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Читать книгу: «Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 2», страница 12

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CAPITOLO XV

Progresso della Religione Cristiana, e sentimenti, costumi, numero e condizione de' primitivi Fedeli

Una ricerca intorno al progresso e stabilimento del Cristianesimo, che abbia semplicemente per guida la ragione e il candore, può considerarsi come una parte molto essenziale dell'Istoria dell'Impero Romano. Mentre quel gran corpo veniva attaccato dalla forza aperta, o con occulte mine condotto appoco appoco alla distruzione, una Religione umile e pura s'andò insensibilmente insinuando nelle menti degli uomini; s'accrebbe nell'oscurità e nel silenzio, acquistò nuova forza dalle opposizioni medesime, che le furon fatte, ed innalzò finalmente lo stendardo vittorioso della Croce sulle rovine del Campidoglio. Nè l'influenza del Cristianesimo si limitò solamente alla durata, o ai confini del Romano Impero: questa Religione dopo un corso di tredici, o quattordici secoli si professa tuttora dalle nazioni dell'Europa, che nell'arti e nelle scienze, non men che nelle armi, formano la parte più distinta dell'uman genere. Mediante l'industria a lo zelo degli Europei, essa largamente si è diffusa fino a' lidi più lontani dell'Asia, e dell'Affrica; e per mezzo delle loro colonie si è stabilito solidamente dal Canadà fino al Chili; in un mondo dagli antichi non conosciuto.

Ma per quanto sia vantaggioso o piacevole tal esame, contiene due principali difficoltà. Gli scarsi e dubbiosi materiali della Storia Ecclesiastica rade volte ci pongono in istato di sgombrare la folta nebbia, che oscura i primi secoli della Chiesa. E la gran legge dell'imparzialità ci costringe troppo spesso a scoprire le imperfezioni dei non inspirati dottori, e credenti dell'Evangelio; onde può sembrare a chi non usa molta attenzione, che le lor mancanze gettino qualche ombra sulla fede che professarono. Ma dovrebbe cessare lo scandalo de' pii credenti, ugualmente che il falso trionfo degl'infedeli, se riflettessero non alla qualità solamente di chi fu l'autore della divina rivelazione, ma di quelli eziandio, ai quali fu questa comunicata. Il teologo può gustare il dolce piacere di rappresentare la religione, quale ci venne dal cielo, ammantata della nativa sua purità; ma un più dispiacevol dovere s'impone all'Istorico, il quale non può non iscoprire l'inevitabil miscuglio di corruzione e d'errore, ch'ella contrasse nel dimorar che fece lungamente sopra la Terra, in mezzo ad enti di una debole e degenerata natura.

La nostra curiosità ci porta naturalmente a cercare per quali mezzi la fede Cristiana ottenne sì riguardevol vittoria sulle religioni già stabilite sopra la terra. Potrebbe darsi a tal domanda una facile, ma soddisfacente risposta, dicendo che attribuir ciò si deve alla convincente evidenza della dottrina, ed alla regolatrice Provvidenza del grand'Autore della medesima. Ma siccome la verità, e la ragione di rado sono così favorevolmente accolte nel mondo, e siccome si compiace bene spesso la saggia Provvidenza di far uso delle passioni del cuore umano, e delle generali circostanze, nelle quali ritrovansi gli uomini, come d'istrumenti per eseguire i propri disegni; così ci si permetterà d'investigare, quantunque colla sommissione dovuta, non già qual fu la prima, ma bensì quali furon le secondarie cagioni del rapido progresso della Chiesa di Cristo. Si farà chiaro per avventura da tal esame, ch'essa fu con la massima efficacia favorita e sostenuta dalle cinque cagioni che seguono: I. Dall'inflessibile, e s'è lecito così dire, intollerante zelo de' Cristiani, proveniente in vero dalla religione Giudaica, ma spogliato di quello spirito ritroso ed insociabile, che in luogo d'invitare avea allontanato i Gentili dall'abbracciar la legge di Mosè. II. Dalla dottrina di una vita futura, avvalorata da ogni special circostanza, che potesse dar peso ed efficacia a quell'importante verità. III. Dal poter de' miracoli, attribuito alla Chiesa primitiva. IV. Dalla pura, ed austera morale de' Cristiani. V. Dalla disciplina, ed unione della Cristiana repubblica, che appoco appoco formò uno stato indipendente, il quale sempre più andò crescendo nel cuore del Romano Impero.

I. Noi abbiamo già descritto l'armonia dell'antico mondo in materia di religione, e con quanta facilità le più differenti ed anche nemiche nazioni abbracciavano, o almen rispettavano le superstizioni l'una dell'altra. Un solo popolo ricusava di unirsi a questo comune commercio dell'uman genere. I Giudei, che sotto le monarchie degli Assirj e de' Persiani avevan languito per molti secoli come la parte più disprezzata de' loro schiavi441, si sollevarono dall'oscurità sotto successori di Alessandro; ed essendo sorprendentemente moltiplicati prima in Oriente poi in Occidente, ben presto eccitarono la curiosità e la maraviglia delle altre nazioni442. La burbera ostinazione, con cui mantenevano le loro speciali cerimonie ed insocievoli usanze, pareva indicare in essi una specie d'uomini distinta dagli altri, che audacemente professavano, o che mal celavano l'odio implacabile, che portavano al resto del genere umano443. Nè la violenza d'Antioco, nè le arti di Erode, nè l'esempio delle nazioni circonvicine poterono mai persuadere i Giudei ad unire con le instituzioni di Mosè l'elegante mitologia de' Greci444. Seguendo le massime di una general tolleranza, i Romani proteggevano anche quelle superstizioni, che disprezzavano445. Augusto, pieno d'indulgenza, condiscese fino a dar ordini, che si offerissero sacrifizi per la sua prosperità nel tempio di Gerusalemme446, laddove se l'infimo della stirpe d'Abramo avesse prestato simile omaggio al Giove del Campidoglio, sarebbe divenuto un oggetto di esecrazione a se stesso, ed a' propri fratelli. Ma la moderazione de' Conquistatori non fu sufficiente a quietare i gelosi pregiudizi de' loro sudditi, che si misero in agitazione e si scandalizzarono, allorchè introdur si dovettero le insegne del Paganesimo nel lor paese, divenuto Provincia Romana447. Il folle attentato di Caligola di porre la propria statua nel tempio di Gerusalemme, andò a voto per l'unanime risoluzione di un popolo, che temeva molto meno la morte, che tale idolatrica profanazione448. Il loro attacco alla legge di Mosè uguagliava l'abborrimento, che avevano per le religioni straniere. Poichè il corso della devozione e dello zelo si trovava riunito in un angusto canale, esso acquistava la forza, ed alle volte ancora il furor di un torrente.

Quest'inflessibile perseveranza, che agli antichi sembrava così odiosa o così ridicola, prende un assai terribil carattere, dacchè si è degnata la Provvidenza di rivelarci la misteriosa istoria del Popolo eletto. Ma diviene sempre più sorprendente il devoto ed anche scrupoloso attaccamento alla religione Mosaica, tanto singolare ne' Giudei, che vissero dopo l'edificazione del secondo tempio, se paragonar si voglia colla pertinace incredulità de' loro maggiori. Quando la legge fu dettata tra i folgori dal monte Sinai; quando furon sospesi i flutti del mare e il corso de' pianeti pel comodo degl'Israeliti; o quando i premj e le pene temporali erano le conseguenze immediate della lor osservanza o disubbidienza, essi continuamente si ribellavano contro la visibile maestà del divino loro Sovrano, collocavano gl'idoli delle genti nel Santuario di Jeovà, ed imitavano qualunque capricciosa ceremonia, che si praticasse nelle tende degli Arabi, o nelle città della Fenicia449. A misura che quella stirpe ingrata restò meritamente priva della protezione del Cielo, andò la lor fede acquistando un corrispondente grado di purità e di vigore. I contemporanei di Mosè e di Giosuè con non curante indifferenza erano stati spettatori de' più sorprendenti miracoli. Sotto il peso poi d'ogni genere di calamità, la fede di tanti miracoli ha preservato gli Ebrei de' tempi posteriori dall'universal contagio della idolatria, e contro tutti i comuni principj dello spirito umano, sembra che questo popolo singolare abbia accordato un più forte e più facile assenso alla tradizione de' suoi remoti antenati, che all'evidenza de' propri sensi.

La religione Giudaica era mirabilmente atta per la difesa, ma per nulla accomodata alle conquiste, e par verisimile che il numero de' proseliti non fosse mai molto maggiore di quel degli apostati. In principio, furon fatte le divine promesse, ed ingiunto il rito della circoncisione, a distinzione degli altri, ad una sola famiglia. Allorchè fu moltiplicata la posterità d'Abramo come le arene del mare, la divinità, che colla propria bocca le aveva dato un sistema di leggi o di cerimonie, si dichiarò il proprio o quasi nazionale Dio d'Israele, e separò colla più gelosa cura il suo popolo favorito dal resto del genere umano. La conquista della terra di Canaan fu accompagnata da tante mirabili, e sanguinose circostanze, che i vittoriosi Giudei restarono in uno stato d'irreconciliabile ostilità con tutti i loro vicini. Era stato comandato loro di estirpare alcune delle più idolatre tribù, e l'esecuzione della volontà divina rare volte fu ritardata dalla debolezza della umana compassione. Ad essi era proibito di contrarre matrimonio o affinità veruna colle altre nazioni, e la proibizione di ammetterle nel loro ceto, che in alcuni casi era perpetuo, si estendeva quasi sempre alla terza, alla settima, ed anche alla decima generazione. Non s'inculcò mai come un precetto della legge l'obbligo di predicare a' Gentili la fede di Mosè; nè gli Ebrei si trovavano disposti ad incaricarsene come d'un volontario dovere. Quest'insocievole popolo nell'ammissione di nuovi cittadini seguitava piuttosto la vanità propria de' Greci, che la politica generosa di Roma. I discendenti d'Abramo eran lusingati dall'opinione di essere i soli eredi dell'alleanza, e temevano di scemare il valore della loro eredità, se la dividevano troppo facilmente con gli stranieri della terra. Una comunicazione più estesa coll'uman genere dilatò le loro cognizioni senza correggere i loro pregiudizi, e se il Dio d'Israele acquistava qualche nuovo devoto, ciò era dovuto al genio incostante del politeismo, piuttosto che allo zelo attivo de' suoi missionari450. Sembra, che la religione Mosaica sia stata instituita per un paese particolare, e per una sola nazione; e se rigorosamente si fosse osservato il precetto, che ogni maschio tre volte l'anno si presentasse avanti il Signore Dio, sarebbe stato impossibile che i Giudei si fossero estesi oltre gli angusti limiti della Terra Promessa451. Si tolse in vero di mezzo simil ostacolo mediante la distruzione del tempio di Gerusalemme; ma in tal distruzione restò involta la parte più riguardevole della religione Giudaica; ed i Pagani, che avevano sempre udito con maraviglia la straordinaria descrizione di un santuario voto di numi452, non sapevano immaginare qual esser potesse l'oggetto, e quali gl'istrumenti di un culto privo di tempj e di altari, di sacerdoti e di sacrifizi. Pure anche nel loro stato d'abbassamento, i Giudei, vantando sempre i sublimi ed esclusivi lor privilegi, evitavano, invece di apprezzare, la società degli stranieri. Sempre insistevano con inflessibil rigore su quelle parti della legge, ch'era in lor facoltà di osservare. Le particolari lor distinzioni di giorni, di cibi, ed una varietà di triviali, quantunque incomode cerimonie, formavano altrettanti oggetti di avversione e di disgusto per le altre nazioni, alle abitudini, ed ai pregiudizi delle quali erano quelle diametralmente contrarie. Il solo penoso, ed anche pericoloso rito della circoncisione serviva a rimuovere un volenteroso proselito dalle porte della Sinagoga453.

In queste circostanze comparve nel mondo il Cristianesimo, armato colla forza della legge Mosaica, e libero dal peso dei ceppi della medesima. Fu con ugual premura inculcato nel nuovo non men che nel vecchio sistema uno zelo esclusivo per la verità della religione e per l'unità di Dio; e tutto ciò, che di nuovo intorno alla natura ed ai disegni dell'Ente supremo fu rivelato al genere umano, era adattato a far crescere la riverenza per quella misteriosa dottrina. Fu ammessa la divina autorità di Mosè e de' Profeti, ed anche stabilita come la base più stabile del Cristianesimo. Fin dal principio del mondo erasi annunziata e preparata, con una serie non interrotta di predizioni, la venuta per lungo tempo attesa del Messia, il quale, per condiscendere alla grossolana immaginazione de' Giudei, era stato più frequentemente rappresentato sotto la figura di Re e di Conquistatore, che sotto quella di Profeta, di Martire, e di Figlio di Dio. Mediante l'espiatorio sacrifizio di lui, furono tutti in una volta consumati ed aboliti gl'imperfetti sacrifizi del Tempio. Alle leggi ceremoniali, che consistevano solamente in segni e figure, successe un culto spirituale e puro, adattato a tutti i climi ugualmente che ad ogni condizione di persone; ed al sangue, collo spargimento del quale s'iniziavano gli uomini, fu sostituita la più innocente iniziazione dell'acqua. La promessa del favor divino, invece di essere parzialmente ristretta alla discendenza d'Abramo, fu proposta universalmente a' liberi ed a' servi, a' Greci ed a' Barbari, agli Ebrei, ed a' Gentili. Fu sempre riservato per i soli membri della Chiesa Cristiana qualunque privilegio che dalla Terra sollevar potesse il proselito al cielo, rinvigorirne la devozione, assicurarne la felicità, o anche soddisfar quel segreto orgoglio, che sotto l'apparenza di devozione s'insinua nel cuore umano; ma nel tempo stesso permettevasi, anzi cercavasi di persuadere ad ognuno di accettare il glorioso distintivo, che non solamente si offeriva come un favore, ma imponevasi eziandio come un obbligo. Per un nuovo convertito era un dovere il più sacro quello di spargere fra' propri amici e parenti l'inestimabil benefizio, ch'esso avea ricevuto, e di ammonirli che il rifiuto, che ne avesser fatto, sarebbe stato severamente punito, come una peccaminosa disubbidienza al volere di una benigna, ma onnipotente Divinità.

La liberazione però della Chiesa da' vincoli della Sinagoga fu un'opera alquanto lunga e difficile. I Giudei convertiti, che ravvisavano in Gesù il carattere del Messia predetto da' loro antichi oracoli, lo rispettavano come un Profeta, che insegnava la virtù e la religione; ma stavan ostinatamente attaccali alle cerimonie dei loro maggiori, e desideravano di soggettarvi anche i Gentili, che continuamente accrescevano il numero dei credenti. Sembra che questi giudaizzanti Cristiani traessero con qualche plausibilità i loro argomenti dalla origine divina della legge di Mosè, e dalle immutabili perfezioni del grande Autore di essa. Sostenevano questi che se l'Ente, il quale è sempre il medesimo per tutta l'eternità, avesse disegnalo di abolire que' sacri riti, ch'eran serviti per distinguere il suo Popolo eletto, sarebbe stata la rivocazione di quelli non meno chiara e solenne, che la prima loro promulgazione: che invece di quelle frequenti dichiarazioni, che o suppongono, o assicurano la perpetuità della religione Mosaica, si sarebbe questa rappresentata, come un piano provvisionale, che doveva durar solamente fino alla venuta del Messia, il quale avrebbe dimostrato agli uomini una forma più perfetta di culto e di fede454: che il Messia medesimo, ed i suoi discepoli, i quali conversarono con lui sulla terra, piuttosto che autorizzare col loro esempio la più minuta osservanza della Mosaica legge455, avrebbero pubblicato al mondo l'abolizione di quelle inutili ed antiquate ceremonie, senza permettere che il Cristianesimo per tanti anni restasse oscuramente confuso tra le Sette della Chiesa Giudaica. Simili argomenti pare, che sieno stati usati in difesa della causa della legge Mosaica spirante; ma l'industria de' nostri dotti Teologi ha largamente spiegato l'ambiguo linguaggio del Testamento vecchio, e la dubbiosa condotta dei predicatori apostolici. Egli era conveniente di sviluppare a grado a grado il sistema dell'Evangelio, e di pronunziare, colla massima cautela e riservatezza, una sentenza di condanna, ch'era tanto ripugnante alle inclinazioni, ed ai pregiudizi degli Ebrei convertiti.

L'Istoria della Chiesa Gerosolimitana somministra una forte prova della necessità di tali cautele, e della profonda impressione che avea fatto la Religion Giudaica nelle menti de' suoi seguaci. I primi quindici Vescovi di Gerusalemme furon tutti Giudei circoncisi; e la congregazione, a cui presedevano, univa la legge di Mosè colla dottrina di Cristo456. Era naturale, che la primitiva tradizione di una Chiesa, ch'era stata fondata solo quaranta giorni dopo la morte di Cristo, e governata quasi altrettanti anni sotto l'immediata inspezione degli Apostoli, si ricevesse come il modello della retta fede457. Le Chiese lontane si rimettevano assai spesso all'autorità della venerabile loro madre, e sollevavano con una generosa contribuzione di elemosine le angustie di essa. Ma quando si stabilirono società numerose ed opulente nella gran città dell'Impero, come in Antiochia, in Alessandria, in Efeso, in Corinto, ed in Roma, appoco appoco diminuì la riverenza, che Gerusalemme aveva inspirato a tutte le colonie Cristiani. I Giudei convertiti o i Nazareni, come furon chiamati dopo, che avevan gettati i fondamenti della Chiesa, in breve si trovaron sopraffatti dalla moltitudine, che sempre cresceva, e che da tutte le diverse religioni del politeismo arrolavasi alla milizia di Cristo; ed i Gentili, che avevano, coll'approvazione del loro particolare Apostolo, scosso l'intollerabil peso delle cerimonie Mosaiche, ricusarono finalmente ai loro più scrupolosi fratelli quella medesima tolleranza, ch'essi a principio avevano umilmente implorata per le lor proprie usanze. La rovina del tempio, della città, della pubblica religione degli Ebrei fu gravemente sensibile ai Nazareni, come a quelli, che nelle costumanze, se non nella fede, conservavano un'intima connessione cogli empj lor nazionali, le disgrazie de' quali, si attribuivano da' Gentili al disprezzo e da' Cristiani con più ragione allo sdegno del sommo Dio. I Nazareni si ritirarono dalle rovine di Gerusalemme alla piccola città di Pella di là dal Giordano, dove languì nella solitudine e nell'oscurità quell'antica Chiesa più di sessant'anni458. Essi avevan sempre la consolazione di fare frequenti e devote visite alla Città santa, e la speranza di essere un giorno ristabiliti in que' luoghi, che per natura e per religione eran portati ad amare, non meno che a rispettare. Ma finalmente, sotto il regno di Adriano, il disperato fanatismo degli Ebrei pose il colmo alle loro calamità, ed i Romani, esacerbati dalle ripetute lor ribellioni, esercitarono con insolito rigore i diritti della vittoria. L'Imperatore fondò una nuova città col nome d'Elia Capitolina sul monte Sion459, alla quale concesse i privilegi delle colonie; ed avendo stabilite le più severe pene contro qualunque Giudeo, che avesse ardito di accostarsi a' recinti di quella, vi pose la guardia di una coorte Romana per invigilare all'esecuzione de' suoi comandi. A' Nazareni restava un solo mezzo di evitare la comun proscrizione, e fu in quest'occasione assistita la forza della verità dall'influenza di temporali vantaggi: i medesimi dessero per loro Vescovo Marco, ch'era Gentile d'origine, e molto probabilmente nativo o dell'Italia o di qualche provincia Latina. Alle persuasive di lui la maggior parte della congregazione rinunziò alla legge Mosaica, nella pratica di cui avevano essi perseverato sopra cent'anni; e mediante questo sacrificio de' loro usi e pregiudizi furono liberamente ammessi nella colonia d'Adriano, e si strinse più fortemente la loro unione nella Chiesa Cattolica460.

Quando gli onori, ed il nome della Chiesa di Gerusalemme si restituirono al monte Sion, furono imputati agli oscuri avanzi de' Nazareni, che ricusarono di accompagnare il loro Vescovo Latino, i delitti di eresia e di scisma. Essi conservaron sempre l'antica loro abitazione di Pella; si sparsero per i villaggi vicini a Damasco; e formarono una piccola chiesa nella Città di Berea, o come si dice adesso, d'Aleppo nella Siria461. Fu creduto il nome di Nazareno troppo onorevole per que' Cristiani giudaizzanti, ed in breve, a cagione della supposta povertà del loro intelletto, non meno che della lor condizione, riceverono il dispregevole titolo di Ebioniti462. Pochi anni dopo il ritorno della Chiesa di Gerusalemme, s'incominciò a dubitare, se un uomo, che sinceramente riconoscesse Gesù per Messia, ma continuasse ad osservare la legge Mosaica, potesse sperar di salvarsi. La dolce indole di Giustino martire lo faceva inclinare a scioglier tal questione affermativamente; e quantunque si esprimesse colla più riservata diffidenza, osò tuttavia di determinarsi a favore di tale imperfetto Cristiano, qualora fosse contento di praticare in privato le cerimonie Mosaiche senza pretendere di sostenerne generalmente l'uso, o la necessità. Ma quando Giustino fu pressato a dichiarare il sentimento della Chiesa, confessò che vi erano molti fra gli ortodossi Cristiani, che non solo escludevano i lor giudaizzanti fratelli dalla speranza di salvazione, ma evitavano ancora ogni commercio con loro ne' comuni officj di amicizia, di ospitalità, e di vita sociale463. La opinione più rigorosa prevalse, com'era natural di supporre, alla più dolce, e si alzò una muraglia di separazione per sempre fra i discepoli di Mosè e quelli di Cristo. Gl'infelici Ebioniti, rigettati da una delle due religioni come apostati, dall'altra come eretici, si trovaron costretti ad assumere un carattere più determinato; e sebbene si scoprano fino al quarto secolo alcune tracce di quella vecchia setta, pure insensibilmente andarono ad incorporarsi o nella Chiesa o nella Sinagoga464.

Mentre la Chiesa ortodossa teneva un giusto mezzo fra l'eccessiva reverenza, e l'inconveniente disprezzo per la legge di Mosè, diversi cretini deviarono ugualmente agli opposti estremi della stravaganza, e dell'errore. Gli Ebioniti avevan concluso dalla riconosciuta verità della religione Giudaica, ch'essa non poteva esser abolita giammai; ed i Gnostici dalle supposte imperfezioni della medesima con ugual precipitazione inferirono che quella non era stata mai instituita dalla sapienza divina. Vi sono alcune obbiezioni contro l'autorità di Mosè e de' Profeti, che si presentano troppo facilmente ad uno scettico, quantunque possan derivare solamente dall'ignoranza, in cui siamo della remota antichità, e dalla nostra incapacità di formare un adeguato giudizio della divina economia. Queste obbiezioni furono con impegno abbracciate, e con ugual protervia sostenute dalla vana scienza dei Gnostici465. Poichè questi eretici erano per la maggior parte alieni dai piaceri del senso, bruscamente attaccavano la poligamia de' Patriarchi, le galanterie di David, ed il serraglio di Salomone. Non sapevano come poter conciliar la conquista della terra di Canaan, e l'inesorata estirpazione de' nativi abitanti di quella, colle nozioni comuni di umanità e di giustizia. Ma quando poi esaminavano la sanguinosa lista dell'uccisioni, dell'esecuzioni e delle stragi, che macchiano quasi ogni pagina degli annali Giudaici, venivano in cognizione, che i Barbari della Palestina dimostrato avevano anche verso i loro nazionali ed amici tanta compassione, quanta ne avevano esercitata verso i loro idolatri nemici466. Da' settarj della legge passando alla legge medesima, asserivano esser impossibile, che una religione consistente solo in sanguinosi sacrifizi ed in vane cerimonie, della quale i premj ed i gastighi eran tutti di una natura carnale e temporale, inspirasse l'amore della virtù, o raffrenasse l'impeto delle passioni. Il racconto, che fa Mosè della creazione e della caduta dell'uomo, trattavasi con profana derisione dai Gnostici, che non volevano sentir con pazienza parlare del riposo della Divinità dopo l'opera di sei giorni, nè della costa d'Adamo, del giardino d'Eden, degli alberi della vita e della scienza, del serpente che parla, del frutto vietato, e della condanna eterna, pronunziata contro la specie umana per la venial colpa de' primi progenitori467. I Gnostici empiamente rappresentavano il Dio d'Israele come un ente sottoposto alla passione ed all'errore, capriccioso ne' suoi favori, implacabile nello sdegno, e bassamente geloso del superstizioso suo culto, e che limitava la sua parzial providenza ad un solo popolo, ed alla transitoria vita presente. In tal carattere non potevano essi ravvisare alcun distintivo del saggio ed onnipotente Padre dell'Universo468. Accordavano che la religion de' Giudei era alquanto meno empia che l'idolatria de' Gentili; ma la dottrina loro fondamentale era, che Cristo da essi adorato, come la prima e più luminosa emanazione della Divinità, comparve sopra la terra per liberare il genere umano da' vari errori e per rivelare un nuovo sistema di verità o di perfezione. I più dotti fra' Padri, per una ben singolare condiscendenza, hanno imprudentemente ammesso le sofistiche sottigliezze dei Gnostici. Riconoscendo che il senso letterale ripugna ad ogni principio di ragione e di fede, si son creduti sicuri ed invulnerabili dietro all'ampio velo dell'allegoria, ch'essi hanno avuta la cura di stendere sopra qualunque minima parte della narrazione Mosaica469.

Con maggior ingegno che verità è stato notato, che la virginal purità della Chiesa non fu mai violata da scisma o da eresia veruna, prima del regno di Traiano o d'Adriano, che fioriron circa cent'anni dopo la morte di Cristo470. Noi possiamo assai più propriamente osservare, che in quel tratto di tempo a' seguaci del Messia fu accordato un campo più libero sì nella fede che nella pratica, di quel che fosse loro permesso in alcuno de' seguenti secoli. Siccome s'andarono appoco appoco ristringendo i limiti della comunione, e si esercitava con sempre maggior rigore la spirituale autorità del partito che prevaleva, molti de' principali membri della Chiesa, a' quali fu intimato di rinunziare alle private loro opinioni, s'impegnarono a sostenerle, a tirar delle conseguenze da' falsi loro principj, e ad alzare apertamente bandiera di ribellione contro l'unità della Chiesa. I Gnostici si distinguevano come la parte più culta, più dotta, e più facoltosa del Cristianesimo, e tal generale denominazione, che indica una superiorità di cognizioni, o ebbe origine dal lor proprio orgoglio, o ad essi fu ironicamente applicata dall'invidia de' loro avversari. Essi erano quasi tutti Gentili di nascita, e sembra, che i primi lor fondatori fosser nativi della Siria o dell'Egitto, dove il calore del clima disponeva tanto la mente che il corpo all'indolente contemplativa devozione. I Gnostici mescolavano alla fede di Cristo molte sublimi ma oscure opinioni, che avevano tratte dalla filosofia orientale, ed eziandio dalla religione di Zoroastro, intorno all'eternità della materia, all'esistenza de' due principj, ed alla misteriosa gerarchia del mondo invisibile471. Ingolfati che furono in quel vasto abisso, lasciaronsi trasportare da una immaginazione disordinata; e come vari ed infiniti sono i sentieri dell'errore, i Gnostici si trovarono insensibilmente divisi in più di cinquanta Sette particolari472, fra le quali par che le più celebri siano state quelle de' Basilidiani, de' Valentiniani, de' Marcioniti, e qualche tempo dopo de' Manichei. Ciascheduna di queste Sette vantava i propri Vescovi, le proprie Assemblee, i suoi Dottori, e Martiri particolari473, ed in luogo de' quattro Evangeli ammessi dalla Chiesa, gli Eretici allegavano una moltitudine d'istorie, nelle quali si adattavano le azioni, ed i discorsi di Cristo e degli Apostoli, alle rispettive loro opinioni474. Il progresso dei Gnostici fu rapido ed esteso475: occuparono essi l'Asia e l'Egitto, si stabilirono in Roma, e penetrarono fin qualche volta nelle province dell'Occidente. Per la maggior parte insorsero nel secondo secolo; fiorirono durante il terzo; e furon soppressi nel quarto, o quinto per cagione delle controversie più moderne, che prevalsero, e del superiore ascendente della potestà Imperiale. Quantunque però disturbassero continuamente la pace della Chiesa, e spesso degradassero l'onor della religione, contribuirono ciò nonostante a promuovere piuttosto che a ritardare il progresso del Cristianesimo. I convertiti Gentili, i più forti pregiudizi ed obbiezioni de' quali dirigevansi contro la legge di Mosè, potevano essere ammessi in molte società Cristiane, che non esigevano dalle loro non istruite menti alcuna credenza di antecedenti rivelazioni. La loro fede appoco appoco si fortificava e si estendeva, e la Chiesa in ultimo veniva a far la conquista de' suoi più inveterati nemici476.

Ma per quanto diverse fossero le opinioni tra gli Ortodossi, gli Ebioniti ed i Gnostici rispetto alla divinità, o all'obbligazione della legge Mosaica, essi erano però tutti ugualmente animati dall'istesso zelo esclusivo, e dall'istesso abborrimento per l'idolatria, che aveano distinto i Giudei dalle altre nazioni dell'antichità. Un filosofo, che risguardava il sistema del politeismo come una mera composizione dell'umana frode e dell'errore, poteva coprire un sorriso di sprezzo sotto la maschera della devozione, senza temere che la condiscendenza, o lo scherno esporre lo potesse allo sdegno di alcun invisibile, o com'egli supponeva, immaginario potere. Ma da' primitivi Cristiani si riguardavano le già stabilite religioni del Paganesimo in un aspetto molto più odioso e formidabile. Era sentimento universale sì della Chiesa che degli Eretici, che i demonj fosser gli autori, i patrocinatori, e gli oggetti dell'idolatria477. Era sempre permesso a quegli spiriti ribelli, ch'erano stati deposti dallo stato d'angeli, e precipitati nel baratro infernale, di vagare sopra la terra per tormentare i corpi, e sedurre le menti de' malvagi. I demonj conobbero tosto la natural propensione del cuore umano verso la devozione, e ne abusarono, artificiosamente alienando gli uomini dall'adorazione del loro Creatore, ed usurpando il luogo e gli onori dovuti al sommo Dio. Mediante l'effetto delle maliziose loro arti, soddisfecero la propria lor vanità e vendetta, ed ottennero nel tempo stesso il solo conforto, di cui essi erano ancor suscettivi, cioè la speranza di render partecipe la specie umana della lor colpa e miseria. Si asseriva, o almeno si supponeva, che si fossero distribuiti fra loro i più importanti caratteri del politeismo, avendo l'uno assunto il nome e gli attributi di Giove; un altro di Esculapio, un terzo di Venere, ed un quarto forse d'Apollo478; e che mediante la lunga loro esperienza ed aerea natura, fosser capaci di eseguire con sufficiente perizia e dignità le parti, che avevan preso a rappresentare. Si celavano essi ne' tempj; instituivano feste e sacrifizi; inventavano favole; pronunziavan oracoli; e spesso credevasi, che facessero de' miracoli. I Cristiani, che per mezzo degli spiriti maligni potevano così facilmente spiegare ogni sovrannaturale apparenza, eran disposti, ed anche desideravan d'ammettere le più stravaganti finzioni della pagana mitologia. Ma la professione di Cristiano le facea risguardar con orrore; si ravvisava il più tenue segno di rispetto pel culto nazionale come un omaggio direttamente prestato al demonio, e come un atto di ribellione contro la maestà di Dio.

441.Dum Assyrios penes, Medosque, et Persas oriens fuit, despectissima pars servientium, Tacit. Hist. V. 8. Erodoto, che visitò l'Asia, quand'era soggetta all'ultimo di questi Imperj, fa superficial menzione de' Sirj della Palestina, che, secondo la propria lor confessione, avevan ricevuto il rito della circoncisione dall'Egitto. Vedi l. II. c. 104.
442.Diodoro Siculo, l. XI. Dion. Cassio l. XXXVII. p. 121. Tacit., Hist. V. 1-9 Giustin. XXXVI. 2, 3.
443.Tradidit arcano quaecumque volumine Moses,Non mostrare vias eadem nisi sacra colenti,Quaesitos ad fontes solos deducere verpos.  Le parole di questa legge non si trovano presentemente ne' libri di Mosè. Ma il saggio, l'umano Maimonide apertamente insegna, che se un idolatra cade nell'acqua, non deve il Giudeo soccorrerlo per salvarlo dalla morte imminente. Vedi Basnag. Hist. des Juifs l. VI. c. 28.
444.Alcuni Giudei, chiamati Erodiani da Erode, per l'esempio ed autorità del quale erano stati sedotti, formarono una setta, la quale adattavasi ad una specie di conformità accidentale; ma il loro numero fu così piccolo, e così breve la loro durata, che Gioseffo non gli ha neppure creduti degni di farne menzione. Vedi Prideaux Vol. II. p. 285.
445.Cicer. pro Flacco c. 23.
446.Philo de legatione. Augusto lasciò un fondo per un sacrifizio perpetuo. Ciò nonostante approvò il disprezzo che verso il Tempio di Gerusalemme dimostrava Caio di lui nipote. Vedi Svetonio (in Aug. c. 93) e le note del Casaubono a quel luogo.
447.Vedi specialmente Gioseffo (Antiq. XVII. 6. XVIII. 3 de bell. Judaic. I 33. II. 9. Ediz. Havercamp.)
448.Jussi a Cajo Caesare effigiem ejus in Templo locare, arma potius sumpsere. Tacit. Hist. V. 9. Filone, e Gioseffo danno una ben circostanziata, ma molto retorica narrazione di questo fatto, che pone in un'estrema perplessità il Governatore della Siria. Alla prima proposta di tal atto idolatrico il Re Agrippa restò privo di sensi, nè potè ricuperarne l'uso che dopo tre giorni.
449.Quanto al numero delle Deità Siriache ed Arabiche è da osservarsi, che Milton in centotrenta bellissimi versi ha compreso le due vaste ed erudite raccolte, che ha fatte il Seldeno su tal astruso argomento.
450.Tutto ciò che appartiene ai proseliti degli Ebrei, è stato molto eruditamente trattato dal Basnagio (Hist. des Juifs l. VI, c. 6, 7).
451.Vedi Exod. XXIV. 23. Deuter. XVI. 16, i Commentatori ed una nota molto considerabile nell'Istoria universale. Vol. I. p. 603 ediz. in fol.
452.Quando Pompeo, servendosi, o abusando piuttosto del diritto di conquistatore, entrò nel Sancta Sanctorum, fu osservato con istupore nulla intus Deum effigie vacuam sedem et inania arcana. Tacit. Histor. V. 9. Relativamente a' Giudei questo era un detto popolare, che
  Nil praeter nubes, et coeli numen adorant.
453.I proseliti Samaritani, o Egizj erano sottoposti ad una seconda specie di circoncisione. Può vedersi un'ostinata indifferenza de' Talmudisti rispetto alla conversione degli stranieri appresso Basnagio (Hist. des Juifs l. VI c. 6.)
454.Questi argomenti furono con grand'ingenuità sostenuti dall'Ebreo Orobio, e confutati con ugual candore dal Cristiano Limborchio. Vedi l'Amica Collatio (merita essa ben questo nome) ovvero il ragguaglio della disputa, che si fece tra loro.
455.Jesus… circumcisus erat; cibis utebatur Judaicis, vestitu simili; purgatos scabie mittebat ad sacerdotes: Paschata et alios dies festos religiose observabat: si quos sanavit sabatho, ostendit non tantum ex lege, sed et exceptis sententiis talia opera sabatho non interdicta. Grotius de verit. Relig. Christ. l. V. c. 7. Poco dopo (c. 12.) egli si diffonde sulla condiscendenza degli Apostoli.
456.Pene omnes Christum Deum sub legis observatione credebant Sulpic. Sever. II. 31. Vedi Euseb. Hist. Eccl. l. IV. c. 5.
457.Mosheim. de rebus Christ. ante Constantinum M. p. 153. In quest'opera magistrale, ch'io avrò occasione di citare frequentemente, egli parla con molta maggior estensione dello stato della primitiva Chiesa, di quel che abbia luogo di farlo nella sua Storia generale.
458.Euseb. (l. III. c. 5.) Le Clerc. (Hist. Eccl. p. 605.) Nel tempo di quest'accidentale assenza la Chiesa di Pella col proprio Vescovo ritenne sempre il nome di Gerusalemme. Nella istessa guisa i Pontefici Romani risederono per settant'anni in Avignone, ed i Patriarchi d'Alessandria da gran tempo han trasferito al Cairo la sede loro Episcopale.
459.Dion. Cassio (l. LXIX). Attesta l'esilio della nazione Giudaica da Gerusalemme Aristone di Pella (ap. Enseb. l. IV. c. 6) e ne fanno menzione molti scrittori ecclesiastici: sebbene alcuni di loro estendano troppo incautamente questa proibizione a tutta la Palestina.
460.Euseb. (l. IV. c. 6). Sulpic. Severo. II. 31. Mosemio confrontando insieme i loro imperfetti racconti (p. 327) ha formata una ben distinta istoria delle circostanze, e de' motivi di questa rivoluzione.
461.Sembra che le Clerc (Hist. Eccl. p. 477, 535.) abbia raccolto da Eusebio, Girolamo, Epifanio, ed altri scrittori, tutte le principali circostanze relative a' Nazareni o Ebioniti. Per la natura stessa delle lor opinioni si divisero ben presto in due Sette, una più rigorosa, l'altra più dolce; e v'è qualche motivo di congetturare, che la famiglia di Gesù Cristo si trovasse fra' membri almeno del secondo più moderato partito.
462.Alcuni scrittori han voluto creare un Ebione, immaginario autore della Setta, e del nome di essi: ma con maggior sicurezza può credersi all'erudito Eusebio che al veemente Tertulliano, o al credulo Epifanio. Secondo le Clerc, la parola Ebraica Ebionim corrisponde alla Latina Paupares. Vedi (Hist. Eccl. p. 477.)
463.Vedi il Dialogo molto curioso di Giustino martire con Trifone giudeo. Seguì conferenza fra loro in Efeso al tempo di Antonino Pio, a circa venti anni dopo il ritorno della Chiesa di Pella in Gerusalemme. Per questa data si consulti ciò che nota diligentemente il Tillemont (Memoir. Eccles. Tom. II. p. 54).
464.Fra tutte le Sette Cristiane quella dell'Abissinia è la sola, che sempre osserva i riti Mosaici (Ist. Ecclesiast. di Etiopia di Geddes, e dissertazione di le Grand sulla relazione del P. Lobo). L'eunuco della Regina Candace potrebbe somministrare qualche sospetto; ma siccome siam certi (Socrat. I. 19; Sozomen. II. 24. Ludolph. p. 281) che gli Etiopi non furon convertiti prima del quarto secolo, è più ragionevol di credere ch'essi venerassero il sabbato, e distinguessero i cibi vietati ad imitazione de' Giudei, che molto per tempo si erano stabiliti sopra ambe le rive del Mar Rosso. Era stata praticata la circoncisione da' più antichi Etiopi per motivi di pulizia e di salute, come sembra esser dimostrato nelle Ricerche filosofiche su gli Americani. (Tom. II. p. 117).
465.Beausobre (Hist. du Manicheisme l. I. c. 3) ha determinato le lor' obbiezioni, specialmente quelle di Fausto, avversario di Agostino, colla più dotta imparzialità.
466.Apud ipsos fides obstinata, misericordia in promptu: adversus omnes alios hostile odium. Tacit. (Hist. V. 5). Sicuramente avea Tacito riguardato gli Ebrei con occhio troppo favorevole. La lettura di Gioseffo avrebbe potuto distrugger l'antitesi.
467.Il Dottore Burnet (Archaeolog. l. II. c. 7) ha discusso i primi capitoli della Genesi con troppa libertà ed acutezza.
468.I Gnostici più moderati risguardavano Jeova, il Creatore, come un ente di una natura di mezzo fra quella di Dio, e del Demonio. Altri lo confondevano col principio cattivo. Si consulti il secondo secolo dell'Istoria generale di Mosemio, che fa una breve ma assai distinta narrazione degli strani lor pensamenti su tal soggetto.
469.Vedi Beausobre Histoire du Manicheisme (liv. I. c. 4.) Origene e S. Agostino si contano fra gli allegoristi.
470.Hegesipp. presso Eusebio (l. III. 32. IV. 22.) Clement. Aless. Strom. VII. 17.
471.Relativamente ai Gnostici del secondo e del terzo secolo, Mosemio è ingegnoso ed ingenuo; le Clerc pesante, ma esatto; Beausobre quasi sempre apologista; e v'è gran motivo di temere, che i primitivi Padri siano bene spesso calunniatori.
472.Vedi i cataloghi d'Ireneo e d'Epifanio. Bisogna confessare però, che questi Scrittori erano inclinati a moltiplicare il numero delle Sette, che opponevansi all'unità della Chiesa.
473.Eusebio (l. IV. c. 15,) Sozomeno (lib. II. c. 32). Vedasi appresso Bayle, nell'articolo Marcione, un curioso ragguaglio di una disputa su tal articolo. Parrebbe, che alcuni fra i Gnostici (vale a dire i Basilidiani) evitassero, ed anche ricusassero l'onor del martirio. Le lor ragioni erano singolari ed astruse. Vedi Mosem. p. 359.
474.Vedasi un passo molto considerabile di Origene (Proem. ad Lucam.). Quest'istancabile scrittore, che avea consumata la propria vita nello studio delle Scritture, per la loro autenticità si riferisce all'inspirata autorità della Chiesa. Egli era impossibile, che i Gnostici potessero ammettere i presenti nostri Evangeli, una gran parte dei quali (specialmente rispetto alla Risurrezione di Cristo) è direttamente, e come può sembrare, a bella posta formata contro le opinioni lor favorite. Ond'è alquanto singolare che Ignazio (Epist. ad Smirn. Patr. Apost. Tom. II. p. 34) volesse far uso di una dubbiosa ed incerta tradizione, piuttosto che citare la sicura testimonianza degli Evangelisti.
475.Faciunt favos et vespae; faciunt ecclesias et Marcionitae. Questa è la forte espressione di Tertulliano, che io son costretto di citare a memoria. Al tempo di Epifanio (adv. Haeres. p. 302) i Marcioniti eran molto numerosi nell'Italia, nella Siria, nell'Egitto, nell'Arabia, e nella Persia.
476.Agostino somministra un memorabil esempio di questo successivo progresso dalla ragione alla fede. Esso fu per molti anni impugnato nella setta de' Manichei.
477.L'unanime sentimento della primitiva Chiesa è molto chiaramente spiegato da Giustino martire (Apolog. Major.), da Atenagora (Legat. c. 22. ec.), da Lattanzio (Inst. Divin. II. 14-19).
478.Tertulliano (Apol. c. 23) allega la confessione degli stessi Demonj, ogni volta che venivano tormentati dagli Esorcisti Cristiani.
Возрастное ограничение:
12+
Дата выхода на Литрес:
28 сентября 2017
Объем:
390 стр. 1 иллюстрация
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Правообладатель:
Public Domain

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