, o non siano in grado di datare, la riunione del 416 descritta nel Simposio platonico (test. 2). Bisognerebbe inoltre ammettere che l’autore dello scolio abbia avuto accesso alle didascalie relative alle Dionisie degli anni considerati. La seconda ipotesi, avanzata da Clinton, implica un errore di lettura dello scoliasta e la conseguente corruzione del numero. Clinton propone in alternativa o di leggere πέντε, “cinque”, al posto di “tre”, oppure di alzare la data della commedia di Aristofane;38 la correzione di τρισίν in πέντε è accolta da Dindorf nella sua edizione degli scolî di Aristofane. Un secondo possibile emendamento al numero è suggerito da Ritschl, che pone ἕξ (sei) in alternativa a τρισίν; questa congettura è accettata da Regtuit.39

Per riassumere, le possibili soluzioni della questione sono: 1) il numero τρισίν non è corrotto, Agatone vinse per la prima volta il concorso delle Grandi Dionisie nel 414 a.C. e lo scoliasta fa riferimento a questa vittoria, ignorando quella alle Lenee del 416;40 2) il numero originale è stato modificato nel corso della tradizione;41 3) lo scoliasta sbaglia nel datare la prima vittoria di Agatone.42 Non ci sono argomenti stringenti a favore di una di queste ipotesi; si può mantenere il τρισίν della tradizione manoscritta ammettendo che lo scoliasta abbia avuto a disposizione informazioni incomplete a proposito della cronologia delle vittorie di Agatone.

Test. 5 (11 S.–K.)

Aret. schol. in Luc. rh.pr. 11 p. 178, ll. 16–24 Rabe (Cramer, An. Ox. 4, 269) ~ Aret. schol. in Plat. Symp. 172a7 p. 96 Cufalo (= p. 447 Greene)

Ἀγάθων τραγῳδίας ποιητὴς εἰς μαλακίαν σκωπτόμενος· | Ἀριστοφάνης Γηρυτάδῃ (fr. 178 K.–A.)· ἦν δ’ οὗτος Τισαμενοῦ παῖς Ἀθηναίου, παιδικὰ γεγονὼς Παυσανίου (<καὶ Εὐριπίδου> con. Cramer) τοῦ τραγικοῦ (TrGF I 255), μεθ’ οὗ πρὸς Ἀρχέλαον τὸν βασιλέα ᾤχετο, ὡς Μαρσύας ὁ νεώτερος (FGrHist 135 fr. 8). | ἐμιμεῖτο δὲ τὴν κομψότητα τῆς λέξεως Γοργίου τοῦ ῥήτορος, ὡς Πλάτων ὁ φιλόσοφος Συμποσίῳ (ὡς — Συμποσίῳ om. schol. in Plat.).

Agatone poeta tragico, schernito per la mollezza; | Aristofane nel Gerytades; questi era figlio di Tisameno di Atene, | diventato paidikà di Pausania, il poeta tragico, insieme al quale andò presso il re Archelao, secondo Marsia il Giovane. | Imitava l’eleganza dello stile del retore Gorgia, secondo il filosofo Platone nel Simposio.

Interpretazione

Si riconducono al bizantino Areta (IX–X sec. d.C.) due scolî di carattere biografico su Agatone.43 Lo schol. Plat. Symp. 172a, mutilo, è ricostruito sulla base del simile schol. Luc. rh.pr. 11, con cui condivide la fonte.44 Presumibilmente, lo scolio attinge a un’opera di carattere biografico. Mettauer e Greene, studiosi degli scolî di Platone, ipotizzano l’esistenza di una Vita Agathonis da cui sarebbe stato ricavato il riassunto, o parte del riassunto, confluito negli scolî di Areta.45 Mentre Mettauer non indica il possibile nome del compilatore, Greene invece attribuisce l’origine dell’annotazione a Esichio Milesio (VI sec. d.C.), autore di una raccolta di biografie di autori pagani (Ὀνοματολόγος ἣ πίναξ τῶν ἐν παιδείᾳ ὀνομαστῶν).46 L’autore della presunta biografia potrebbe aver attinto le proprie informazioni da lessici di κωμῳδούμενοι.47

Passando al contenuto, Agatone è ricordato come poeta tragico schernito da Aristofane nella commedia frammentaria Gerytades in merito alla sua μαλακία, ‘mollezza’, ‘delicatezza’ (vd. ad test. 8c* ad test. 24a–b). La datazione attribuita al Gerytades da parte della critica si stringe intorno agli anni 408–407 a.C.48 ed è presumibile che al momento della rappresentazione dell’opera Agatone non avesse ancora lasciato Atene; questo permetterebbe di datare il suo allontanamento al periodo compreso tra la messa in scena della commedia e la morte di Euripide in Macedonia, nel 407/406 a.C., se si accetta la tradizione riportata da Arriano della contemporanea presenza dei due poeti presso la corte macedone (vd. test. 15).

Sono poi fornite alcune notizie biografiche: la nascita del poeta da un ateniese, dal nome Tisameno;49 la relazione con Pausania, definito τραγικός; il trasferimento presso Archelao. Marsia il Giovane, al quale si assegna la composizione di una storia della Macedonia (i riferimenti ad Agatone erano presumibilmente inseriti in un discorso relativo alla Macedonia di Archelao), è citato come fonte in coda a quest’ultima informazione.50

La menzione di un ateniese Tisameno quale padre del poeta non aiuta a identificarne la famiglia, ma conferma la provenienza del poeta da Atene.51 La presentazione di Pausania come ἐραστής di Agatone trova riscontro nelle altre testimonianze (vd. testt. 3. 14. 16); suscita invece perplessità la sua definizione come τραγικός. Non abbiamo notizia di una simile attività per Pausania e già Ateneo (V 216f) affermava di non conoscere alcuna sua opera. Per risolvere l’incoerenza, Cramer ipotizza la caduta di καὶ Εὐριπίδου dopo Παυσανίου, appoggiandosi alla test. 15.52 Tuttavia, come rilevato da Snell–Kannicht, è Pausania ad accompagnare Agatone in Macedonia, e il relativo οὗ si deve riferire a Παυσανίου, che deve dunque trovarsi nella posizione più vicina al relativo stesso (vd. test. 16). Più probabilmente l’attribuzione di un’attività poetica a Pausania potrebbe essere un errore di Areta.53

Infine, lo scolio si conclude con un’indicazione circa l’elegante stile poetico d’impronta gorgiana (ἐμιμεῖτο τὴν κομψότητα τῆς λέξεως Γοργίου) di Agatone, testimoniato dal discorso del tragediografo nel Simposio platonico (vd. test. 21). Il sostantivo κομψότης, ‘eleganza’, è derivato dall’aggettivo κομψός54 ed è attestato per la prima volta in ambito retorico da Isocrate (XII 1 l. 7), secondo il quale un discorso caratterizzato da κομψότης sarebbe il contrario di un discorso composto con semplicità (ἁπλῶς); κομψότης implica pertanto un certo grado di elaborazione. L’attestazione del sostantivo nelle lettere pseudo–platoniche (358c 7) stabilisce inoltre affinità tra κομψότης e i sostantivi σοφία e δεινότης, termini ricorrenti nel linguaggio retorico definitosi tra V–IV sec. a.C. e associati ai σοφισταί, maestri e professionisti della retorica.55

Test. 6 (12 S.–K.)

Scholl. vett. RVMEΘBarb(Ald) Aristoph. Ra. 83a–c. 84c–d Chantry (cf. test. 8c*)

83a Ἀγάθων δέ (Ald):

α. οὗτος τραγῳδίας ποιητής. κωμῳδεῖται δὲ εἰς θηλύτητα. RV

β. οὗτος τραγικὸς ποιητής. ἐπὶ μαλακίᾳ δὲ διεβάλλετο. E(Ald)

83b Ἀθηναῖος, υἱὸς Τισαμένου. V

83c Ἀγάθων δὲ ποῦ’ στιν M:

α. οὗτος ὁ Ἀγάθων, κωμῳδοποιός, τῆς Σωκράτους διδασκαλίας. MEΘBarb(Ald)

β. ἦν δὲ καὶ † κωμῳδοῦ υἱός (κωμῳδοποιός coniecit Dindorf), † τοῦ Σωκρατικοῦ διδασκαλείου. V

84c οὗτος ἀγαθὸς ἦν τὸν τρόπον, καὶ τὴν τράπεζαν λαμπρός. VMEΘBarb(Ald)

84d φασὶν ὅτι τὸ Πλάτωνος “Συμπόσιον” ἐν ἑστιάσει αὐτοῦ γέγραπται, πολλῶν ἅμα φιλοσόφων παρ’ αὐτῷ καταχθέντων. VEΘBarb(Ald)

83a Agatone:

α. questi era poeta di tragedia. In commedia è schernito per l’effeminatezza.

β. questi era poeta tragico. Era ridicolizzato per la mollezza.

83b Ateniese, figlio di Tisameno.

83c E Agatone dov’è:

α. questo è Agatone, poeta comico, della scuola socratica.

β. [c’(?)] era anche † κωμῳδοῦ υἱός, † della scuola socratica. V

84c questi era buono di carattere e dava splendidi banchetti.

84d dicono che il Simposio di Platone sia stato scritto in occasione di un suo banchetto, quando, a casa sua, insieme sono presentati molti uomini amanti della sapienza.

Interpretazione

Negli scholl. vett. RVMEΘBarb(Ald) Aristoph. Ra. 83s. si trovano informazioni comuni anche ad altre testimonianze (vd. testt. 5. 8c*): Agatone fu poeta tragico, figlio di Tisameno ateniese, dileggiato nella commedia come effeminato e molle (εἰς θηλύτητα/ἐπὶ μαλακίᾳ; vd. ad testt. 5. 8c*. 24). Manca qui il riferimento esplicito ad Aristofane come fonte comica, che si può invece trovare in 8c*.

Per la definizione di Agatone come κωμῳδοποιὸς τοῦ Σωκρατικοῦ διδασκαλείου (vd. anche test. 8c*), il testo degli scolî si presenta tormentato. L’improbabile κωμῳδοῦ υἱός tramandato da V, il manoscritto che riporta gli scolî nella forma più esauriente, è emendato da Dindorf con κωμῳδοποιός sulla base degli altri manoscritti e della Suda. Snell–Kannicht notano «certe his e verbis concludi non potest Agathonem comicum fuisse», segnalando come erronee le conclusioni tratte da Tzetzes dagli scholl. vett. (Tzetzes schol. in Aristoph. Ra 83a, adn. ad 83a p. 726 Koster) sul fatto che Agatone fosse anche commediografo. Gli editori ipotizzano un emendamento del testo in ἦν δὲ καὶ κωμῳδοποιὸς <λέγων αὐτὸν> τοῦ Σωκρατικοῦ διδασκαλείου (‘c’era anche un poeta comico che lo definiva di scuola socratica’), sottraendo ad Agatone la qualifica di poeta comico.56 Furono probabilmente gli esegeti antichi ad attribuire ad Agatone una doppia attività poetica, tragica e comica, sulla base di un’interpretazione erronea del finale del Simposio platonico.

I.2. Il trasferimento in Macedonia (testt. 7–11)

Test. 7 (5 S.–K.)

Praxiphanes fr. 18 Wehrli ap. Marcellin. Vit. Thuc. 29

συνεχρόνισε δὲ (Θουκυδίδης), ὥς φησι Πραξιφάνης ἐν τῷ περὶ ἱστορίας, Πλάτωνι τῷ κωμικῷ, Ἀγάθωνι τραγικῷ, Νικηράτῳ ἐποποιῷ καὶ Χοιρίλῳ καὶ Μελανιππίδῃ.

Come dice Prassifane nel suo libro Sulla storiografia, [Tucidide] fu contemporaneo di Platone comico, di Agatone tragico, di Nicerato epico e di Cherilo e Melanippide.

Interpretazione

La Vita Thucydidis attribuita al retore Marcellino (V sec. d.C.) riporta, citando Prassifane (IV–III sec. a.C., autore di un’opera περὶ ἱστορίας), che lo storiografo Tucidide fu contemporaneo di alcuni poeti, tra cui Agatone tragico. Prassifane fu un peripatetico, allievo di Teofrasto; la περὶ ἱστορίας è menzionata dalla sola Vita Thucydidis.1

La vita di Tucidide si colloca tra il 460 circa e il 400 a.C.2 Per quanto riguarda gli altri autori qui ricordati, il commediografo Platone, attivo ad Atene contemporaneamente ad Aristofane ed Eupoli, visse tra la metà del V sec. e il 390 a.C. circa.3 Di Nicerato, un autore di versi epici (ἐποποιός) originario di Eraclea Pontica, non si hanno molte notizie, se non quella relativa a una sua vittoria in un agone poetico tenutosi a Samo nel 404 a.C. (Plut. Lys. 18, 4s.); la sua data di nascita è da collocarsi plausibilmente intorno alla metà del V sec. a.C.4 Cherilo fu poeta epico proveniente da Samo e residente per un certo periodo, forse fino alla morte, alla corte macedone di Archelao; la sua vita si colloca tra gli anni 468–465 e 404–399 a.C.5 L’ultimo autore menzionato è Melanippide, compositore di ditirambi annoverato nel gruppo di poeti che segnarono lo sviluppo di questo genere letterario tra la seconda metà del V e l’inizio del IV sec. a.C., soprattutto attraverso innovazioni in campo metrico–musicale. Per il periodo di attività poetica di Melanippide si ipotizza la seconda metà del V sec.6

Per l’interpretazione del passo, una prima linea di pensiero – già di Preller, ampliata e argomentata da Wilamowitz e Hirzel e accettata da Wehrli – consiste nell’ipotizzare che nella περὶ ἱστορίας di Prassifane gli autori menzionati si riunissero presso la corte di Archelao, re di Macedonia dal 413 al 399 a.C.7 L’opera del peripatetico prenderebbe spunto dalla situazione della corte macedone alla fine del V sec. a.C., quando Archelao, secondo un disegno di politica culturale volto a ellenizzare la Macedonia – zona considerata periferica dai Greci dell’epoca – radunò intorno a sé intellettuali e artisti provenienti da città greche.8 La tradizione di un soggiorno macedone esiste per Tucidide, per Cherilo, per Melanippide e per Agatone. Tra i poeti attivi alla corte di Archelao troviamo anche Euripide (non menzionato da Prassifane).9 La notizia non è invece attestata per Nicerato e per Platone.10 Tale interpretazione si fonda sulla menzione di Archelao subito dopo l’elenco degli autori, alle ll. 2s. del fr 18 Wehrli di Prassifane (ap. Marcell. Vit. Thuc. 30).11 Il verbo συγχρονίζω indicherebbe la simultanea presenza dei personaggi citati alla corte di Archelao.12 Non accetta tale interpretazione del passo Aly, il quale per Nicerato e Platone nega qualunque nesso con la corte di Archelao e considera azzardata l’ipotesi di ricostruire l’opera di Prassifane come la messa in scena di un incontro in Macedonia di tutti questi autori; Prassifane avrebbe usato συγχρονίζω per indicare che, in base ai suoi calcoli, gli autori citati sarebbero vissuti nel medesimo periodo.13 Il riferimento ad Archelao sarebbe stato riportato da Marcellino in una forma abbreviata e sarebbe da leggersi in riferimento solo ad alcuni dei nomi presenti, tra cui Agatone. Siamo in ogni caso di fronte a una fonte che lega il nome del poeta tragico a una generazione di autori vissuti nella seconda metà del V sec. a.C., alcuni attivi anche nei primi anni del IV sec., e al contesto della corte macedone di Archelao.

Test. 8a (7a S.–K.)

Aristoph. Ra. 83–85 (a. 405)


Ἡρακλῆς Διόνυσoς Ἡρ. Δι. Ἀγάθων δὲ ποῦ ‘στιν; ἀπολιπών μ’ ἀποίχεται, ἀγαθὸς ποιητὴς καὶ ποθεινὸς τοῖς φίλοις (σοφοῖς schol. VE ad 84). ποῖ γῆς ὁ τλήμων; 85 εἰς μακάρων εὐωχίαν.


Eracle Dioniso Er. Di. E Agatone dov’è? Abbandonatomi se n’è andato un buon poeta, rimpianto dagli amici. In quale angolo della terra, il disgraziato? 85 Al banchetto dei beati.

Interpretazione

Nel 405 a.C. Aristofane presenta in occasione delle Lenee le Rane, commedia che mette in scena la catabasi di Dioniso, desideroso di riportare ad Atene Euripide, in assenza di altri poeti tragici di buon livello. Per realizzare il piano, la divinità chiede aiuto a Eracle; ha luogo una discussione sul contemporaneo panorama teatrale ateniese, con la menzione di rinomati poeti tragici, tra cui Agatone.

Al v. 83, l’espressione ἀπολιπών μ’ ἀποίχεται è definita da Del Corno come connotata da «un tono da epitafio», in quanto Agatone «si era trasferito altrove, era come morto per il teatro ateniese».14 Il verbo ἀποίχομαι, ‘andarsene’, a seconda del contesto può esprimere l’allontanamento di una persona tanto da un luogo quanto dalla vita stessa.15 L’ambiguità del termine permette un gioco di parole tra l’allontanamento geografico e la morte. Secondo Lévêque tuttavia il ricorso alle forme composte dei verbi ἀπολείπω e ἀπολαμβάνω, nonché la domanda ποῦ’ στιν, con il ricorso a un avverbio di luogo, spingono a interpretare i tre versi come espressione di allontanamento geografico. Gli scolî e il dialogo di apertura del Simposio di Platone (vd. test. 9) confermano l’interpretazione di un semplice allontanamento fisico di Agatone da Atene.

Al v. 84, il testo tramandato dai codici e accettato da Wilson è ποθεινὸς τοῖς φίλοις, mentre negli scolî appare la variante σοφοῖς. Dover mette a testo τοῖς φίλοις, considerando σοφοῖς una glossa oppure una variante.16 Del Corno, seguendo Dobree, sceglie di mettere a testo σοφοῖς, lezione segnalata negli scolî dei manoscritti V ed E, ritenendo che il φίλοις dei codici sia il risultato di un’interpolazione forse causata dall’inserzione nel testo di una segnalazione, in origine a margine, di un passo parallelo euripideo, il v. 320 delle Fenicie.17 In ambito funerario – argomenta Dover – l’espressione ποθεινὸς τοῖς φίλοις (o equivalenti) è diffusa: ποθεινὸς ἐὼν σοῖ–/[σι φίλο]ις (IG II/III² 6004, vv. 7s.); φίλοις ἐρατός (SEG LV 723, v. 10); φίλοις πᾶ–/σι ποθεινὸς (IK Knidos I 304, vv. 8s.). D’altro canto, la lezione σοφοῖς ha carattere meno generico e ben si adatterebbe alle note frequentazioni da parte di Agatone dei sofisti, suoi maestri, e della cerchia socratica (vd. anche testt. 2s. 17). La formulazione non resta senza attestazione: φίλον καὶ π[ᾶσι]/[σ]<ο>φοῖσι (IGLSyr 4 1350, vv. 4s.). Considerata tuttavia l’unanimità della tradizione manoscritta e l’assenza di validi motivi per pensare a φίλοις come a una corruttela, si accetta la lezione tràdita.

Il v. 85 continua a giocare sull’ambiguità tra partenza e dipartita. Alla domanda posta da Eracle, verso quale parte della terra se ne sia andato Agatone, definito τλήμων alla stregua di un morto o di un eroe tragico, 18 Dioniso risponde ἐς μακάρων εὐωχίαν. La morte di una persona è definita frequentemente in iscrizioni funerarie come un viaggio verso le isole (o l’isola) dei beati, εἰς μακάρων νήσους/νῆσον.19 È qui richiamata da un lato la tradizione greca secondo la quale, dopo la morte, le anime dei giusti saranno accolte nelle isole dei beati;20 dall’altro lato, l’accostamento di εὐωχίαν e μακάρων si avvicina invece ad alcune espressioni formulate in contesti satirico–parodici. Due esempi sono: ἐν μακάρων δείπνοις nella lunga citazione, presso Ateneo, dell’autore di parodie epiche Matrone (fr. 1 v. 67 Olson–Sens = SH 534 v. 67), e εἰς τῶν μακάρων συμπόσιον nella Storia vera di Luciano (VH 2, 11). In questo modo, l’ambiguità morte/allontanamento dei tre versi aristofanei non si scioglie, ma acquisisce anche una sfumatura comica, considerando che il pubblico di Aristofane era consapevole della sorte di Agatone in quel momento: gli scolî alle Rane spiegano che il poeta si era trasferito presso la corte macedone di re Archelao (vd. testt. 7. 8b), e già Ritschl ipotizzava nell’assonanza tra μακάρων e Μακεδόνων/Μακεδών un richiamo a questo spostamento.21 Le Rane testimoniano dunque che all’inizio del 405 a.C. Agatone aveva già lasciato Atene.

Test. 8b (7b S.–K.)

Scholl. vett. RVMEΘBarb (Ald) Aristoph. Ra. 85a–b Chantry; scholl. recc. Reg Aristoph. Ra. 83a*; 85c* Chantry (cf. 8c*)

Schol. vet. 85a ποῖ γῆς ὁ τλήμων; R – ἐς μακάρων EBarb εὐωχίαν MEBarb: ὡς περὶ τετελευτηκότος λέγει, ὡς ἂν εἶπε “τὰς μακάρων νήσους”. RVMEΘBarb(Ald)

Schol. vet. 85b ὅτι Ἀρχελάῳ τῷ βασιλεῖ μέχρι τῆς τελευτῆς, μετὰ ἄλλων πολλῶν συνῆν ἐν Μακεδονίᾳ, καὶ “μακάρων εὐωχίαν” ἔφη τὴν ἐν τοῖς βασιλείοις διατριβήν. RVMEΘBarb(Ald)

Schol. rec. 83a* Ἀγάθων] ὁ Ἀγάθων οὗτος ποιητὴς ἦν κωμῳδίας δεξιὸς καὶ τὸν τρόπον ἀγαθός (cf. test 6). κατηγορήθη δὲ ὅτι ἀπέδρασε πρὸς τὸν βασιλέα τῶν Μακεδόνων Ἀρχέλαον Reg

Schol. rec. 85c* ἐς μακάρων εὐωχίαν] τοῦτο διχῶς νοεῖται, ἢ ὅτι ἐτελεύτησε καὶ ἀπῆλθε πρὸς τὰς Μακάρων νήσους, αἵτινές εἰσι περὶ τὰ νοτιώτερα μέρη τοῦ Ἑσπερίου Ὠκεανοῦ, ἔνθα ἔλεγον οἱ Ἕλληνες ἀπάγεσθαι τοὺς χρηστοὺς τῶν ἀνθρώπων, ἢ ὅτι ἀποδρὰς σύνεστιν Ἀρχελάῳ τῷ τῶν Μακεδόνων βασιλεῖ, συνευωχούμενος αὐτῷ μετὰ πολλῶν ἄλλων, καὶ διὰ τοῦτο “εὐωχίαν Μακάρων” καλεῖ τὴν ἐν τοῖς βασιλείοις ἀναστροφήν. Reg

Schol. vet. 85a In quale angolo della terra, il disgraziato? — Al banchetto dei beati: parla come di uno che è morto, come avrebbe potuto dire “le isole dei beati”.

Schol. vet. 85b Poiché visse insieme a molti altri presso re Archelao, in Macedonia, fino alla morte, e chiamava “banchetto dei beati” il modo con cui si viveva presso il palazzo del re.

Schol. rec. 83a Questo Agatone era un abile compositore di commedie ed eccellente nello stile. Fu accusato di essere fuggito presso il re dei Macedoni Archelao.

Schol. rec. 85c Questo si può intendere in due modi, o che morì e se ne andò nelle isole dei beati, le quali si trovano nelle zone più meridionali dell’Oceano Occidentale, dove i Greci dicevano che erano portate le persone buone, oppure che, fuggito, vive presso Archelao re di Macedonia, banchettando con lui, insieme a molti altri, e per questo chiama “banchetto dei Beati” lo stile di vita presso il palazzo regale.

Interpretazione

Gli scholl. vett. RVMEΘBarb(Ald) Aristoph. Ra. 85a–b Chantry legano l’espressione μακάρων εὐωχίαν alla tradizione che colloca la residenza dei defunti nelle isole dei beati (vd. test. 8a) e constatano che Dioniso parla di Agatone come di un morto (85a: ὡς περὶ τετελευτηκότος). Lo scoliasta segnala così il tono funerario del richiamo di Dioniso ad Agatone, ma immediatamente dopo chiarisce il vero motivo dell’assenza del poeta: il tragediografo non si trova ad Atene non perché sia morto, bensì a causa del suo trasferimento presso la corte di Archelao, re di Macedonia (vd. anche testt. 5. 15s. 17). Lo scoliasta afferma inoltre (85b) che Agatone soggiornò presso Archelao sino alla propria morte (μέχρι τῆς τελευτῆς), avvenuta presumibilmente prima del 399 a.C., anno del decesso di Archelao:22 una volta partito, il tragediografo non fece più ritorno ad Atene. Lo schol. RVMEΘBarb (Ald) ad 85b continua ricordando come, in Macedonia, il poeta vivesse insieme a ‘molti altri’, da identificare con poeti, artisti e intellettuali che Archelao aveva invitato presso di sé, tra i quali si annoverano Euripide, Timoteo e Cherilo.23 Sembra che il gruppo di persone riunite dal re costituisse una comunità artistico–intellettuale ospitata nel palazzo regale in virtù della politica culturale promossa da Archelao.24 Lo scoliasta chiarisce l’espressione μακάρων εὐωχίαν come metafora dello stile di vita che si teneva alla corte macedone e che diede origine a diversi aneddoti, come il dono della coppa d’oro a Euripide (Plut. apophth.reg. 177a), o il bacio dato da Euripide ad Agatone (vd. test. 15a).

Gli scholl. recc. Reg ad 83a. 85c25 riferiscono dell’allontanamento di Agatone da Atene in termini simili agli scholia vetera, ma con una precisazione in più. Lo schol. 83a informa che Agatone κατηγορήθη ὅτι ἀπέδρασε, fu accusato di essere fuggito presso Archelao. ἀποδιδράσκω, da cui l’aoristo ἀπέδρασε,26 ha il significato di ‘fuggire’ solitamente con una sfumatura di segretezza.27 La iunctura di ἀποδιδράσκω e il verbo semplice οἴχομαι si trova, sempre in Aristofane, al v. 196 delle Ecclesiazuse, ἀποδρὰς ᾤχετο, riferito all’oratore in fuga per aver appoggiato davanti all’assemblea la conclusione di un’alleanza, oggetto in seguito del pentimento degli Ateniesi.28 Tornando allo scolio, la subordinata con predicato ἀπέδρασε è dipendente dall’aoristo passivo κατηγορήθη, che può essere interpretato secondo Lévêque in due modi. Lo scoliasta potrebbe affermare che Dioniso signore del teatro accusi il suo servitore Agatone di essersene andato di nascosto, «comme un esclave fugitif».29 L’altra possibilità consiste invece nel leggere lo scolio non in relazione alla finzione scenica, ma come informazione di carattere storico: in tal caso, l’allontanamento di Agatone non sarebbe interamente frutto della volontà del poeta, ma sarebbe la conseguenza di un’accusa di carattere politico, ufficiale o ufficiosa, dovuta alla frequentazione di uomini appartenenti alla fazione oligarchica.30

Lo schol. rec. Reg ad 85c propone due spiegazioni alternative per l’affermazione ἐς μακάρων εὐωχίαν. La prima, fedele alla tradizione funeraria, argomenta che un possibile significato del passo sia ‘morì e se ne andò alle isole dei beati’ (ἐτελευτήσε καὶ ἀπῆλθε πρὸς τὰς μακάρων νήσους). La seconda invece si allinea agli altri scolî al passo e ripropone la notizia della fuga presso Archelao. Sebbene lo schol. rec. Reg ad 85c lasci trasparire l’incertezza dello scoliasta per l’interpretazione da attribuire al passo aristofaneo, gli altri scolî vi leggono un riferimento all’assenza di Agatone da Atene in seguito al trasferimento del poeta in Macedonia presso la corte di Archelao. A ciò si unisce il carattere comico che assume il passo, come dimostrano i paralleli di μακάρων εὐωχίαν (sopra citati) in ambito comico–parodico. Gli scolî confermano dunque l’interpretazione di Rane 83–85 come notizia del trasferimento di Agatone in Macedonia presso la corte di Archelao, testimoniando inoltre la tradizione della permanenza del poeta in questo luogo fino alla propria morte. Si può fissare – come già Lévêque – un terminus ante quem per il decesso di Agatone, avvenuto prima della scomparsa del suo protettore macedone, ossia il 399 a.C. Rimane incerta la possibilità di interpretare la ‘fuga’ da Atene come la conseguenza di un’accusa di carattere politico.

Test. 8c*

Suda α 124 Adler

Ἀγάθων· ὄνομα κύριον. τραγικòς δὲ ἦν· διεβέβλητο δὲ ἐπὶ μαλακίᾳ. Ἀριστοφάνης· Ἀγάθων δὲ ποῦ ‘στιν; ἀπολιπών μ’ οἴχεται. ποῖ γῆς ὁ τλήμων; ἐς μακάρων εὐωχίαν (Ra. 83–85). οὗτος ὁ Ἀγάθων ἀγαθὸς ἦν τὸν τρόπον, ποθεινὸς τοῖς φίλοις καὶ τὴν τράπεζαν λαμπρός. φασὶ δὲ ὅτι καὶ Πλάτωνος Συμπόσιον ἐν ἑστιάσει αὐτοῦ γέγραπται, πολλῶν ἅμα φιλοσόφων παραχθέντων. κωμῳδιοποιὸς Σωκράτους διδασκαλείου. ἐκωμῳδεῖτο δὲ εἰς θηλύτητα.

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