Читать книгу: «La Notte dei Prodi », страница 3

Шрифт:

CAPITOLO CINQUE

Kyra era invasa dal panico mentre lottava nella tela del ragno, dimenandosi, volendo disperatamente liberarsi mentre l’enorme creatura strisciava verso di lei. Non voleva guardare, ma non riuscì a farne a meno. Si girò e si sentì ancora più terrorizzata vedendo il grosso ragno sibilante che incombeva su di lei avanzando e muovendo una lunga zampa alla volta. La fissava con i suoi grandi occhi rossi, sollevò le sue lunghe zampe pelose e nere e aprì la bocca mostrando delle zanne gialle che gocciolavano saliva. Kyra sapeva che le erano rimasti solo degli attimi in vita e che quello sarebbe stato un modo orribile per morire.

Mentre si dimenava, sentiva tutt’attorno a sé un ticchettio di ossa. Guardò oltre e vide i resti di tutte le vittime che erano morte prima di lei. Capì quindi che le sue possibilità di sopravvivenza erano veramente minime. Era bloccata in quella tela e non c’era niente che potesse fare.

Chiuse gli occhi sapendo che non c’era altra scelta. Non poteva fare affidamento sul mondo esterno. Doveva guardare dentro di sé. Sapeva che la risposta non giaceva nella forza esterna e nelle armi. Se si fosse affidata al mondo esterno, sarebbe morta.

Ma sentiva che internamente il suo potere era grande, infinito. Doveva andare a scomodare la sua forza interiore e raccogliere i poteri che aveva paura di affrontare. Doveva finalmente capire cosa la guidava, capire il risultato di tutto il suo allenamento spirituale.

Energia. Questo era ciò che Alva le aveva insegnato. Quando facciamo affidamento su noi stessi, usiamo solo una frazione della nostra energia, una frazione del nostro potenziale. Vai a bussare all’energia del mondo. L’intero universo sta aspettando di aiutarti.

Le stava scorrendo nelle vene, lo sentiva. Era quella cosa speciale con la quale era nata, che sua madre le aveva passato. Era il potere che scorreva in ogni cosa, come un fiume che strisciava sottoterra. Era lo stesso potere di cui aveva sempre avuto difficolta a fidarsi. Era la parte più profonda di se stessa, quella di cui ancora non si fidava completamente. Era la parte di cui aveva più paura, più che di un nemico. Avrebbe voluto chiamare sua madre, desiderando disperatamente il suo aiuto. Eppure sapeva che non la poteva raggiungere lì, in quella terra di Marda. Era completamente sola. Forse questo, il suo essere totalmente da sola, il fatto di non dipendere da nessun altro, era l’ultimo tassello dell’allenamento.

Kyra chiuse gli occhi, sapendo che doveva agire adesso o mai più. Sentiva di essere diventata più grande di se stessa, più grande di quel mondo che vedeva davanti a sé. Si sforzò di concentrarsi sull’energia interiore e poi su quella attorno a lei.

Lentamente si concentrò. Sentì l’energia della tela, del ragno, li poteva sentire scorrere in lei. Permise loro, lentamente, di divenire parte di lei. Smise di combatterci contro. Si concesse invece di diventare un tutt’uno con essi.

Kyra si sentì rallentare, sentì che il tempo rallentava. Si sintonizzò sul minimo dettaglio, udì ogni cosa, percepì ogni cosa attorno a sé.

Improvvisamente sentì un lampo di energia e capì, per la prima volta, che tutto l’universo era uno. Sentì cadere le pareti che lo separavano da lei, sentì che le barriere tra mondo interno ed esterno si dissolvevano. Sentì che la stessa distinzione tra i due mondi era falsa.

Subito sentì una spinta di energia, come se dentro di lei fosse stata alzata una diga. Le sue mani ardevano come se fossero in fiamme.

Kyra aprì gli occhi e vide il ragno, ora così vicino, che la guardava e si preparava a morderla. Si girò e vide il suo bastone a pochi metri, incastrato nella tela. Si allungò, senza più dubitare di sé. Richiamò il bastone e subito quello volò in aria finendole dritto in mano. Lo strinse.

Kyra usò il suo potere, sapendo di essere più forte di ciò che vedeva davanti a sé e fidandosi di se stessa. Subito sollevò il braccio che teneva il bastone e quello si liberò dalla tela.

Ruotò e non appena il ragno fu sul punto di chiudere le fauci su di lei, allungò il braccio e gli piantò il bastone in bocca.

Il ragno lanciò un tremendo grido e Kyra gli spinse il bastone in profondità nella bocca, girandolo di lato. La bestia cercò di chiudere la mandibola, ma non ci riuscì, dato che il bastone gliela teneva aperta.

Ma poi, con stupore di Kyra, chiuse la bocca e spezzò l’antico bastone a metà. Ruppe ciò che non poteva essere rotto, frantumandolo tra i denti come uno stuzzicadenti. Quella bestia era più potente di quanto avesse immaginato.

Il ragno si preparò ad attaccarla e subito il tempo rallentò. Kyra sentì che ogni cosa veniva messa a fuoco. Sentì dentro di sé che poteva liberarsi, che poteva essere più veloce del ragno e del tempo.

Scattò in avanti liberandosi e rotolò nella tela. Quando le fauci del ragno si abbassarono, lacerarono la tela invece di colpire lei.

Mentre Kyra si concentrava, sentì per la prima volta una debole vibrazione nell’aria, sentì qualcosa che la chiamava. Si voltò e fissò quello che, dalla parte opposta della tela, era l’oggetto per cui aveva compiuto quel viaggio a Marda: il Bastone della Verità. Si trovava lì, conficcato in un blocco di granito, etereo, scintillante sotto il cielo notturno.

Kyra sentì un’intensa connessione con il bastone, sentì un formicolio alle mani mentre allungava la destra. Lanciò il grido di battaglia più forte della sua vita e capì che quel bastone le avrebbe obbedito.

Improvvisamente sentì che la terra tremava sotto di lei. Capì che stava tirando l’arma fuori dal cuore stesso della terra, e per un glorioso momento non ebbe più dubbi su se stessa, sui suoi poteri o sull’universo.

Seguì un forte rumore di roccia che sfrega contro altra roccia, e vide con ammirazione che il bastone si alzava lentamente liberandosi dal granito. Poi volò in aria e la sua impugnatura nera e decorata di gioielli si posò nella sua mano. Lei lo afferrò e si sentì viva. Era come stringere un bastone, come tenere una cosa viva.

Senza esitare Kyra si girò e lo calò proprio mentre il ragno le piombava addosso. Il bastone improvvisamente si trasformò in una lama e tagliò a metà l’enorme tela.

Il ragno, stridendo, cadde a terra, chiaramente sorpreso.

Kyra si girò e tagliò di nuovo la tela, liberandosi completamente e atterrando in piedi. Teneva il bastone con entrambe le mani sollevato sopra la testa, aspettando che il ragno attaccasse. Lo affrontò coraggiosamente, facendosi avanti e colpendolo con il Bastone della Verità, usando tutta la sua forza. Sentì che il bastone tagliava il corpo spesso del ragno. La bestia lanciò uno stridio orrendo mentre veniva tagliato a metà.

Denso sangue nero sgorgò dalla bestia, mentre cadeva ai suoi piedi morta.

Kyra rimase lì con il bastone in mano, le braccia tremanti, sentendo un’ondata di energia mai provata prima. Sentì di essere cambiata in quel momento. Sentì di essere diventata più potente, che non sarebbe mai più stata la stessa. Sentì tutte le porte che aveva aperto e che ora ogni cosa era possibile.

In alto il cielo si rannuvolò e tuonò, illuminato da un lampo. Luce scarlatta si fece strada tra le nuvole, striandole come se stessero eruttando lava. Seguì un tremendo ruggito e Kyra fu felicissima di vedere Theon che sfrecciava tra le nubi. Capì che la barriera era stata abbassata quando aveva stretto il bastone. Per la prima volta capiva che era lei la predestinata a cambiare ogni cosa.

Theon atterrò ai suoi piedi e senza aspettare un solo secondo lei si issò sulla sua schiena ed entrambi si levarono in aria. I tuoni rombavano tutt’attorno a loro mentre volavano in cielo, diretti verso sud, lontano da Marda e verso Escalon. Kyra sapeva di essere scesa ai livelli più profondi e di aver vinto. Aveva superato la prova finale.

E ora, con il Bastone della Verità in mano, aveva una guerra da scatenare.

CAPITOLO SEI

Mentre navigavano via, Lorna guardava l’isola di Knosso che ancora ardeva e scompariva all’orizzonte. Aveva il cuore spezzato. Stava sulla prua della nave, le mani strette attorno al corrimano, Merk al suo fianco e la flotta delle Isole Perdute dietro di lei. Si sentiva tutti gli occhi addosso. Quell’isola adorata, casa dei Sorveglianti e dei coraggiosi guerrieri di Knosso, non esisteva più. Completamente in fiamme, il suo glorioso forte distrutto, anche gli amati guerrieri che vi avevano tenuto guardia per migliaia di anni erano ora tutti morti, uccisi dall’ondata di troll e finiti dal branco di draghi.

Lorna sentì del movimento e si voltò a guardare. Vide Alec che le si avvicinava, il ragazzo che aveva ucciso i draghi, che aveva finalmente fatto calare il silenzio sulla Baia della Morte. Se ne stava lì, frastornato quanto lei, con la spada in mano. Provava gratitudine nei suoi confronti, e nei confronti dell’arma che aveva in mano. La osservò, la Spada Incompleta, un oggetto bellissimo, e poté sentire l’intensa energia che ne proveniva. Ricordò la morte dei draghi e capì che quel ragazzo teneva in mano il destino di Escalon.

Lorna era grata di essere viva. Sapeva che lei e Merk avrebbero incontrato una morte fatale nella Baia della Morte se non fossero arrivati quegli uomini delle Isole Perdute. Eppure provava anche un’ondata di senso di colpa per coloro che non erano sopravvissuti. La cosa che le faceva più male era di non averlo previsto. Per tutta la sua vita aveva sempre previsto tutto, tutti i cambiamenti e le svolte del destino nella sua vita solitaria, a guardia della Torre di Kos. Aveva previsto l’arrivo dei troll, aveva previsto l’arrivo di Merk, e aveva persino previsto che la Spada di Fuoco sarebbe andata distrutta. Aveva previsto la grandiosa battaglia sull’isola di Knosso, ma non il suo esito. Non aveva previsto le fiamme, e neanche i draghi. Ora dubitava dei suoi stessi poteri e questo le faceva più male di qualsiasi altra cosa.

Come poteva accadere, si chiedeva? L’unica risposta poteva essere che il destino di Escalon stesse cambiando di momento in momento. Ciò che era stato scritto per migliaia di anni ora non era più scritto. Sentiva che il fato di Escalon era in equilibrio e in quel momento non aveva forma.

Lorna sentiva addosso gli occhi di tutti sulla nave, tutti in attesa di sapere dove sarebbero andati, quale destino ci fosse in serbo per loro, mentre si allontanavano dall’isola in fiamme. Con il mondo che ardeva nel caos, tutti la guardavano per una risposta.

Mentre Lorna stava lì, chiuse gli occhi e lentamente poté sentire la risposta che le saliva dentro, dicendole dove c’era più bisogno di loro. C’era qualcosa che oscurava la sua visione, però. Con un sussulto ricordò. Thurn.

Lorna aprì gli occhi e scrutò le acque sotto di loro, guardando ogni corpo che galleggiava e che passava vicino all’imbarcazione, un mare di corpi che andava a sbattere contro lo scafo. Anche gli altri marinai stavano osservando da ore, controllando i volti insieme a lei, ma fino ad ora non c’erano riusciti.

“Mia signora, la nave aspetta un tuo comando,” le disse gentilmente Merk.

“Stiamo controllando le acque da ore,” aggiunse Sovos. “Thurn è morto. Dobbiamo lasciar perdere.”

Lorna scosse la testa

“Sento che non è morto,” ribatté.

“Più di chiunque altro vorrei che non fosse così,” rispose Merk. “Gli devo la mia vita. Ci ha salvati dal fuoco del drago. Però l’abbiamo visto prendere fuoco e precipitare in mare.”

“Ma non lo abbiamo visto morire,” rispose Lorna.

Sovos sospirò.

“Anche se in qualche modo fosse sopravvissuto alla caduta, mia signora,” aggiunse Sovos, “non può essere anche sopravvissuto a queste acque. Dobbiamo lasciar perdere. La nostra flotta ha bisogno di una direzione.”

“No,” disse lei con tono decisivo, la voce squillante e autoritaria. La sentiva sorgere dentro di sé, una premonizione, un formicolio tra gli occhi. Le stava dicendo che Thurn era vivo là sotto, da qualche parte in mezzo ai resti del naufragio, in mezzo alle migliaia di corpi galleggianti.

Lorna scrutò le acque, aspettando e sperando, ascoltando. Gli doveva moltissimo e non aveva mai voltato le spalle a un amico. La Baia della Morte era lugubremente silenziosa, con tutti i troll morti, i draghi fuggiti, eppure aveva un suo suono: l’incessante ululare del vento, lo sciabordio di mille onde, gli scricchiolii della loro nave che ondeggiava senza sosta. Mentre ascoltava, udì le folate di vento più forti.

“C’è tempesta in arrivo, mia signora,” disse infine Sovos. “Abbiamo bisogno di una direzione.”

Sapeva che avevano ragione, ma non poteva lasciar perdere.

Proprio mentre Sovos apriva la bocca per parlare, improvvisamente Lorna provò un’ondata di eccitazione. Si chinò in avanti e adocchiò qualcosa in lontananza, qualcosa che galleggiava tra le acque, trasportato dalla corrente verso la nave. Provò un formicolio alle viscere e capì che era lui.

“LÌ!” gridò

Gli uomini corsero al parapetto e guardarono oltre il bordo, vedendolo anche loro: era Thurn che galleggiava in acqua. Lorna non sprecò tempo. Fece due grandi passi, balzò oltre il parapetto e si tuffò di testa, cadendo di quasi dieci metri in aria verso l’acqua gelata della baia.

“Lorna!” gridò Merk dietro di lei, con voce preoccupata.

Lorna vide gli squali rossi che nuotavano di sotto e capì la sua preoccupazione. Stavano accerchiando Thurn, ma mentre lo pungolavano, vide che non erano stati ancora capaci di perforare la sua armatura. Thurn era stato fortunato ad avere ancora l’armatura addosso, l’unica cosa che lo tenesse ancora in vita. E ancora più fortunato ad aver afferrato una tavola di legno che lo teneva a galla. Ma gli squali adesso stavano attaccando con maggior forza, diventando più impetuosi. Capì che il loro tempo era limitato.

Sapeva che gli squali sarebbero venuto anche addosso a lei, ma non esitò, non con la vita di Thurn in pericolo. Gli doveva tantissimo.

Lorna atterrò in acqua, scioccata dal freddo dell’acqua, e senza fare una pausa mosse gambe e braccia e nuotò sotto la superficie fino a raggiungerlo, usando il suo potere per muoversi più rapida degli squali. Gli mise le braccia attorno, lo afferrò e sentì che era vivo, sebbene privo di conoscenza. Gli squali iniziarono a nuotare verso di lei e lei si tenne stretta, pronta a fare qualsiasi cosa fosse necessaria per tenere Thurn e se stessa in vita.

Lorna improvvisamente vide delle funi che le venivano lanciate, ne afferrò una con forza e si sentì tirare su rapidamente, volando in aria. Non fu abbastanza presto: uno squalo rosso balzò dall’acqua e schioccò i denti, mancandole la gamba di un pelo.

Lorna, tenendo Thurn, venne trascinata in aria, salendo nel vento gelido, dondolando selvaggiamente e andando a sbattere contro lo scafo della nave. Un attimo dopo vennero tirati su dalla ciurma e prima di ritrovarsi a bordo Lorna lanciò un’occhiata agli squali che nuotavano di sotto, furiosi per aver perso un pasto.

Atterrò sul ponte con un tonfo, Thurn tra le braccia. Immediatamente si girò verso di lui e lo osservò. Aveva metà del volto sfigurato, bruciato dalle fiamme, ma almeno era sopravvissuto. Aveva gli occhi chiusi. Almeno non erano aperti verso il cielo, il che era un buon segno. Gli mise le mani sul cuore e sentì qualcosa. Per quanto leggero, c’era un battito.

Lorna lasciò le mani sul cuore e subito provò un’ondata di energia, un intenso calore che scorreva dalle sue mani a lui. Raccolse i suoi poteri e desiderò che Thurn tornasse in vita.

Thurn improvvisamente aprì gli occhi e si mise a sedere con un sussulto, respirando affannosamente e sputando acqua. Tossì e gli altri uomini accorsero avvolgendolo in pellicce per scaldarlo. Lorna era felicissima. Guardò il colore tornargli in viso e capì che avrebbe vissuto.

Improvvisamente sentì una pelliccia avvolta anche attorno alle sue spalle e voltandosi vide Merk vicino a lei, sorridente, che la aiutava a rimettersi in piedi.

Gli uomini presto si raccolsero attorno a lei guardandola con ancora maggiore rispetto.

“E ora?” le chiese con franchezza avvicinandosi a lei. Dovette quasi gridare per farsi sentire sopra al rumore del vento e agli scricchiolii della barca che dondolava.

Lorna sapeva che avevano poco tempo. Chiuse gli occhi e allungò le mani verso il cielo. Lentamente sentì l’essenza dell’universo. Con la Spada di Fuoco distrutta, Knosso sparita, i draghi fuggiti, aveva bisogno di sapere dove Escalon avesse maggior bisogno di loro in quel momento di crisi.

Improvvisamente sentì la vibrazione della Spada Incompleta accanto a lei e capì. Si voltò a guardare Alec e lui ricambiò lo sguardo, chiaramente in attesa.

Lei sentì lo speciale destino del ragazzo salire dentro di lei.

“Non dovrai più seguire i draghi,” disse. “Quelli che sono fuggiti non verranno più da te: ora ti temono. E se li cerchi, non li troverai. Sono andati a combattere altrove ad Escalon. La missione di distruggerli appartiene ora a qualcun altro.”

“Allora cosa devo fare, mia signora?” chiese lui, chiaramente sorpreso.

Lei chiuse gli occhi e sentì la risposta che stava venendo a lei.

“Le Fiamme,” rispose Lorna, sentendo la risposta con certezza. “Devono essere rimesse a posto. È l’unico modo per tenere Marda a bada ed evitare che distrugga Escalon. Questa è la cosa più importante adesso.”

Alec sembrava perplesso.

“E questo cos’ha a che fare con me?” chiese.

Lei lo fissò.

“La Spada Incompleta,” rispose. “È l’ultima speranza. Lei e solo lei può far risorgere il Muro di Fuoco. Dobbiamo farla tornare alla sua casa originale. Fino ad allora Escalon non potrà mai essere salva.”

Lui la guardò con volto sorpreso.

“E dove si trova la sua casa?” chiese mentre gli uomini si avvicinavano ad ascoltare.

“A nord,” rispose. “Nella Torre di Ur.”

“Ur?” chiese Alec, confuso. “La torre non è già stata distrutta?”

Lorna annuì.

“La torre sì,” rispose. “Ma non quello che ci sta dietro.

Fece un respiro profondo mentre tutti la guardavano rapiti.

“Nella torre c’è una camera segreta, sottoterra, in profondità. Non è mai stata la torre ad essere importante, quello era solo un diversivo. Era ciò che giaceva di sotto. Lì la Spada Incompleta troverà la sua casa. Quando la rimetterai lì, la terra sarà salva e Le Fiamme saranno rimesse in sesto per sempre.”

Alec fece un respiro profondo mentre ascoltava e capiva tutto.

“Vuoi che viaggi verso nord?” chiese. “Verso la torre?”

Annuì.

“Sarà un viaggio pieno di insidie,” rispose. “Troverai avversarsi da ogni parte. Prendi con te gli uomini delle Isole Perdute. Naviga il Mare dei Dispiaceri e non fermarti fino a che non raggiungerai Ur.”

Fece un passo avanti e gli mise una mano sulla spalla.

“Riporta la spada,” ordinò. “E salvaci.”

“E tu, mia signora?” chiese Alec.

Chiuse gli occhi e sentì una tremenda ondata di dolore, capendo all’istante dove doveva andare.

“Duncan muore mentre parliamo,” disse. “E solo io posso salvarlo.”

CAPITOLO SETTE

Aidan attraversava a cavallo la terra desolata insieme agli uomini di Leifall, Cassandra da una parte, Anvin dall’altra, Bianco ai suoi piedi, e mentre galoppavano, sollevando una nuvola di polvere, era felicissimo per la sensazione di vittoria e orgoglio che provava. Aveva dato una mano ad ottenere l’impossibile, riuscendo a deviare le cascate e a cambiare l’enorme scroscio della Cascata Eterna, mandando le acque nella piana e inondando il canyon, salvando suo padre giusto in tempo. Mentre si avvicinava, così desideroso di riunirsi a suo padre, Aidan poteva vedere i suoi uomini in lontananza, poteva udire le loro grida di giubilo anche da lì, sentendosi ancora più orgoglioso. Ce l’avevano fatta.

Aidan era felice che suo padre e i suoi uomini fossero sopravvissuti, che il canyon fosse stato inondato e che migliaia di Pandesiani fossero morti, spazzati ai loro piedi. Per la prima volta provava una forte determinazione e un radicato senso di appartenenza. Aveva veramente contribuito alla causa di suo padre, nonostante la sua giovane età, e si sentiva come un uomo tra gli uomini. Sentiva che quello era uno dei momenti più grandiosi della sua vita.

Mentre galoppavano sotto il sole, Aidan non vedeva l’ora di vedere suo padre, l’orgoglio nei suoi occhi, la gratitudine e soprattutto il rispetto. Era certo che adesso suo padre l’avrebbe guardato come un pari, come uno dei suoi, un vero guerriero. Era tutto ciò che aveva sempre voluto.

Aidan proseguì, il rombante suono degli zoccoli dei cavalli nelle orecchie, ricoperto di terra, bruciato dal sole dopo il lungo viaggio. Quando finalmente arrivarono in cima alla collina e iniziarono a scendere, vide l’ultima distesa che gli restava davanti. Guardò il gruppo degli uomini di suo padre con il cuore che batteva forte nell’attesa. Ma improvvisamente si rese conto che qualcosa non andava.

Lì in lontananza gli uomini di suo padre si stavano facendo da parte e in mezzo a loro vide una figura solitaria che camminava nel deserto. Una ragazza.

Non aveva senso. Cosa ci faceva una ragazza lì da sola, diretta verso suo padre. Perché tutti gli uomini si erano fermati per lasciarla passare? Aidan non sapeva esattamente cosa ci fosse di sbagliato, ma dal modo in cui il suo cuore stava battendo, qualcosa nel profondo gli diceva che c’erano dei problemi.

Cosa ancora più strana, mentre si faceva più vicino Aidan rimase atterrito riconoscendo il singolare aspetto della ragazza. Vide il suo mantello di pelle e camoscio, gli stivali alti e neri, il bastone al fianco, i lunghi capelli biondo chiaro, il volto e i tratti fieri. Sbatté le palpebre, confuso.

Kyra.

La sua confusione non fece che infittirsi. Mentre la guardava camminare, vide il suo portamento, il modo in cui teneva le spalle e capì che c’era qualcosa che non andava. Le assomigliava, ma non era lei. Quella non era la sorella con la quale aveva vissuto per tutta la vita, quella con cui aveva trascorso molte ore leggendo libri standole seduto in grembo.

Ancora a cento metri di distanza, il cuore di Aidan martellava sentendo un profondo senso di apprensione. Abbassò la testa, spronò il cavallo e lo spinse più veloce, galoppando tanto velocemente da non riuscire quasi a respirare. Provava un bruttissimo presentimento, un senso di incombente tragedia mentre vedeva la ragazza avvicinarsi a Duncan.

“PADRE!” gridò.

Ma da lì le sue grida vennero messe a tacere dal vento.

Aidan galoppò più veloce, diretto verso il gruppo di soldati, scendendo rapidamente la collina. Guardò senza poter fare niente mentre la ragazza si avvicinava e abbracciava suo padre.

“NO, PADRE!” gridò.

Si trovava a cinquanta metri adesso, poi quaranta, poi trenta, ancora troppo distante per poter fare qualcosa di più che guardare.

“BIANCO, CORRI!” ordinò.

Bianco scattò, correndo ancora più veloce del cavallo. Eppure Aidan sapeva che non c’era tempo.

Poi vide che accadeva. La ragazza con orrore di Aidan allungò una mano e piantò un pugnale nel petto di suo padre. L’uomo sgranò gli occhi e cadde in ginocchio.

Aidan si sentì come se avessero pugnalato anche lui. Sentì tutti il suo corpo cadere con suo padre: non si era mai sentito più inutile in vita sua. Era successo tutto così rapidamente, gli uomini di suo padre erano lì in piedi, confusi, senza parole. Nessuno neppure sapeva cosa stesse accadendo. Ma Aidan lo sapeva. L’aveva capito subito.

Ancora a venti metri di distanza, disperato, portò la mano alla vita, sguainò il pugnale che Motley gli aveva dato e lo lanciò.

Il pugnale volò in aria, roteando, brillando alla luce, dritto verso la ragazza. Lei estrasse il suo coltello, sorrise con una smorfia e si preparò a pugnalare Duncan un’altra volta. Ma improvvisamente il pugnale di Aidan andò a segno. Aidan si sentì sollevato nel vedere che almeno le aveva colpito il dorso della mano, facendola gridare e lasciare la presa sulla sua arma. Non era un grido terreno, e certo non il grido di Kyra. Chiunque fosse, Aidan l’aveva smascherata.

La ragazza si girò a guardarlo e subito Aidan vide con orrore mentre il suo volto si trasformava. L’espressione femminile del viso venne rimpiazzata da una figura grottesca e mascolina che si allargava ogni secondo di più, divenendo più grossa di tutti loro. Aidan sgranò gli occhi per lo shock. Non era sua sorella. Non era nient’altro che il grande e santo Ra.

Anche gli uomini di Duncan guardavano scioccati. In qualche modo il pugnale che aveva punto la mano aveva trasformato l’illusione, aveva fatto a pezzi la stregoneria usata per ingannare Duncan.

Nello stesso momento Bianco saltò in avanti, balzando in aria e atterrando sul petto di Ra con le grosse zampe, facendolo cadere. Ringhiando il cane gli azzannò la gola, graffiandolo. Portò le zanne sul suo viso disorientando completamente Ra ed evitando che potesse riorganizzarsi e attaccare di nuovo Duncan.

Ra, lottando nella polvere, sollevò gli occhi al cielo e gridò delle parole, qualcosa in una lingua che Aidan non conosceva, chiaramente invocando qualche antico incantesimo.

E poi improvvisamente Ra scomparve in una palla di polvere.

Tutto quello che rimase fu il suo coltello insanguinato, a terra.

E lì, in una pozza di sangue il padre di Aidan, immobile.

Бесплатный фрагмент закончился.

199 ₽
Возрастное ограничение:
16+
Дата выхода на Литрес:
10 сентября 2019
Объем:
234 стр. 8 иллюстраций
ISBN:
9781632916051
Правообладатель:
Lukeman Literary Management Ltd
Формат скачивания:
epub, fb2, fb3, ios.epub, mobi, pdf, txt, zip

С этой книгой читают