promo_banner

Реклама

Читайте только на ЛитРес

Книгу нельзя скачать файлом, но можно читать в нашем приложении или онлайн на сайте.

Читать книгу: «I misteri del castello d'Udolfo, vol. 4», страница 7

Шрифт:

Muta, interdetta, tornò vicino al fuoco. Valancourt, inquieto, turbato, camminava a gran passi per la stanza, come se avesse temuto e desiderato di parlare. Teresa esprimeva senza ritegno la gioia e la sorpresa che le cagionava il suo arrivo.

« Oh! mio caro benefattore, » diceva essa, « io non sono mai stata così contenta come in questo punto. Poco fa eravamo immerse ambedue nella massima afflizione per causa vostra; credendo che foste morto, parlavamo di voi, e piangevamo insieme; in quella appunto bussaste alla porta: la mia cara padrona versava calde lagrime. »

Emilia guardò Teresa in atto di disapprovazione; ma, prima ch'ella potesse parlargli, Valancourt, incapace di contenersi ulteriormente, esclamò:

« Mia Emilia, vi son io dunque tuttavia caro? Voi mi onorate d'un pensiero, d'una lagrima! O cielo! Voi piangete, anche adesso piangete!

– Signore, » disse Emilia, procurando di frenare il pianto, « Teresa ha ben ragione di ricordarsi di voi con gratitudine. Ella era afflittissima di non aver avuto vostre notizie: permettetemi che vi ringrazi anch'io di tutte le bontà di cui la colmaste. Ora son tornata, e spetta a me di averne cura.

– Emilia, » le disse Valancourt, non sapendo più contenersi, « così accogliete voi colui che già una volta volevate onorare della vostra mano, colui che vi ha amata tanto, e che tanto ha sofferto per voi? Ma che potrò io allegare in mia difesa? Perdonatemi, signora, perdonatemi, non so più quel che mi dica: non ho più diritto ai vostri pensieri: ho perduto tutti i miei titoli alla vostra stima e al vostro amore. Sì, ma non oblierò mai d'averli posseduti un tempo; la certezza di averli perduti, forma ora la mia più crudele disperazione, il mio maggior tormento.

– Ah! mio caro signore, » disse Teresa prevedendo la risposta di Emilia, « voi parlate di aver già posseduto i suoi affetti… Anche adesso, sì, anche adesso, la mia padrona vi preferisce al mondo intiero, quantunque non voglia confessarlo.

– Ciò è veramente insopportabile, » disse Emilia. « Teresa, voi non sapete che cosa vi dite. Signore, se avete qualche riguardo, alla mia tranquillità, spero non vorrete prolungare questo momento doloroso.

– Io la rispetto troppo per turbarla volontariamente, » rispose Valancourt, il cui orgoglio lottava allora colla tenerezza; « non mi renderò volontariamente importuno. Vi aveva chiesto qualche istante d'attenzione, ma a che mi gioverebbe? Raccontandovi i miei affanni, non farei che avvilirmi vie maggiormente, senza eccitare la vostra pietà. Sappiate però, Emilia, che fui, e sono ben disgraziato! »

La sua voce vacillante divenne allora l'accento del dolore. Volse uno sguardo disperato alla giovine, e s'accinse a partire.

« Come! » soggiunse Teresa, « volete uscire con questa pioggia! No, no, il mio caro benefattore non deve allontanarsi in questo momento. Mio Dio! Quanto son pazzi i grandi di respingere così la loro felicità! Se foste povera gente, a quest'ora sarebbe già tutto finito. Parlare d'indegnità, dire che non vi amate più, quando in tutta la provincia non vi son due cuori più teneri o, a dir meglio, due persone che si amino tanto come voi due! »

Emilia, oppressa da inesprimibile ambascia, si alzò e disse: « Non piove più, voglio andarmene.

– Restate, Emilia, restate, signorina, » rispose Valancourt, armandosi di tutta la sua risoluzione, « non vi affliggerò vie più colla mia presenza. Perdonatemi se non ho obbedito più presto. Se lo potete, compiangete colui che vi perde, e perde così ogni speranza di riposo. Possiate esser felice, sebbene io rimarrò eternamente infelice, possiate essere felice quant'io ve lo desidero con tutto il cuore. »

Gli mancò la voce a queste ultime parole, impallidì, gettò su di lei uno sguardo di tenerezza e dolore inesprimibili, e fuggì precipitosamente.

« Caro signore! Mio benefattore! » gridò Teresa seguendolo alla porta. « Signor Valancourt! Come piove! Che notte burrascosa per lasciarlo andar via! egli morrà sicuramente dal dolore e dall'affanno. Cara signora Emilia, quanto siete incostante! poco fa piangevate la sua morte, ed ora lo scacciate così barbaramente! »

La fanciulla non rispose, e non udiva quel che diceva colei. Assorta nel suo dolore e nelle sue riflessioni, restava seduta cogli occhi fissi sul fuoco, e l'imagine del giovane presente al pensiero.

« Il signor Valancourt è molto cambiato, signora; com'è dimagrato! come afflitto! Eppoi ha il braccio fasciato. »

Emilia alzò gli occhi; non aveva osservata quest'ultima circostanza. Non dubitò più allora che Valancourt non fosse stato ferito dal giardiniere. A tal convinzione tutta la sua pietà si riaccese, e si rimproverò d'averlo lasciato partire con un tempo così cattivo.

Poco dopo vennero a prenderla in carrozza. Emilia sgridò Teresa per le cose irriflessive dette al Valancourt, le ordinò espressamente di non fare mai più certi discorsi, e se ne tornò al castello pensierosa ed afflitta.

Valancourt, intanto, era rientrato nell'osteria del villaggio, ove aveva preso alloggio pochi momenti soltanto prima d'andare a visitar Teresa. Veniva a Tolosa e recavasi al castello del conte di Duverney. Non eravi più tornato dopo la sua separazione da Emilia a Blangy. Era rimasto qualche tempo nelle vicinanze d'un luogo ove abitava l'oggetto più caro al suo cuore. V'erano momenti in cui il dolore e la disperazione lo stringevano a ricomparire innanzi ad Emilia, e rinnovare le istanze a dispetto delle sue sciagure. Una nobil fierezza però, la tenerezza del suo amore, che non poteva acconsentire ad avvolgerla nei suoi infortuni, avevano finalmente trionfato della passione. Ritornando in Guascogna, era passato da Tolosa, e vi si trovava allorchè vi giunse Emilia. Andava a nascondere ed alimentare la sua dolorosa mestizia in quel medesimo giardino nel quale aveva passato presso di lei momenti così felici. Volendo aver la consolazione di rivederla ancor una volta, e ritrovarsi vicino a lei, passeggiava una sera nel parco, quando il giardiniere, prendendolo per un ladro, gli tirò una schioppettata, e lo ferì in un braccio. Questo caso l'aveva trattenuto a Tolosa per farsi curare: là, senza premura per sè medesimo, senza riguardi pe' parenti, la cui fredda accoglienza al suo ritorno da Parigi l'aveva scoraggito, non aveva informato nessuno della sua situazione. Ritrovandosi in istato di viaggiare, tornava ad Estuvière, passando per la valle; sperava di aver colà notizie d'Emilia; voleva trovarsi vicino a lei; desiderava anche informarsene dalla vecchia Teresa, e credeva in fine, che, nella di lui assenza, l'avrebbero privata della sua pensione. Tutti questi motivi lo avevano dunque condotto alla capanna di Teresa dove aveva incontrato Emilia.

Quella conferenza inaspettata avevagli dimostrato a un tempo tutta la tenerezza dell'amore di Emilia, e tutta la fermezza della di lei risoluzione. La sua disperazione erasi rinnovata con maggior forza, e non eravi considerazione bastante per acquietarlo. L'immagine di Emilia, la di lei voce ed i suoi sguardi, si presentavano incessantemente alla di lui fantasia, e qualunque sentimento era bandito dal suo cuore, eccettuato la disperazione e l'amore. Un'ora prima della mezzanotte ritornò da Teresa per sentir parlar di Emilia e trovarsi ancora nel luogo già da lei occupato. La gioia che provò ed espresse quella povera vecchia, si cangiò presto in tristezza, allorchè ebbe osservato i di lui sguardi smarriti e la profonda malinconia che l'opprimeva. Dopo avere ascoltato attentamente tutto quel ch'essa poteva dirgli intorno ad Emilia, le regalò tutto il denaro che aveva indosso, quantunque ella si ostinasse a ricusarlo, e l'assicurasse che la sua padrona aveva provveduto ai di lei bisogni. Le consegnò anche un anello di valore, incaricandola espressamente di presentarlo a Emilia. La faceva pregare d'accordargli quest'ultimo favore di conservarlo per amor suo, e rammentarsi qualche volta, nel guardarlo, dell'infelice Valancourt che glielo inviava.

Teresa pianse nel riceverlo, ma più per tenerezza, che per l'effetto di alcun presentimento. Prima ch'ella potesse rispondere, Valancourt era già partito; corse sulla porta a chiamarlo, supplicandolo di tornare indietro, ma non n'ebbe alcuna risposta, e non lo vide più.

CAPITOLO LII

La mattina di poi, Emilia, nel gabinetto contiguo alla biblioteca, rifletteva alla scena della sera precedente, allorquando Annetta entrò anelante, ed abbandonossi senza fiato su d'una sedia. Passarono alcuni minuti prima che potesse rispondere alle interrogazioni di Emilia; finalmente esclamò:

« Ho veduto la sua ombra, signorina, sì, ho veduto la sua ombra!

– Che vuoi tu dire? » disse Emilia con impazienza.

– Egli è uscito dal cortile, mentr'io traversava il salotto.

– Ma di chi parli? » ripetè Emilia; « chi è uscito dal cortile?

– Era vestito come lo vidi le centinaia di volte. Ah! chi l'avrebbe mai creduto? »

Emilia, annoiata da quelle ciarle insipide, si accingeva a rimproverarle la sua ridicola credulità, quando un servo venne a dirle che un forestiero chiedeva di parlarle.

Emilia, immaginandosi allora che il forestiere fosse Valancourt, rispose essere occupata, e non voler veder nessuno. Il servo tornò subito dopo dicendo che il forestiere aveva cose importantissime da comunicarle. Annetta, rimasta fin allora muta e stupefatta, si scosse, e sclamò: « Sì, è Lodovico! sì, è Lodovico. »

E corse fuor dal gabinetto. Emilia ordinò al servitore di seguirla, e, se era realmente Lodovico, di farlo entrare sul momento.

Poco dopo, comparve l'Italiano accompagnato da Annetta, a cui l'allegrezza faceva obliare tutte le convenienze, e non voleva parlar altro che lei. Emilia esternò la sua sorpresa e soddisfazione nel vederlo. La sua prima emozione crebbe allorchè aprì le lettere del conte di Villefort e Bianca, che l'informavano della loro avventura e della situazione loro in un'osteria alle falde de' Pirenei, ov'erano stati trattenuti dallo stato di Santa-Fè e dall'indisposizione di Bianca. Quest'ultima aggiungeva che il barone era arrivato, che avrebbe ricondotto il figlio al suo castello, finchè fosse guarito dalle sue ferite, e ch'essa con suo padre continuerebbero il viaggio per la Linguadoca, e sarebbero passati dalla valle, proponendosi di esservi il giorno seguente. Essa pregava Emilia di trovarsi alle sue nozze, e d'accompagnarli al castello di Blangy; lasciava poi a Lodovico la cura di raccontare egli stesso le sue avventure. Emilia, sebben premurosa di conoscere in qual modo fosse sparito dall'appartamento del nord, nondimeno volle sospendere questa soddisfazione finchè non si fosse rifocillato, ed avesse parlato a lungo colla sua Annetta, la cui gioia non sarebbe stata così stravagante se fosse risorto dalla tomba.

Emilia, intanto, rileggeva le lettere de' suoi amici. L'espressione della stima e dell'affetto loro, era in quel momento un vero balsamo nel suo povero cuore piagato. La sua tristezza, i suoi affanni, avevano acquistato nell'ultimo colloquio una nuova amarezza.

L'invito di recarsi a Blangy era fatto dal conte e dalla figlia colle più tenere espressioni. Anche la contessa ne la sollecitava. L'occasione n'era sì importante per l'amica sua, che Emilia non potea ricusarvisi. Avrebbe desiderato non abbandonare le placide ombre della sua dimora, ma sentiva la sconvenienza di restarvi sola mentre Valancourt trattenevasi ancora nelle vicinanze, oltrechè rifletteva che la società e la varietà degli oggetti sarebbero riuscite a tranquillare il suo spirito meglio della solitudine.

Quando Lodovico ritornò nel gabinetto, lo pregò di raccontarle dettagliatamente le sue avventure, e spiegarle per qual caso abitasse co' banditi in mezzo ai quali lo aveva trovato il conte.

Egli obbedì. Annetta, la quale, in mezzo alle sue tante ciarle, non aveva avuto il tempo di parlargliene, si accinse ad ascoltare con ardente curiosità. Ricordò prima alla padroncina e l'incredulità da lei dimostrata ad Udolfo a proposito degli spiriti, e la propria saggezza credendovi invece sì forte. Emilia arrossì suo malgrado pensando alla fede prestata ultimamente; notò soltanto che se l'avventura di Lodovico avesse potuto giustificare la superstizione d'Annetta, e' non sarebbe là a narrargliela.

Il giovane sorrise, inchinossi e cominciò in questi termini:

« Vi rammenterete, o signora, che il signor conte ed il signor Enrico m'accompagnarono nell'appartamento del nord. Per tutto il tempo che vi rimasero non si presentò nulla di allarmante: appena furono partiti, accesi un buon fuoco nella camera, e sedetti presso al camino; aveva portato un libro per distrarmi, e confesso che tratto tratto io guardava qua e là con un sentimento simile alla paura. Molte volte, quando il vento soffiava con violenza, scuotendo le finestre, m'immaginai di udire rumori molto strani; anzi una volta o due mi alzai, ed osservando da per tutto non vidi altro che le grottesche figure dei parati, le quali pareva mi facessero boccacce. Passai così più di un'ora, e poi mi parve udir rumore, esaminai di nuovo la camera, e non vedendo nulla, ripresi il libro. Quando l'istoria fu finita, mi assopii. D'improvviso fui svegliato dal rumore che aveva già inteso; esso pareva venire dalla parte del letto. Io non so se l'istoria che aveva letta mi avesse alterata la fantasia, o se mi venissero in mente tutte le ciarle che si facevano su quell'appartamento; ma so bene che, guardando il letto, mi parve vedere la faccia d'un uomo fra le cortine. »

A tai parole, Emilia fremè e divenne inquieta ricordandosi lo spettacolo veduto colà da lei e dalla vecchia Dorotea. « Vi confesso, signorina, » continuò Lodovico, « che mi si agghiacciò il cuore. Il medesimo rumore risvegliò di nuovo la mia attenzione: distinsi lo scricchiolio d'una chiave che girava in una serratura, e quel che mi sorprendeva di più era il non vedere alcuna porta d'onde potesse provenire quel suono. Un istante dopo il cortinaggio del letto fu alzato lentamente, e comparve una persona: essa usciva da una porticina nel muro. Restò un momento nella medesima attitudine, col resto del volto nascosto dal lembo della tappezzeria, cosicchè non vedeasi altro che i suoi occhi. Quando sollevò il capo, vidi di dietro a lei la figura d'un altro uomo, che guardava per disopra le spalle del primo. Non so come andasse la faccenda: la mia spada era sul tavolino, ma non ebbi la presenza di spirito d'impugnarla: restai zitto e cheto a considerarli cogli occhi mezzo chiusi, affinchè mi credessero addormentato. Suppongo che realmente ne fossero persuasi; li udii concertarsi, e restarono in quella posizione per lo spazio di circa un minuto; allora credetti vedere altre teste nell'apertura della porta, ed intesi parlar più forte.

– Questa porticina mi sorprende; » interruppe Emilia; « mi fu detto che il conte avea fatto levar tutte le cortine ed esaminar le pareti, credendo che celassero qualche andito pel quale fosse partito.

– Non mi par tanto straordinario, signorina, che quell'usciuolo abbia potuto sfuggire agli sguardi; esso è praticato in una parete sottile che sembra far parte del muro esteriore, per cui quand'anco il signor conte l'avesse osservato, non avrebbe badato ad una porta colla quale nessun passaggio parea dovesse comunicare. Fatto sta che il passaggio era nella grossezza del muro. Ma, per tornare agli uomini ch'io distingueva confusamente nello sfondo della porticina, ei non mi lasciarono a lungo in sospeso; precipitaronsi nella camera e mi circondarono: io aveva presa la spada, ma che poteva fare un uomo contro quattro? Fui ben presto disarmato; mi legarono le braccia, e postomi un bavaglio in bocca, mi trascinarono nell'andito. Prima di partire però lasciarono la mia spada sul tavolino, per soccorrere, dicevano essi, coloro che venissero al par di me, a combattere gli spiriti. Mi fecero traversare parecchi corridoi strettissimi formati nella grossezza del muro, e dopo avere sceso molti gradini, giungemmo ad una vôlta sotto il castello. Aprirono un uscio di pietra, ch'io credeva far parte del muro; percorremmo un lunghissimo passaggio scavato nel masso; un'altra porta ci condusse ad un sotterraneo, e finalmente, dopo qualche intervallo, mi trovai sul lido del mare appiè delle rupi stesse, sulle quali sorge il castello: trovammo una barca che aspettava quei birbanti; mi vi trascinarono, e andammo a bordo d'un piccolo bastimento ancorato a poca distanza. Quando fui là dentro, due de' miei compagni restarono con me; gli altri ricondussero la barca, ed il bastimento si mise alla vela. Compresi allora il significato di tutto ciò, e che cosa facessero quella gente al castello. Sbarcammo al Rossiglione: dopo qualche giorno, i loro compagni vennero dalle montagne, e mi condussero nel forte in cui mi trovava quando giunse il signor conte. Avean cura d'invigilarmi, ed anzi m'aveano bendati gli occhi per condurmivi; ma anche senza questa precauzione, credo mi sarebbe stato assai difficile ritrovar la strada per quell'aspra contrada. Appena fui colà, mi tenevano come un prigioniero: non poteva mai uscire senza due o tre de' miei compagni, ed era sì stanco della vita, che andava studiando il modo di terminare la mia miserabile esistenza.

– Ma però vi lasciavan parlare, » disse Annetta; « non vi mettevan più il bavaglio. Non capisco perchè eravate sì stanco di vivere, senza parlare della probabilità che avevate di rivedermi. »

Lodovico sorrise, siccome anche Emilia, la quale gli domandò per qual motivo quegli uomini l'avessero rapito.

« Mi accorsi tosto, » ripigliò egli, « che coloro erano pirati, i quali da molti anni nascondevano il loro bottino nei sotterranei del castello, che, essendo vicino al mare, conveniva perfettamente ai loro disegni. Onde non essere scoperti avevano adoperato ogni mezzo per far credere che il castello era frequentato dagli spiriti e dalle ombre, ed avendo scoperto la via segreta, la quale conduceva all'appartamento del nord, che dopo la morte della marchesa stava sempre chiuso, non fu lor difficile riuscirvi. La custode e suo marito, le uniche persone che abitassero nel castello, spaventati oltremodo dagli strani rumori che udivano, ricusarono di soggiornarvi più a lungo. Allora tutto il paese credè facilmente che il castello fosse abitato da' folletti, tanto più che la marchesa era morta in una maniera molto strana, e che il marchese da quel punto non eravi più tornato.

– Ma, » disse Emilia, « perchè mai que' pirati non si contentavano della cava, e perchè stimavan necessario deporre i loro furti nel castello?

– La cava, madamigella, stava aperta a tutti, » ripigliò il giovane, « ed i loro tesori sarebbero stati in breve scoperti. Ne' sotterranei invece erano sicuri, finchè il castello incutesse terrore. E' parve che i pirati vi recassero a mezzanotte le prese fatte per mare, e ve le tenessero, finchè potessero venderle vantaggiosamente. Erano essi intimamente collegati co' contrabbandieri e banditi che vivono ne' Pirenei, e vi fanno un traffico inesprimibile. Io restai dunque con questa banda di malandrini fino all'arrivo del signor conte. Non oblierò giammai la pena che sentii nel vederlo; quasi lo tenni perduto. Io sapeva che se mi faceva conoscere, i banditi avrebbero scoperto il suo nome, e probabilmente ci avrebbero ammazzati, tutti, per impedire ch'egli scoprisse il loro segreto, come proprietario di Blangy. Evitai la vista del signor conte, e invigilai sui briganti, risoluto, se progettassero qualche violenza, di mostrarmi, e combattere per la vita del mio padrone. Non tardai a sentir macchinare una trama infernale; si trattava di una strage generale. Mi arrischiai a farmi conoscere alla gente del conte; narrai quanto si progettava, e ci concertammo insieme. Il signor conte, allarmato per l'assenza della figlia, domandò dove fosse. I banditi non lo soddisfecero. Il mio padrone e Santa-Fè divennero furiosi. Pensando allora ch'era tempo di mostrarci, ci lanciammo nella stanza ov'era preparata la cena, gridando: Tradimento! Signor conte difendetevi. Il conte ed il cavaliere sguainarono la spada sul momento; la zuffa fu ostinata, ma in fine noi restammo vincitori, come avrete sentito nella lettera del mio padrone.

– È un'avventura singolare, » disse Emilia; « certamente, Lodovico, la vostra prudenza ed intrepidezza meritano molti elogi. Vi sono però varie circostanze relative all'appartamento del nord, ch'io non comprendo ancora, e che voi forse sarete in grado di decifrarmi. Avete mai udito raccontare dai banditi i pretesi prodigi che operavano in quel luogo?

– No, signorina, » rispose Lodovico; « non li intesi parlarne mai: una volta sola li udii ridere della vecchia custode, che quasi quasi stette per sorprendere uno dei pirati. Fu dopo l'arrivo del conte, e colui che fece la burla ne ridea a crepapelle. »

Emilia arrossì, e pregò Lodovico di raccontargli dettagliatamente quanto sapeva.

« Ebbene, » diss'egli, « una notte che colui trovavasi nella camera da letto, udì gente nel salotto contiguo, e credendo non aver il tempo d'alzare il parato ed aprir la porta, si nascose nel letto, e vi restò per qualche tempo, credo io, molto intimorito.

– Come lo foste voi, » interruppe Annetta, « quando aveste l'ardire di passarvi la notte.

– Sì, » rispose Lodovico, « appunto così. La custode si avvicinò al letto con un'altra donna. Temendo allora di essere scoperto, pensò che il solo mezzo per salvarsi fosse quello di far loro paura. Alzò dunque leggermente il trapunto; ma il suo piano non riuscì, se non quando ebbe mostrata la testa; allora esse fuggirono, ci diss'egli, come se avessero veduto il diavolo, ed il birbante se ne andò tranquillamente. »

Emilia non potè trattenersi dal ridere a questa spiegazione. Comprese l'incidente che l'aveva tanto impaurita, e fu sorpresa di averne sofferto tanto; ma considerò quindi, che appena lo spirito cede alla debolezza della superstizione, qualunque inezia basta a fare la massima impressione. Rammentandosi però la musica misteriosa che si sentiva verso mezzanotte al castello di Blangy, domandò a Lodovico se per caso ne avesse saputo nulla, ma egli non potè darne veruna spiegazione.

« So per altro, signorina, » aggiunse, « che i pirati non vi hanno parte; so che ne ridono, e dicono che il diavolo è senza dubbio alleato con loro.

– Scommetterei che hanno ragione, » disse Annetta sempre con volto ilare. « Ho sempre creduto che lui e gli spiriti fossero gli abitanti di quell'appartamento; vedete dunque, signorina, che non m'ingannava.

– Non si può negare che lo spirito maligno non v'abbia una estrema influenza, » disse Emilia sorridendo: « ma stupisco che i pirati persistessero nella loro condotta; dopo l'arrivo del conte, egli è certo che prima o poi dovevano essere scoperti.

– Ho motivo di credere, » rispose Lodovico, « ch'essi non contassero seguitare che il tempo necessario per mettere in salvo i loro tesori. Pare che se ne occupassero subito dopo l'arrivo del conte; ma non potevano lavorare che poche ore della notte, e quando mi presero, la vôlta era già mezzo vuota. Conveniva loro d'altronde di confermare tutte le superstizioni relative all'appartamento, nel quale ebbero la maggior premura di lasciar tutto al suo posto per meglio mantener l'errore. Spesso, celiando fra loro, si figuravano la costernazione degli abitanti di Blangy per la mia scomparsa. A datare da quel momento si credettero padroni assoluti del castello. Seppi però che una notte, malgrado le loro precauzioni, si scopersero quasi da sè. Andavano, secondo il solito, a ripetere i sordi gemiti che facevano tanta paura alle serve. Mentre stavano per aprire, udirono voci nella camera da letto; il signor conte mi disse che vi stava lui stesso col signor Enrico: udirono ambidue strani lamenti, opera senza dubbio dei malandrini, fedeli al loro disegno di spargere il terrore. Il signor conte mi confessò di aver provato una sensazione maggiore della sorpresa: ma siccome il riposo della famiglia esigeva il silenzio, si guardarono bene dal farne parola ad alcuno. »

Emilia, rammentandosi allora il cambiamento del conte, dopo aver passata la notte in quel luogo misterioso, ne riconobbe il motivo. Non fece nuove interrogazioni a Lodovico, lo mandò a riposare, e diede le disposizioni necessarie per ricevere i suoi amici.

La sera, Teresa quantunque zoppa, venne a portarle l'anello di Valancourt. Emilia s'intenerì nel vederlo, ma la rimproverò d'averlo ricevuto, e ricusò d'accettarlo, malgrado il tristo piacere ch'essa ne avrebbe avuto. Valancourt lo portava in tempi più felici. Teresa pregò, supplicò, le rappresentò l'abbattimento in cui era il cavaliere quando le consegnò l'anello, le ripetè ciò ch'ei le aveva ordinato di dire. Emilia, non potendo nascondere il dolore che le cagionava quel racconto, proruppe in dirotto pianto.

« O Dio! Mia cara padroncina, » disse Teresa, « perchè piangete? Vi conosco fin dall'infanzia, vi amo come mia figlia, e vorrei vedervi felice. È vero che conosco il signor Valancourt da poco tempo; ma ho però forti ragioni per amarlo come mio figlio! Io so benissimo che vi amate scambievolmente! Perchè dunque piangere? » Emilia le fe' segno di tacere, ma essa continuò: « Vi somigliate amendue per ispirito e carattere; se foste maritati, sareste la coppia più felice. Chi impedisce il vostro matrimonio? Dio buono! Dio mio! Come mai si può veder gente che sfuggono la loro felicità, piangono e si disperano quasi non dipendesse da loro l'esser contenti, e come se gli affanni ed il pianto valessero più del riposo e della pace! La scienza è certo una bella cosa, ma se non rende più saggi di così, preferisco di non saper mai nulla. »

L'età ed i lunghi servigi di Teresa le accordavano il diritto di dire il suo parere; non per tanto Emilia l'interruppe, e quantunque riconoscesse la giustizia delle di lei osservazioni, non volle spiegarsi. Si limitò a dirle che questo discorso l'affliggeva; che, per regolare la sua condotta, aveva motivi che non poteva spiegarle, e che bisognava restituir l'anello al cavaliere, dicendogli com'essa non potesse accettarlo. Le disse in seguito, che se faceva caso della sua stima ed amicizia, non doveva più incaricarsi di veruna ambasciata di Valancourt. Teresa ne fu commossa, e tentò insistere, ma il malcontento esternato dalla fisonomia della padroncina, le impedì di proseguire, e partì afflitta e maravigliata.

Per sollevare in qualche modo l'affanno e l'oppressione sua, Emilia si occupò dei preparativi del viaggio. Annetta, che la aiutava, parlava incessantemente del ritorno di Lodovico colla più tenera effusione. Emilia pensò che avrebbe potuto anticipare la loro felicità, e decise che, se Lodovico era costante quanto la semplice e buona cameriera, le avrebbe dato una buona dote, e li avrebbe impiegati in qualche parte de' suoi beni. Queste considerazioni la fecero pensare alla porzione di patrimonio, dal di lei padre venduta a Quesnel. Desiderava ricomprarla, perchè Sant'Aubert aveva dimostrato sovente il maggior rincrescimento che la dimora principale de' suoi avi fosse passata in mani straniere. Quel luogo, d'altronde, l'aveva veduta nascere, ed era la culla de' suoi primi anni. Poco le caleva de' beni di Tolosa, e si propose di venderli per riacquistare il patrimonio avito, se Quesnel acconsentisse a disfarsene. Tale accomodamento non le pareva impossibile, dacchè egli s'occupava di stabilirsi in Italia.

Возрастное ограничение:
12+
Дата выхода на Литрес:
03 августа 2018
Объем:
170 стр. 1 иллюстрация
Правообладатель:
Public Domain