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La caduta degli Zhou

Nell’841 a.C. iniziano i documenti storici in Cina. Proprio in quell’anno, il re Li, che ha governato attraverso l’oppressione e le crudeli punizioni, subisce la prima rivoluzione nella storia della Cina. Un esercito ribelle di contadini e schiavi attacca il suo palazzo, costringendolo a fuggire. I duchi di Zhou e Zhao assumono il potere, rimanendo come sovrani fino all’anno 828 a.C.. Il potere degli Zhou è in continua diminuzione. Mentre dall’esterno subiscono i continui attacchi dei nomadi, all’interno le lotte di potere sono sempre più intense.

La dinastia Zhou cadde definitivamente nel 771 a. C. quando la capitale Hao fu attaccata e saccheggiata dai Quan Rong, uno dei popoli nomadi situati ad ovest, forse istigato dai membri della stessa famiglia reale e dai più potenti ducati. King You viene ucciso durante l’attacco e la città completamente rasa al suolo, fatto questo che costringerà il suo successore, King Ping, a lasciare per sempre la casa dei suoi antenati. Lo storico cinese Sima Qian lo descrive in poche parole: “il potere della Casa Zhou è diminuito; i grandi signori feudali usarono la loro forza per opprimere i deboli. Le terre di Qi, Chu, Jin e Qin iniziarono a crescere in grandezza.“

I Qin, discendenti di un lontano parente della famiglia imperiale, avevano ricevuto come feudo le terre situate a ovest della capitale, da dove provenivano gli attacchi dei nomadi. Il loro successo nel proteggere il confine, dove avevano sconfitto i nomadi in numerose occasioni, li portò ad essere nominati “Guardiani delle frontiere occidentali”, e proprio qui divennero sempre più potenti. Alla caduta di Hao a causa dell’attacco del Quan Rong, furono loro a proteggere il re Ping in fuga verso la nuova capitale, Luoyang. Da allora rimangono signori delle terre a ovest del fiume Giallo, su entrambe le rive del fiume Wei. Ancora una volta, sembra che le differenze dentro la classe dominante e le successive lotte della stirpe reale abbiano tanto a che fare con la caduta dello Zhou quanto con l’attacco dei Quan Rong. La leggenda racconta che il duca di Sheng, alleato dell’imperatrice, indignata che il re avesse dato potere alla figlia di una concubina, favorì o istigò l’attacco dei Quan Rong. In realtà, la situazione politica si era completamente trasformata, i sempre più potenti Qin dominavano indiscutibilmente il bacino del fiume Wei. La presenza degli ultimi rappresentanti discendenti degli Zhou occidentale nel loro territorio era un anacronismo. L’attacco dei Quan Rong sembra solo il pretesto usato dai Qin per accompagnare King Ping nella decadenza. Con lo spostamento della capitale a Luoyang inizia il periodo degli Zhou orientali, però è evidente la debolezza reale e il sempre più ampio potere dei feudi, l’impero si sgretola con una forza centrifuga. Il potere degli Zhou in effetti scompare con la caduta di Hao. Da Luoyang solo governano su un piccolo territorio che circonda la città stessa. La caduta è inevitabile; saranno imperatori nominali fino al 256 a. C., ma il loro potere è inesistente.

Il ruolo dei suoi successori sarà puramente rituale e religioso per i secoli a venire.

In effetti, il potere degli stati è diventato troppo grande per essere controllato da un Re che geograficamente risulta distante. Gli stati sono costantemente impegnati in scaramucce con i popoli esterni, e non sono disposti a sostenere una monarchia debole che non porta nessun beneficio. Delle quasi 1.500 entità politiche stabilite all’inizio di questa dinastia, solo poco più di 100 rimangono dopo la caduta di Hao, di cui solo una manciata è politicamente importante. Alla fine della dinastia Zhou occidentale, la Cina è ancora un amalgama di popoli diversi, nominalmente dominati dai signori che vivono nelle capitali fortificate come delegati dell’imperatore e che a loro volta delegano il governo ai loro fedeli in modo piramidale.

All’inizio della dinastia Zhou, la crescita territoriale del mondo cinese è prodotta proprio dall’espansione effettuata da numerosi stati grandi e piccoli, e dall’incorporazione di popoli esterni alla loro cultura. Alla fine di questo periodo iniziano gli scontri tra gli stati già stabilitisi come tali; questi sono già familiarizzati con la guerra e ne seguono le norme, un codice che deve molto ai riti sviluppati dai primi re e che si svilupperà nei periodi futuri.

Con la fine della dinastia Zhou finisce il periodo denominato delle Tre dinastie nella storia classica cinese; un concetto questo che si avvicina più alla storia romantica che alla realtà dei fatti, una storia costruita su leggende e periodi dorati.

Il largo cammino all’unità

Primavere e Autunni

Con la caduta di Hao e il trasferimento della capitale a Luoyang, inizia il periodo della dinastia Zhou orientale. È infatti con la caduta della capitale Hao che la dinastia Zhou perde gradualmente quel poco potere che aveva ancora, quindi gli storici optano per dividere il tempo in due epoche: il periodo delle Primavere e Autunni (771-479 a.C.), e periodo dei Regni Combattenti. (479-221 a.C.).

Il primo prende il nome dal libro con lo stesso titolo che fornisce la maggior parte delle informazioni che abbiamo di quegli anni. Tuttavia, il processo che si verifica in entrambi i periodi è molto simile. Si potrebbe dire che narrano le intricate relazioni tra quattro regni fondati alla periferia dell’impero Zhou e i loro continui conflitti per imporsi agli altri e alla fine raggiungere il dominio di tutta la Cina. Questi regni sono di Qin, Jin, Qi y Chu. Tutti loro si sono sviluppati durante la dinastia Zhou, sulla base di entità politiche territoriali, alcuni addirittura fanno risalire il loro albero genealogico fino a tempi più remoti, imparentando i loro Re con le dinastie mitologiche dell’antica Cina. Distaccano in questo periodo, costellato di autonomie territoriali, proprio per l’essere lontani dalla capitale spirituale di Luoyang e per gli innumerevoli contatti con le popolazioni di frontiera nomadi. Questa situazione territoriale, ai margini dei confini cinesi, è la causa della loro formidabile crescita.

Questo processo di concentrazione del potere è un gioco politico che dura per lungo tempo, in cui sono coinvolti sia le popolazioni barbariche e gli stessi cinesi. Alcune di queste popolazioni si stanno lentamente integrando nella corrente della cultura cinese grazie a questi stati di frontiera, altre le resistono e le combattono.

All’interno del lento processo di formazione di queste entità politiche, gli stessi villaggi saranno nemici e alleati in momenti diversi. Alla fine, coloro che non si integrano finiranno per essere espulsi e le loro terre conquistate, costringendoli a spostarsi sempre più lontano dal loro confine. Nonostante l’espulsione dai confini, il rovescio della medaglia sarà l’influenza delle popolazioni nomadi su questi stati di frontiera che saranno sempre più lontani dalla Cina ortodossa del centro, dove l’essenza della cultura Zhou rimane invariata.

Tra questi stati si crea una rivalità che però raramente porta a uno scontro aperto. Alcuni rappresentano la tradizione, altri la novità; alcuni il centro della cultura, altri il centro della forza; alcuni possono essere considerati cinesi puri, altri sono meticci con le numerose popolazioni di confine; alcuni assumono il ruolo statico che li corrisponde dopo la distribuzione dei feudi dei primi Re Zhou, altri, in continua espansione, hanno a lungo messo in dubbio la validità di quei feudi. Questa frammentazione si gioca sullo scacchiere del territorio cinese e rappresenta le nuove relazioni di nuovi stati con gli stati considerati propriamente cinesi. Da una parte si inglobano i piccoli territori, i principati che si trovano nelle vicinanze delle frontiere. Le frontiere dello Stato principale, quindi, sono separate da piccoli stati che fanno da cuscinetto. Da qui è proprio dove inizia la rivalità tra gli stati più grandi, i quali cercano di legittimare la loro esistenza e giustificare le campagne militari con un’associazione al potere spirituale dello stato degli Zhou, vestigia di un modello di unità.

Questo processo di unificazione continua di modelli politici riduce i quasi duecento principati o una ventina nel 500 a.C., dei quali realmente importanti sono solo sette. Le brevi campagne militari che si svolgono durante le Primavere e gli Autunni forniscono una conquista per i vincitori che non viene automaticamente accettata da tutti, né dai conquistati né dalle altre potenze, situazione questa che porta alla continua guerra stagionale.

I principali ducati della Primavere e Autunni

Qin, è uno stato che si trova nel bacino del fiume Wei, nella provincia di Shaanxi, è uno stato semi cinese semi turco. I loro governanti, che in un primo momento si occupavano di allevare cavalli per gli imperatori, successivamente proteggono la frontiera occidentale dagli attacchi dei popoli esterni, guadagnano il titolo ereditario di Guardiani dei Confini. Popoli di origine nomade, erano imparentati con altri popoli di origine turca che abitavano le steppe situate nel nord e nell’ovest della Cina e forse con altri di origine indoeuropea che, come gli Yuechi o i Tocari, vivevano nelle vicinanze.

I Qin erano già praticamente diventati i proprietari di quel territorio ancestrale degli Zhou, e non appena gli imperatori Zhou furono costretti a lasciare la loro capitale dai Rong (con l’acquiescenza dei Qin), presero il loro posto.

Jin, che si trova nell’odierna provincia dello Shanxi, risale alla fondazione della dinastia Zhou, quando un ramo della famiglia imperiale era stato inviato per governare la regione, uno dei luoghi in cui la sua conquista aveva incontrato la maggior resistenza. Lì, per secoli, i duchi di Jin hanno giocato un ruolo importante nel controllo delle tribù turche e tartare che minacciavano il cuore dell’impero. I Jin hanno anche ampliato la loro base territoriale grazie a numerose alleanze con i popoli nomadi dei confini, l’integrazione di alcuni territori nuovi, e l’assorbimento di alcuni piccoli stati della popolazione cinese, fino ad avere un confine ad ovest con i Qin. Una delle sue principali ricchezze si ottiene dall’allevamento di cavalli.

Ad est dei Jin c’era il regno degli Yan, più o meno nella regione in cui si trova attualmente Pechino. Era stato donato come feudo a un caro amico dell’imperatore quando fu fondata la dinastia; era in contatto con i Manciù e le tribù coreane che si stavano ritirandosi nella penisola, nonché con altri popoli nomadi ai quali era vetato l’accesso al cuore dell’impero. Troppo lontano dal centro rituale del potere, durante questi anni si concentrò sul garantire il suo dominio tra le tribù della zona.

A sud degli Yan, nell’odierna provincia dello Shandong, si trovava lo stato dei Qi. Era stato dato come un feudo per premiare i suoi servizi a un consigliere del primo imperatore degli Zhou originario di quelle terre. Quello che all’inizio della dinastia era una regione remota con una piccola popolazione cinese circondata da popoli barbari, era diventato alla fine il più prospero e avanzato degli stati in lotta per il potere. Nel Qi cresce uno stato che, combinando la cultura cinese con le tradizioni locali, la violenza della conquista con la tentazione del commercio, si stava convertendo in un’unica cultura più o meno omogenea formata da piccoli stati dei quali non abbiamo più notizie. Uno dei più famosi di queste entità è lo stato Yi che aveva un ruolo importante durante le dinastie Xia e Shang.

Il confine settentrionale dei Qi divenne rapidamente il terzo punto di contenimento per i nomadi esterni, costringendoli a rafforzarsi sul terreno militare. Economicamente, vive un grande sviluppo grazie alla sua padronanza della metallurgia del ferro, al commercio del sale marino e all’espansione territoriale a spese delle città situate a nord e sud dei suoi confini. Per questo motivo, anche prima della fine della dinastia Zhou occidentale, i Qi erano già considerati praticamente indipendente.

Protetti da questa barriera di regni nel nord c’erano gli Zhou, il cui dominio era limitato alla regione vicino alla loro capitale Luoyang; gli eredi Song della dinastia Shang, ad est della capitale, e altri piccoli stati governati da membri della famiglia imperiale, come Cheng, Zheng, Wei, Ji e Lu. Erano gli stati considerati ortodossi della tradizione Zhou, in cui lo sviluppo culturale era in vantaggio rispetto al militare. La loro posizione centrale, non servirà a liberarli dagli attacchi dei barbari, poiché intorno a loro continuavano a esserci una serie di città che non partecipavano alla cultura cinese, abitanti delle terre meno produttive, foreste, montagne e paludi, i cui attacchi sono registrati durante questo periodo. A sud di Henan si estendeva un paese ricco di selva ed estremamente umido, abitato da miriadi di diverse tribù, tra cui sicuramente alcuni discendenti dei Miao. I loro resti archeologici sono attualmente sparsi a sud dello Yangtze; lì governava un unico capo investito dall’imperatore ma sopra il quale non aveva nessun potere, questo leader tribale riuscì a mantenere una certa alleanza tra le tribù della zona, aggregandole sotto il nome di cultura cinese, fatto questo che le mantenne unite. Era denominato paese degli Chu, considerati barbari dagli stati situati più a nord, nonostante i loro governanti si ritenessero discendenti diretti dal lignaggio reale. Erano differenti anche nell’aspetto fisico, la lingua, le abitudini e il credo religioso.

Chu era considerato da tutti gli altri stati come il regno selvaggio ed esotico, della selva e la magia, la musica e lo sciamanismo. Nonostante questo, il popolo degli Chu fu capace di mantenere la pace internamente ed assicurare le frontiere cinesi lungo la riva nord del fiume Yangtze. Nel VII secolo si considera che questo stato abbia la forza sufficiente per partecipare alle lotte intestine per il potere. Va detto che nella zona nord cinese i popoli sono più militarizzati ed organizzati, mentre nella zona sud sono più deboli da questo punto di vista e di più facile conquista per il popolo Chu.

È in questo contesto che situiamo il termine “barbaro”, inglobando un elevato numero di popoli differenti che non partecipano al mondo culturale cinese, che non usano il loro sistema di segni per la scrittura, che non considerano l’imperatore come il governante supremo né compartono il sistema liturgico e rituale. Poco si sa delle loro culture, dal momento che quel termine “barbaro” comprende un buon numero di popoli diversi, ma in alcuni casi, non avrebbe dovuto essere così arretrato quando il contatto con loro stimola lo sviluppo degli stati che competeranno per l’egemonia.

Il tempo degli egemoni

La crescente debolezza degli imperatori di Luoyang renderà necessario un protettore. All’inizio del VII secolo a.C., Qi venne in aiuto dell’imperatore per liberarlo dall’attacco dei Tatari; poco dopo, nell’anno 679 a. C. il duca Huan de Qi (683-643 a.C.), il cui padre aveva già agito come protettore imperiale in occasione di una disputa ereditaria, si proclama protettore.

Inizia così l’era degli egemoni, in cui i diversi stati, con il pretesto di diventare protettori dell’imperatore, affermavano il loro potere egemonico, convocando incontri periodici con i re degli altri stati in cui venivano concordate una serie di politiche comune, dove si decide il destino della Cina.

Il più grande merito del duca Huan sono le sue ripetute vittorie sui Tatari settentrionali che minacciano la Cina; infatti salva Yan dai suoi attacchi nel 662, risolve la situazione ereditaria di Wei nel 658, viene espulso dal suo paese dai nomadi e protegge ripetutamente l’imperatore dagli attacchi dei Tatari. Internamente, promuove il commercio e risolve le controversie tra Stati. Durante i suoi quasi quarant’anni di egemonia è assistito nella progettazione delle politiche da Guan Zhong, il cui libro, il Guanzi, un trattato sul buon governo, è un precursore delle opere successive di Confucio e altri filosofi. Grazie a questo burocrata intellettuale si iniziano ad utilizzare queste figure nella corte, ricorsi intellettuali di famiglie non nobili che partecipano al governo dello stato. La politica di Guan Zhong porta la prosperità allo stato dei Qi. Sviluppa l’agricoltura, il commercio e l’industria del sale. Qi è il più ricco ed importante stato cinese. Nella sua capitale arrivano commercianti da tutti gli stati. Per far si che lascino ingenti somme crea la prima casa di prostituzione. Stabilisce un fondo per alleggerire i poveri. Alla morte del duca di Huan, si sussegue un decennio di lotte e scaramucce per raggiungere la supremazia, fino al 636, quando il duca Wen di Jin presiede un concilio di tutti i principi, in nome dell’imperatore, dichiarandosi così l’egemone.

Questo sarà uno dei personaggi più curiosi dell’epoca. Raggiungendo il trono di Jin dopo 19 anni di vagabondaggio attraverso le diverse corti degli altri stati e alcune tribù tatare, ha una conoscenza precisa della realtà della Cina, ma nonostante abbia il rispetto degli altri stati, non ha il Mandato del Cielo, cioè non ha abbastanza forza militare alle spalle, né un’ambizione imperiale.

Gli succede il duca Mu di Qin, che sebbene non abbia mai presieduto ufficialmente consigli per conto dell’imperatore, durante il suo regno (659-621 a.C.) fu l’uomo più potente della Cina. Forse il suo più grande merito è stato l’espansione del territorio di Qin ad ovest, che ha probabilmente raggiunto punti lontani come Dunhuang, e le sue ripetute guerre con il vicino Jin.

L’ultimo degli egemoni è il duca Zhuang di Chu. Domina la Cina dal 597 al 591 a.C. ed estende i territori di Chu in tutte e quattro le direzioni, raggiungendo parti delle attuali province del Sichuan e del Guizhou.

Conferenza di pace

L’età degli egemoni non porta la pace in Cina. L’inimicizia quasi continua tra Jin e Chu, le controversie territoriali tra Qin e Jin e le politiche per influenzare Lu de Qi e Jin portano a uno stato di continuo confronto che trasforma gli accordi raggiunti nei consigli in parole al vento. Proprio lo scontro tra Jin e Chu segnerà la storia del VI secolo in Cina, interrotta solo dalla conferenza di pace indetta da Song nell’anno 546 a. C.

Le grandi rivalità sempre finiscono in sofferenza per i piccoli stati, nella nominata conferenza di pace si cercherà di dare un equilibrio politico all’epoca. Gli otto piccoli stati di Song, Lu, Zheng, Wei, Cao, Xu, Chen e Cai pagheranno tributi ai Chu e Jin, mentre i più potenti stati di Qi e Qin, tradizionali nemici di Chue Jin, si trasformeranno in alleati di quest’ultimi rispettivamente.

La pace esterna rivela solo le contraddizioni interne. In ciascuno degli stati, le famiglie nobili e i militari prendono il potere a spese dei duchi di un tempo, raggiungendo in alcuni casi, come a Jin, la disintegrazione che vedremo in seguito. Non è solo una lotta per il potere, è la fine della concezione di un mondo, in cui il potere politico esercitato dal re e dai nobili, dall’opera divina del Mandato del Cielo, risponde a potenti famiglie. Il rituale che aveva riempito le relazioni politiche degli anni precedenti si svuota. Sebbene molte delle sue forme esterne rimangano, la corsa al potere sembra aperta a tutti.

Le eccedenze di produzione, lo sviluppo dell’agricoltura e la prosperità raggiunta dalle entità politiche portano ad un aumento degli scambi commerciali, sia all’interno che tra i ducati e le contee. I mercanti diventano una classe potente, la cui influenza sta diventando evidente nella società. Vengono fondate numerose città: sono i centri in cui si svolgono gli scambi commerciali, dove si incontrano gli artigiani e si danno i primi servizi. Il commercio e gli scambi culturali continui rendono questo un momento di efficace fusione tra i popoli per formare la futura Cina, perché all’inizio di questi anni, nella maggior parte dei ducati, popoli di diverse etnie, culture e lingue che vivevano insieme, si fondono gradualmente.

Splendore del regno di Wu

Nel VI secolo, il regno di Wu, stabilitosi vicino a Suzhou, entrò nella scena politica cinese per mano di Jin, che dal 584 a. C. considerò il re di Wu, che era già stato in grado di sottomettere e unificare il piccolo tribù della zona, un prezioso alleato situato nelle retroguardie del loro nemico tradizionale Chu. Gli istruttori militari di Jin insegnano ai soldati di Wu come usare carri, archi e frecce. Wu, fondata secondo la leggenda da uno zio del re Wen di Zhou che si era esiliato nelle giungle meridionali per non creare conflitti ereditari, partecipò per quasi cento anni alla vita politica della Cina centrale.

In Wu si parlava una lingua diversa dal cinese e dal Chu. Numerose città selvagge vivevano ancora nelle loro terre. La sua capitale, nell’attuale città di Suzhou, circondata da un muro di otto chilometri, era una delle città magnifiche dell’epoca. Nel 506 a. C., sotto il re He Lu, un esercito guidato da Sun Wu, autore della famosa Arte della Guerra, sconfisse ripetutamente i Chu, conquistandone la capitale. Sarà sconfitto nel Chu con l’arrivo del suo alleato Qin. Tuttavia, Wu manterrà le sue aspirazioni a controllare i regni Qi e Lu nell’attuale provincia dello Shandong. Per il trasporto delle sue truppe, costruì uno dei primi canali della storia cinese, che comunicò il bacino del fiume Yangtze con il bacino del fiume Huai.

Il suo splendore durò pochi anni, i Chu gli restituiscono la giocata. Conquistano il regno degli Yue, nominalmente un vassallo di Wu, nella regione Shaoxing di Zhejiang contro i re di Wu, spostando la guerra nelle retroguardie. Wu è riuscito a sconfiggere Yue nel suo primo attacco nell’anno 484 a.C., ma finirà per scomparire come entità politica dopo un secondo e definitivo attacco nell’anno 473 a.C. Ci sono autori che sostengono che alcuni principi di Wu fuggirono via mare in Giappone, introducendo qui per la prima volta la cultura cinese.

Gli stessi Yue, che affermavano di essere imparentati con Yu il Grande, il fondatore della dinastia Xia, che secondo la leggenda erano andati a morire sulla loro terra, erano solo una piccola parte di una famiglia di popoli che abitava la regione costiera della Cina fino a Canton (attualmente noto con il soprannome di Yue) e Vietnam (chiamato in cinese Yue del Sud). Gli Yue riuscirono a estendere il loro dominio attraverso la regione costiera a nord delle loro terre d’origine, senza ottenere alcuna significativa incursione nell’entroterra. Dopo il loro breve splendore politico furono sconfitti e le tribù tornarono alla loro vita indipendente regioni originali. Più tardi saranno conosciuti come Baiyue (i Cento Yue).

Le guerre delle Primavere e Autunni

Le continue guerre di questo periodo sono regolate da codici cavallereschi che a volte si trasformano in combattimenti quasi rituali, durante i quali la vittoria è importante quanto raggiungerla attraverso un comportamento onorevole. Generalmente non si lesionava un duca già ferito, nessun attacco veniva fatto quando uno stato era in lutto per il suo principe, né si approfittavano disordini interni per lanciare attacchi.

Il carro era il principale mezzo di guerra. Ogni carro armato era servito da tre uomini e da altri 72 di fanteria. Gli eserciti di questo tempo non erano troppo grandi né rimanevano in campagna a lungo. Si stima che i più grandi eserciti abbiano contato 1.000 carri armati o 75.000 persone sul campo di battaglia.

Durante questi anni cominciò ad essere utilizzato il ferro. Primo tra tutti lo stato di Qi, dove il suo commercio divenne la prima causa di prosperità. Si utilizzò all’inizio per fondere le armi, poi la sua abbondanza consentì l’utilizzo in attrezzi agricoli, il che porta all’uso di animali da tiro per sgombrare il terreno e, di conseguenza, aumentare la produzione. Contemporaneamente, i contadini schiavi vengono sostituiti da agricoltori indipendenti, con la famiglia come unità di lavoro. Le prime tasse sui contadini furono introdotte nello stato di Lu nell’anno 594 a.C., pagavano al duca il 10% della resa fondiaria. Presto imitati anche dagli altri stati.

Gli schiavi aristocratici di un tempo si stanno trasformando in proprietari terrieri, la cui classe è affiancata da soldati che ricevono grandi appezzamenti di terra come ricompensa per i loro meriti, contadini in grado di accumulare terra e commercianti arricchiti con il traffico di bestiame, cereali, cavalli, seta, sale, ferro o gemme.

Costruzione delle muraglie

Fin dalle prime confederazioni di villaggio, i leader cinesi stanno sfruttando in modo massiccio il lavoro per ottenere miglioramenti nella canalizzazione, nell’irrigazione e nel controllo delle inondazioni, che generalmente si riflettono quasi immediatamente con l’aumento della produzione agricola. Le prime città emergono come centri di potere da cui la classe militare protegge e controlla i suoi contadini, e dove i tesori dei proprietari terrieri, e le eccedenze agricole del popolo vengono custodite dalle muraglie attorno all’urbe. Quasi tutte le città di questo tempo sono circondate da un muro, generalmente costruito aggiungendo strati di terra pressata. Sempre si è considerato che le muraglie abbiano avuto un ruolo prettamente difensivo, oggi questa teoria è indiscussa. In molte occasioni la costruzione delle mura segue l’istituzione di nuove colonie nelle terre recentemente conquistate dei popoli del nord. Ciò che li rende un elemento di difesa delle colonie stabilite nelle terre conquistate. La notizia delle prime costruzioni di muri tra stati risale al VII secolo per contenere i barbari del nord. Da qui in poi le costruzioni delle muraglie si moltiplicano su tutto il territorio, sia per difendersi dall’esterno che per mantenere i confini con gli altri stati cinesi. Le fortificazioni fioriscono nell’epoca dei Regni Combattenti. Così che Qin costruisce una muraglia nel IV secolo dopo la conquista del territorio Gansu per proteggerlo dalle tribù alleate con i Wei. Ai Wei gli corrisponde nel 353 a.C. una gran curva sul fiume Giallo; Zhao costruisce poco dopo (333 a.C.) nella frontiera di Shanxi per difendersi dagli Qwei e un’altra ad est (291 a. C.) per proteggersi da Yan; Qi nel frattempo aveva costruito una muraglia di più di 500 km nel V secolo per proteggersi dagli Chu, che a sua volta costruirono una muraglia a nord ovest di Hubei per proteggersi dagli stati centrali.

Le relazioni tra i popoli erano comunque abbastanza strette, tra nomadi e cinesi. La presenza dei nomadi è una costante in questo periodo, a volte come nemici e a volte come alleati, sviluppano diversi ruoli nella società e nei regni di frontiera. Tanto Qin come Jin sono in parte popolati da questi nomadi, gradualmente assorbiti, generalmente in forma pacifica. Tuttavia, conosciamo a malapena l’identità delle persone che vivevano su quei confini, poiché la maggior parte delle cronache cinesi assegna loro un nome generico. Neanche gli storici occidentali specificano molto; secondo loro, da est a ovest si può contare sulla presenza di coreani, tunghi, turchi-mongoli, turchi-tibetani e tibetani.

Mentre i cinesi si proteggevano con i muri dai barbari esterni, lentamente assimilavano le popolazioni dei barbari interni, integrandole efficacemente sull’onda del mondo cinese.

La vita quotidiana nelle Primavere e Autunni

L’unità sociale era la famiglia allargata, che viveva insieme nel villaggio, circondato da una recinzione. Composto da un numero variabile di case monolocali, con un buco al centro del tetto per far fuoriuscire il fumo dal focolaio, una porta a est e una piccola finestra a ovest. Ogni casa aveva un piccolo recinto in cui venivano piantati alberi di gelso. Le coltivazioni erano nelle parti inferiori, in esse a volte c’erano altre semplici costruzioni dalle quali gli uomini vigilavano sulle loro colture. Durante i mesi di attività agricola, gli uomini vi si trasferiscono e le donne gli portano i viveri. Dopo il raccolto, gli uomini tornano al villaggio per riposare. Il momento più intenso per le donne era la dedicazione alla tessitura degli abiti. In questo modo, l’alternanza delle stagioni segna la rotazione dell’attività delle persone e il ritmo produttivo di entrambi i sessi.

“Tutte le donne sono chiamate madri, di cui la più importante non è quella che dà la vita, ma la più anziana”. Il villaggio è rappresentato dal membro più anziano della generazione più anziana, considerato un padre, che da nome alla famiglia e al villaggio. Per la maggior parte dell’anno, le persone hanno rapporti solo all’interno della loro famiglia, ma dato il divieto di matrimonio tra i membri della stessa, la metà dei giovani lascia il proprio villaggio per sposarsi in un villaggio vicino. All’inizio, poiché la donna possiede la casa, furono gli uomini che andarono nei villaggi vicini, dove non avevano alcun diritto, poi con il consolidamento del patriarcato tra i cinesi, sono le giovani donne che se ne vanno ai villaggi vicini, creando uno scambio di coppie tra le famiglie.

Le relazioni tra i villaggi sono cementate nelle orge che si celebrano in quei momenti di festa, sono grandi feste sessuali in cui si svolgono gli scambi matrimoniali. Sono i momenti che spezzano la monotonia della vita quotidiana e che stimolano fortemente la capacità creativa degli individui. Per incoraggiare gli abitanti del villaggio a incontrare estranei di altri villaggi, il luogo di incontro è stato reso sacro. Dopo una prima unione durante la primavera, il matrimonio si celebrerà in l’autunno. (Granet)

La religione che prevale è il culto agli antenati. Mentre il popolo continua a venerare le forze della natura, da cui dipendono i loro raccolti e la propria sopravvivenza; le classi nobili mantengono un culto agli antenati, il cui più alto esponente è il Re.

Lo sviluppo economico in questo periodo è enorme. Il commercio tra Stati crea maggiore integrazione che lo stabilitosi con trattati ed alleanze. Tra la nobiltà aristocratica e una massa di servi sempre ai margini della sopravvivenza, emerge la classe degli artigiani, mercanti, funzionari e intellettuali.

399
477,84 ₽
Возрастное ограничение:
0+
Дата выхода на Литрес:
08 октября 2020
Объем:
370 стр. 1 иллюстрация
ISBN:
9788835411215
Правообладатель:
Tektime S.r.l.s.
Формат скачивания:
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