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Читать книгу: «Il giuoco delle parti», страница 4

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Scena sesta

Silia, Guido.

Silia (appena usciti gl’inquilini, tutta accesa, vibrante, guarda il biglietto da visita di Miglioriti, e fa cenno di sì fra sé, ridendo, per significare che ha raggiunto il suo scopo segreto. Intanto Guido picchia forte all’uscio a destra) Eccomi! Eccomi!

Corre ad aprire.

Guido (fremente di rabbia, di sdegno) Perché mi hai chiuso dentro? Mi sono mangiate le mani dalla rabbia!

Silia Ma sì… ma sì… Non ci mancava altro, che tu venissi fuori dalla mia camera a difendermi, a compromettermi e…

Lo guarda con occhi ridenti da pazza.

a comprometter tutto!

Gli mostra il biglietto del Miglioriti.

Guarda: ce l’ho! È qui!

Guido Lo so! Lo conosco bene… Ma che vorresti fare ora?

Silia L’ho qui, ti dico! Per lui!

Allude al marito.

Guido (guardandola atterrito) Silia…

Le s’appressa per toglierle il biglietto.

Silia (riparandolo) Che? Voglio vedere se non son buona da procurargli… almeno almeno qualche fastidio!

Guido (c.s.) Ma sai tu chi è questo signore?

Silia Il marchese Aldo Miglioriti.

Guido Per carità… per carità, levati codesto pensiero dalla mente!

Silia Io non mi levo nulla! M’ha lasciato qua l’amante che non poteva difendermi? Ci penserà lui!

Guido Ah, no, sai! Io te lo impedirò a ogni costo!

Silia Tu non impedirai niente! Già, non puoi…

Guido Oh, vedrai!

Silia Ce la vedremo domani!

Forte, staccando, imperiosamente:

Oh, senti; basta… Sono stanca.

Guido (cupo, minaccioso) Me ne vado.

Silia (subito, imperiosa) No!

Pausa. – Con altra voce:

Vieni qua…

Guido (senza arrendersi, accostandosi) Che vuoi?

Silia Che voglio… che voglio… Non voglio più vederti così…

Pausa. – Ride tra sé, forte. poi:

Ma sai che, poveri ragazzi, li ho trattati proprio male?

Guido Ma sì, scusa: volevo dirti questo appunto, non ne hai ragione.

Silia (di nuovo recisa, imperiosa, non volendo ammettere discussioni su questo punto) Ah, no! questo, no!

Guido Hanno sbagliato… T’hanno chiesto perdono!

Silia Basta, t’ho detto, su questo punto!

Pausa.

Dico per loro… in sé, poverini… così buffi…

Con un sospiro d’accorata invidia:

Che capricci, di notte, posson venire agli uomini… La luna… Mi volevano veder ballare, sai? in piazza…

Pianissimo o, quasi all’orecchio:

nuda…

Guido Silia…

Silia (reclinando la testa indietro, gli solletica coi capelli il volto) Voglio essere la tua bambina folle.

TELAxx

ATTO SECONDO

In casa di Leone Gala. Una strana sala da pranzo e da studio. Tavola apparecchiata e scrivania con libri e carte. Scaffali di libri e vetrine con ricche suppellettili da tavola. Uscio in fondo per cui si va nella camera da letto di Leone. Uscio laterale a sinistra, per cui si va nella cucina. La comune a destra.

Scena prima

Leone Gala, Guido Venanzi, Filippo detto Socrate.

Al levarsi della tela, Leone Gala, con berretto da cuoco e grembiule, è intento a sbattere con un mestolino di legno un uovo in una ciotola. Filippo ne sbatte un altro, parato anche lui da cuoco. Guido Venanzi ascolta, seduto.

Leone (a Guido alludendo a Filippo) Ecco, sì: potrebbe anche essere il mio diavolo…

Filippo (burbero, seccato) Il diavolo che vi porti!

Leone Impreca. E ora non posso più dire…

Filippo Ma che volete dire? Statevi zitto!

Guido Che siete Socrate, invece.

Filippo (a Leone) Con codesto Socrate voi dovete finirla! Perché io non lo conosco!

Leone Come! Non lo conosci?

Filippo Nossignore. E non voglio averci da fare. Badate all’uovo!

Leone Ci bado, ci bado…

Filippo E come lo girate?

Leone Che cosa?

Filippo Il mestolo! il mestolo!

Leone Eh, per il suo verso, non dubitare!

Filippo Avvelenerete codesto signore, a colazione, ve lo dico io, se seguitate a chiacchierare.

Guido No, che! Mi diverto tanto!

Leone Gli faccio un po’ di vuoto per aprirgli l’appetito.

Filippo Insomma, mi disturbate!

Leone Ah, così dovevi dire!

Filippo Sissignore, sissignore… E che fate adesso?

Leone Che faccio?

Filippo Ma seguitate a sbattere, perdio! Non bisogna allentare un momento!

Leone Ecco, ecco.

Filippo È possibile che io debba avere gli occhi a quel che fa, gli orecchi a quel che dice, e la testa che mi vola via dietro a tutte le sciocchezze che gli scappano di bocca? Me ne vado in cucina!

Leone Ma no, via! Sta’ qua. Starò zitto.

Piano a Venanzi, ma in modo che Filippo lo senta:

Lo ha rovinato Bergson.

Filippo Ecco che tira fuori adesso questo Bergson!

Leone Ma sì, perbacco!

A Venanzi:

Dacché gli ho esposto la teoria dell’intuizione, è diventato un altro. Era un formidabile ragionatore…

Filippo Io non ho ragionato mai, per vostra regola! E ve ne faccio subito la prova, se seguitate! Vi lascio qua tutto, e vi pianto, una volta e per sempre!

Leone Capisci? E poi non debbo dire che Bergson me l’ha rovinato! Ma Bergson, va bene, posso esser d’accordo con te nella critica che fa della ragione…

Filippo E dunque, basta! Sbattete!

Leone Sbatto, sbatto… Ma stammi a sentire! Quel che di fluido, di vivente, di mobile, di oscuro è nella realtà, sissignori, sfugge alla ragione…

A Venanzi, come tra parentesi:

Come le sfugge poi, non lo so, per il solo fatto che il signor Bergson può dirlo! Come fa a dirlo? Chi glielo fa dire, se non la ragione? E dunque non le sfugge, mi pare, è vero?

Filippo (gridando esasperato) Sbattete!

Leone E sto sbattendo, non vedi? Sta’ a sentire, Venanzi: è un bellissimo giuoco, questo che la ragione fa al signor Bergson, dandogli a credere di esser detronizzata e avvilita da lui, con infinita delizia di tutte le irragionevoli dame di Parigi! Sta’ a sentire. Secondo lui, la ragione può considerare soltanto i lati e i caratteri identici e costanti della materia; ha abitudini geometriche, meccaniche; la realtà è un flusso ininterrotto di perpetua novità, e lei la spezzetta in tante particelle stabili e omogenee…

Filippo (Che non lo perde un momento di vista, sbattendo sempre nella sua ciotola, pian piano, curvo, gli s’appressa; coglie il punto in cui Leone, infervorandosi, smette un tratto di sbattere, e gli grida) E che fate adesso?

Leone (con un soprassalto, rimettendosi subito a sbattere) Hai ragione… sì… ecco, sbatto.

Filippo Ma non vedete che codesto parlare della ragione non vi serve ad altro che a farvi perdere la testa?

Leone Oh, senti, se la testa che perdo non deve servirmi ad altro che a sbattere un uovo, caro mio! Abbi pazienza! È necessario, sì, lo riconosco, sbattere le uova; e sono obbediente (ecco qua) a questa necessità che tu m’insegni…

Guido (interrompendo) Siete veramente divini tutti e due!

Leone Nient’affatto! Sono divino io solo! Lui, da un pezzo in qua, corrotto da Bergson…

Filippo Vi prego di credere, che a me non mi ha corrotto nessuno!

Leone Ma sì, caro mio: sei diventato così deplorevolmente umano, che non ti riconosco più! Lasciami un po’ discorrere, perdio! Un po’ di vuoto, mentre a furia di sbattere ho fatto il pieno in questa ciotola!

Si sente una forte scampanellata alla porta. Filippo posando la ciotola, si reca verso l’uscio a destra per andare ad aprire.

Leone (posando la ciotola) Aspetta… aspetta… Vieni qua: slacciami prima questo grembiule…

Filippo eseguisce.

E porta in cucina anche questo.

Si leva il berretto e glielo dà.

Filippo Gli avete fatto onore, ve lo dico io!

Via per l’uscio a sinistra; lascerà in cucina il berretto e il grembiule di Leone e rientrerà poco dopo (mentre si svolgerà la scena seguente rapidissima, tra Leone e Guido) per prendere e portare in cucina anche le due ciotole con le uova sbattute, dimenticandosi di andare ad aprire.

Scena seconda

Leone Gala, Guido Venanzi, poi, di nuovo, Filippo.

Guido (che s’è levato in piedi, fortemente turbato, impacciato, perplesso, alla scampanellata) Hanno… hanno sonato?

Leone (guardandolo e notandone il turbamento) Sì. Che cos’è?

Guido Oh Dio… Leone… sarà lei!

Leone Silia? qua?

Guido Sì, senti, per carità… Ero venuto così per tempo… per prevenirti…

Leone Di che cosa?

Guido D’una cosa che è accaduta jersera —

Leone – a Silia?

Guido Ma niente, sai? una sciocchezza… una vera sciocchezza… Tanto che non te n’ho detto nulla, sperando che… dormendoci sopra, le fosse passata…

Nuova scampanellata, più forte, alla porta.

Guido Eccola qua, invece… è lei di sicuro!

Leone (placido, volgendosi verso l’uscio a sinistra) Socrate, perbacco! e va’ ad aprire!

Guido Aspetta… aspetta…

a Filippo che entra:

Aspettate!

Filippo Me n’ero dimenticato.

Guido Aspettate!

A Leone:

Ti prevengo, Leone, che tua moglie vuol commettere una pazzia.

Leone Non è una novità!

Guido E fartela commettere!

Leone A me? Oh!

A Filippo:

Va’ ad aprire, va’ ad aprire! Le visite di mia moglie, caro Guido, mi sono sempre per questo graditissime.

Filippo, più che mai irritato, va ad aprire.

Guido Ma tu non sai di che si tratta!

Leone Di qualunque cosa si tratti. Lascia fare. Vedrai.

Rifacendosi all’immagine dell’uovo fresco del primo atto:

Lo acchiappo, lo foro, e me lo bevo.

Scena terza

Detti e Silia

Silia (entrando come una bufera e scorgendo Guido Venanzi) Ah, siete qua? Siete venuto a prevenirlo?

Guido No, vi giuro, signora: non ho parlato!

Silia (squadrando il marito) Vedo che lui sa!

Leone No, cara: nulla!

Poi, con un tono quasi nuovo, gaio, alieno:

Buon giorno.

Silia (scrollandosi) Ma che buon giorno!

A Venanzi, fremente:

Se avete fatto questo!

Leone No, no. Parla, sicura di tutto l’effetto di sorpreso che ti ripromettevi. Non m’ha detto nulla. Anzi, se vuoi uscire, e rifar l’entrata, per investirmi all’improvviso…

Silia Bada, Leone, che non sono venuta per scherzare!

A Venanzi:

Perché vi trovo qua, allora?

Guido Ma… ero venuto…

Leone Dille la verità. Per prevenirmi, è vero, di non so quale tua follia…

Silia (saltando) Ah! una mia follia?

Guido Sì, signora: per me, io non posso giudicarla altrimenti.

Leone Ma non me l’ha detta! Non la so!

Guido Sperando che voi non veniste —

Leone – non me ne aveva detto nulla, capisci?

Silia E come sai allora che è “una mia follia”?

Leone Ah, questo, potevo supporlo da me! Ma veramente —

Guido – sì, questo gliel’ho detto io, che è una follia, e lo confermo!

Silia (con gran voce, al colmo dell’esasperazione) Statevi zitto, perché nessuno vi dà il diritto di giudicare della mia suscettibilità!

Pausa: poi, volgendosi al marito come se gli sparasse in petto:

Tu sei sfidato!

Leone Come? Io, sfidato?

Guido Ma che sfidato! No!

Silia Sfidato! Sfidato!

Leone E chi mi ha sfidato?

Guido Ma no…

Silia Ma sì, sfidato! Non so bene, so lui ha sfidato te, o se tu devi sfidare lui; non m’intendo di queste cose; so che ho qua il biglietto di quel miserabile…

Lo cava dalla borsetta

eccolo qua!

Lo dà a Leone.

Vai subito a vestirti e corri in cerca delle due persone che debbono rappresentarti.

Leone Piano… piano…

Silia No. subito! devi far subito! senza dare ascolto a questo signore, che ti vuol far credere a una mia follia, perché così gli conviene!

Leone Ah, gli conviene?

Guido (indignato, fremente) Ma che mi conviene! Scusate, che cosa volete che mi convenga?

Silia Vi conviene! vi conviene! Per miracolo non lo scusate, là… quel mascalzone….

Leone (guardando il biglietto) Ma chi è?

Guido Il marchese Aldo Miglioriti.

Leone Tu lo conosci?

Guido Lo conosco benissimo! Una delle migliori lame della nostra città, capisci?

Silia Ah, per questo dunque?

Guido (pallido, vibrante) Che, per questo? Che intendete dire?

Silia (come tra sé, con scherno e sdegno) Per questo… per questo…

Leone Ma insomma posso sapere che cosa è accaduto? perché sarei sfidato? perché dovrei sfidare?

Silia (scattando) Perché sono stata insultata, oltraggiata. vigliaccamente, sanguinosamente, capisci? in casa mia, per causa tua… perché sola, senza difesa… insultata, oltraggiata… con le mani addosso, qua… a frugarmi… qua, in petto… capisci?… perché hanno sospettato ch’io fossi… ah!

Si copre il volto con le mani, e rompe in un pianto stridulo, convulso, d’onta, di rabbia

Leone Ma come?… da questo marchese?

Silia Erano in quattro… tu li hai visti!

Leone Ah! quei quattro signori ch’erano accanto al portone?

Silia Quelli, quelli, sì; sono saliti, hanno forzato la porta…

Guido Ma se erano brilli! se non erano in sensi!

Leone Ah… come? Tu c’eri?

A questa domanda, grave di finto stupore, succede una pausa di smarrimento in Silia e in Guido.

Guido Sì… ma… non….

Silia (rinfrancandosi subito, aggressiva) E che volevi, che mi difendesse lui? Doveva difendermi lui? Quando mio marito aveva allora allora voltato le spalle, lasciandomi esposta all’aggressione di quattro giovinastri, che, se lui si fosse fatto avanti —

Guido (interrompendo) – io ero di là, capisci? —

Silia (precisando) – nel salotto da pranzo —

Leone (placidissimo) – bevevi qualche altro bicchierino?

Silia (scattando con furia) Ma se me lo dissero, se me lo dissero: “Se ci hai di là qualche signore, fai pure con comodo, sai?”. Non ci mancava altro, per finire di compromettermi, che lui si mostrasse! Guai, guai, se lo avesse fatto! Per fortuna, lo comprese!

Leone Ho capito… ho capito… Ma io sono meravigliato, Silia… no, che dico meravigliato? stupefatto addirittura, che nella tua testolina sia potuto entrare anche questo discernimento, cara!

Silia (stonata, non comprendendo) Che discernimento?

Leone Ma che toccava a me di difenderti, perché il marito sono io, e tu la moglie, e lui… uno che, ma sì, Dio liberi, se fosse entrato in quel momento, tra quei quattro avvinazzati – (tanto più che un po’ brillo doveva essere anche lui)…

Guido Ma che brillo! T’assicuro che io non sono entrato per prudenza.

Leone E hai fatto benone, caro! Il miracolo è qua, è qua: in questa testolina che ha potuto capire codesta tua prudenza… che tu l’avresti compromessa, se ti fossi mostrato… e non t’ha chiamato in difesa, mentr’era aggredita da quei quattro —

Silia (subito, quasi infantilmente) – che mi stavano addosso, sai? tutti, con le mani addosso… per strapparmi la veste —

Leone (a Guido) – capisci? e pensò a me! che toccava a me! È tal miracolo questo, che subito, eccomi qua, subito, subito, sì, sono dispostissimo a fare tutto quel che mi tocca!

Silia (stupita, pallidissima, quasi non credendo ai suoi orecchi) Ah, benissimo!

Guido (subito) Come! Tu accetti?

Leone (piano, sorridendo) Ma sicuro che accetto! Scusa. Per forza. Non sei coerente!

Guido (con stupore) Io?

Leone Ma sì, tu! tu! Perché la mia accettazione è una conseguenza diretta e precisa della tua prudenza.

Silia (trionfante) È vero? Mi pare!

Batte le mani.

Guido (stordito) Come… scusate… come, della mia prudenza?

Leone (grave) Rifletti un poco. Se lei è stata così oltraggiata, e tu hai fatto bene a essere così prudente, viene perfettamente di conseguenza che a sfidare debbo essere io!

Guido Ma nient’affatto! No! Nient’affatto! Perché la mia prudenza è stata… perché… perché capii che mi sarei trovato di fronte a quattro incoscienti —

Silia (di nuovo scattando) – non è vero!

Guido (a Leone) Tu capisci: nel vino, avevano sbagliato porta; hanno chiesto scusa!

Silia Non l’ho accettata! Comoda, la scusa, dopo l’oltraggio! Non dovevo accettarla! Ma guarda! come se l’avessero chiesta a lui! Come se avessero insultato e oltraggiato lui, mentre per prudenza si teneva discosto!

Leone (a Guido) Vedi? Tu ora guasti tutto, mio caro!

Silia L’oltraggio è stato fatto a me!

Leone (a Guido) È stato fatto a lei!

A Silia:

E subito tu, è vero? pensasti a tuo marito!

A Guido;

Scusami, caro: vedo che, proprio, tu non riesci a rifletter bene.

Guido (esasperato, notando la perfidia di Silia) Ma lasciami stare! Che vuoi che rifletta!

Leone (concedendo, sempre con aria grave) Hai ragione, sì, hai ragione di dire che tu l’avresti compromessa, ma non perché erano ubriachi, intendi? Questa, se mai, potrebbe essere una scusa per me, perché io non li sfidi, perché io non li chiami a rispondere dell’oltraggio fatto a lei…

Возрастное ограничение:
12+
Дата выхода на Литрес:
30 августа 2016
Объем:
60 стр. 1 иллюстрация
Правообладатель:
Public Domain

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