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Читать книгу: «In Cerca di Vendetta», страница 2

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CAPITOLO TRE

Riley rimase a guardare il messaggio, avvertendo un senso di panico crescere dentro di lei.

Non le fu difficile intuire che cosa fosse accaduto. Jenn Roston aveva aperto il file non appena lei e Riley si erano separate, aveva scoperto il suo contenuto e si era messa già al lavoro, provando a chiudere l’operazione Hatcher.

Ma, con il suo messaggio, lo stesso evaso aveva annunciato, come gesto di sfida, che Jenn non era riuscita nell’intento.

Tutto è già cominciato.

Shane Hatcher era ancora a piede libero, ed era arrabbiato. Con le sue risorse finanziarie intatte, poteva dimostrarsi più pericoloso che mai.

Devo rispondergli, pensò. Devo ragionare con lui.

Ma come? Che cosa poteva dire per non farlo infuriare di più?

Infine, le venne in mente che Hatcher poteva non comprendere totalmente ciò che stava succedendo.

Come poteva sapere che era la Roston a sabotare la sua rete, e non Riley? Forse poteva fargli comprendere almeno quello.

Le sue mani tremavano, mentre digitava una risposta.

Mi lasci spiegare.

Ma quando provò ad inviare il messaggio, lo vide segnato come “non spedito.”

Riley gemette con disperazione.

Era successa la stessa cosa anche l’ultima volta che aveva provato a mettersi in contatto con Hatcher: lui le aveva inviato un messaggio criptico, poi aveva chiuso la comunicazione con lei. Un tempo era stata in grado di comunicare con Hatcher tramite videochiamata, messaggi e persino telefonate. Ma quei giorni erano finiti.

Ora, non aveva alcun modo per rintracciarlo.

Ma lui, al contrario, poteva ancora mettersi in contatto con lei.

La seconda frase del suo nuovo messaggio era particolarmente inquietante.

“Non mi dica che non l’avevo avvertita.”

Riley ripensò a quello che le aveva scritto l’ultima volta che aveva comunicato con lui.

“Lei vivrà per pentirsene. Ma potrebbe non essere così per la sua famiglia.”

Riley sussultò e disse ad alta voce …

“La mia famiglia!”

Tremava mentre tentava di comporre il numero di casa sul cellulare. Sentì uno squillo dall’altro capo del telefono, che continuò a suonare libero. Infine si attivò la segreteria telefonica, e la donna ascoltò la sua stessa voce.

Riley fece un grande sforzo per impedirsi di gridare.

Perché nessuno rispondeva? Le scuole erano chiuse per le vacanze di primavera. Le sue figlie avrebbero dovuto essere in casa. E dov’era la governante, che viveva con loro, Gabriela?

Proprio prima che il messaggio in uscita terminasse, sentì la voce di Jilly, la tredicenne che Riley stava per adottare. La ragazzina sembrò ansante.

“Ciao mamma. Gabriela è andata a fare la spesa. April, Liam e io eravamo fuori in cortile, a giocare a calcio. Pensiamo che Gabriela torni da un momento all’altro.”

Riley si accorse di stare trattenendo il fiato. Fece un cosciente sforzo per ricominciare a respirare.

“Va tutto bene?” chiese.

“Certo” Jilly rispose, alzando le spalle. “Perché me lo chiedi?”

Riley lottò per calmarsi.

“Jilly, potresti andare a dare un’occhiata dalla finestra per me?”

“OK” Jilly disse.

Riley sentì dei passi.

“Sto guardando” la ragazza disse.

“Il furgone degli agenti dell’FBI è ancora fuori?”

“Sì. E anche quello nel vicolo. L’ho appena visto, quando era in cortile. Se quello Shane Hatcher si farà vedere, quegli uomini lo prenderanno di sicuro. C’è qualcosa che non va? Mi stai spaventando.”

Riley si costrinse a ridere.

“No, non c’è niente che non vada. Sto solo agendo, insomma sto agendo come una mamma, immagino.”

“OK. A dopo.”

La telefonata si concluse, ma Riley era ancora sconvolta.

Andò in fondo al corridoio, e poi si diresse all’ufficio di Brent Meredith.

La donna balbettò: “Signore, io, ho bisogno di prendermi il resto della giornata libera.”

Meredith distolse lo sguardo dal proprio lavoro.

“Potrei chiederle il motivo, Agente Paige?” le domandò.

Riley aprì la bocca, ma non ne uscì alcuna parola. Se avesse spiegato di essere stata appena minacciata da Shane Hatcher, l’uomo avrebbe insistito per vedere il messaggio in questione. E come poteva mostrarglielo senza ammettere di aver appena consegnato il file a Jenn Roston?

Meredith ora sembrava preoccupato, quasi consapevole che ci fosse qualcosa che non andava e di cui Riley non poteva parlare.

“Vada” le disse. “Spero che vada tutto bene.”

Il cuore di Riley era colmo di gratitudine per la comprensione e la discrezione dimostrate da Meredith.

“Grazie, signore” rispose.

Poi, si precipitò fuori dall’edificio e, raggiunta la propria auto, guidò fino a casa.

*

Avvicinandosi alla sua villetta a schiera in un tranquillo quartiere di Fredericksburg, notò con sollievo che il furgone dell’FBI era ancora al suo posto. Riley sapeva che ce n’era un altro posteggiato nel vicolo. Sebbene i due veicoli non avessero segni distintivi, non si poteva certo dire che non davano nell’occhio. Ma era inevitabile.

Riley parcheggiò la sua auto nel suo vialetto d’accesso, raggiunse il furgone e guardò all’interno dal finestrino del lato passeggero.

Due giovani agenti erano seduti davanti, Craig Huang e Bud Wigton. A quella vista Riley si sentì sollevata: aveva un’alta considerazione dei due, e aveva lavorato con Huang molte volte recentemente. Il giovane si era dimostrato un po’ troppo zelante per i gusti di Riley, quando era appena giunto al BAU, ma stava trasformandosi rapidamente in un ottimo elemento. Non conosceva bene Wigton, che però godeva di un’eccellente reputazione.

“Novità?” Riley chiese loro attraverso il finestrino.

“Niente” Huang replicò.

Huang sembrava annoiato, ma Riley ne era lieta. L’assenza di novità era decisamente una buona notizia, per quanto la riguardava. Ma sarebbe durata?

“Vi spiace se do un’occhiata dentro?” Riley domandò.

“Faccia pure” Huang rispose.

Lo sportello laterale del furgone, senza finestrini, si aprì, e Riley entrò all’interno trovandovi un’altra agente, Grace Lochner. Riley sapeva che anche Grace godeva di un’ottima reputazione al BAU.

La Lochner era seduta davanti ad un insieme di schermi. Si voltò verso Riley, rivolgendole un sorriso.

“Che cos’ha qui?” Riley chiese.

Entusiasta di mostrare tutta la tecnologia a sua disposizione, la Lochner indicò un paio di schermi che mostravano vedute dall’alto del quartiere.

Spiegò: “Qui abbiamo delle immagini satellitari in tempo reale, che mostrano tutte le persone che vanno e vengono nell’arco di mezzo miglio da qui. Nessuno può avvicinarsi senza essere visto da noi.”

Ridendo un po’, la Lochner aggiunse: “Sono contenta che lei viva in un quartiere tranquillo. Ci semplifica il lavoro.”

Poi indicò diversi altri schermi che mostravano attività a livello della strada.

Aggiunse: “Abbiamo telecamere nascoste nel quartiere, per vedere ciò che accade più da vicino. Possiamo verificare le targhe di qualsiasi veicolo che si avvicina qui.”

Si sentì una voce uscire fuori da un interfono.

“Avete una visita?”

La Lochner rispose: “L’Agente Paige è appena passata a salutare.”

La voce disse: “Salve, Agente Paige. Sono l’Agente Cole, nel veicolo appostato dietro alla sua casa. Con me ci sono anche gli Agenti Cypher e Hahn.”

Riley sorrise. Quelli erano tutti nomi familiari, di agenti ben rispettati.

Riley rispose: “Mi fa piacere avervi qui.”

“Il piacere è nostro” l’Agente Cole rispose.

Riley era stupita dalla comunicazione tra i due furgoni. Vide le immagini del furgone dietro casa sua su un paio di schermi della Lochner. Ovviamente, nulla poteva accadere ad una  squadra senza che l’altra lo sapesse immediatamente.

Riley trovò conforto anche nel vedere la grande quantità di armi all’interno del furgone. La squadra ne aveva a sufficienza per respingere un piccolo esercito, se necessario.

Ma non poté fare a meno di chiedersi se sarebbe stato sufficiente a battere Shane Hatcher. Lasciò dunque il furgone ed entrò in casa, cercando di tranquillizzarsi.

Nemmeno Shane Hatcher avrebbe potuto superare tutto quell’apparato di sicurezza.

Eppure, non riusciva a fare a meno di ricordare il messaggio che aveva appena ricevuto.

Non mi dica che non l’avevo avvertita.

CAPITOLO QUATTRO

Quando Riley entrò, l’abitazione sembrava stranamente vuota.

“Sono a casa” gridò.

Nessuno rispose.

Dove sono tutti? Il senso d’allarme cominciò a mutare in panico.

Shane Hatcher era riuscito ad evitare tutti i controlli?

Riley si sforzò di non immaginare che cosa potesse essere accaduto, in quel caso. Il battito ed il respiro accelerarono, mentre si precipitava in soggiorno.

Tutti e tre i ragazzi, April, Liam e Jilly erano lì. April e Liam stavano giocando a scacchi, e Jilly invece, era impegnata con un videogioco.

“Non mi avete sentito?” chiese.

Tutti e tre sollevarono lo sguardo, guardandola con espressioni vuote. Erano tutti ovviamente concentrati sulle loro attività.

Stava per chiedere loro dove fosse Gabriela, quando sentì la voce di quest’ultima proprio dietro di lei.

“E’ a casa, Señora Riley? Ero di sotto, e mi è sembrato di averla sentita arrivare.”

Riley sorrise dinnanzi alla tarchiata donna guatemalteca.

“Sì, sono appena entrata” disse, respirando normalmente ora.

Con un cenno di benvenuto e un sorriso, Gabriela si voltò e si diresse in cucina.

April distolse lo sguardo dalla partita che stava giocando con Liam.

“Va tutto BENE, mamma? Sembri agitata.”

“Sto bene” fu la risposta di Riley.

April rivolse di nuovo la sua attenzione alla partita.

Riley si concesse un istante per meravigliarsi di quanto matura sembrasse la sua figlia quindicenne. Era magra, alta e mora, con gli stessi occhi nocciola di Riley. April aveva affrontato molti pericoli durante gli ultimi mesi. Ma sembrava che stesse molto bene ultimamente.

Riley guardò Jilly, una ragazza più piccola con la pelle olivastra e grandi occhi neri, che stava per adottare. Al momento, Jilly era seduta di fronte ad un grande schermo, impegnata a sparare ai cattivi.

Riley si accigliò un po’. Non amava particolarmente i videogiochi violenti. Ai suoi occhi facevano sembrare la violenza, specie quella provocata dalle armi da fuoco, troppo affascinante e troppo addolcita. Credeva che esercitassero una cattiva influenza specialmente sui ragazzi.

Eppure, tutto considerato, pensava che forse quei giochi erano innocui rispetto alla stessa esperienza di Jilly. Dopotutto, la tredicenne era sopravvissuta a veri orrori. Quando Riley aveva trovato Jilly, la ragazza stava tentando di vendere il proprio corpo, colta da una profonda disperazione. Grazie a lei, ora aveva una chance di una vita migliore.

Liam distolse lo sguardo dalla scacchiera.

“Ehi, Riley. Mi stavo chiedendo …”

Esitò prima di formulare la sua domanda.

Liam era l’ultimo arrivato in casa. Riley non aveva alcuna intenzione di adottare il ragazzo ,alto ed allampanato con i capelli rossi e gli occhi blu. Ma l’aveva salvato da un padre ubriaco che lo aveva picchiato. Aveva bisogno di un posto dove vivere al momento.

“Che cosa c’è, Liam?” Riley gli chiese.

“Va BENE se partecipo ad una gara di scacchi domani?”

“Potrei andarci anch’io?” aggiunse April.

Riley sorrise di nuovo. Liam ed April avevano una storia, quando il ragazzo era venuto a vivere lì, dormendo in soggiorno, ma avevano promesso di tenere la loro relazione in sospeso, per il momento. Dovevano essere hermanos solamente, come aveva richiesto Gabriela: solo fratello e sorella.

A Riley piaceva Liam, soprattutto per via dell’influenza positiva che il brillante ragazzo esercitava su April. Aveva fatto sì che la ragazza s’interessasse agli scacchi, alle lingue straniere e allo studio in generale.

“Certo che potete andarci entrambi” la donna disse.

In quello stesso istante, avvertì nuovamente la preoccupazione crescere in lei. Prese il cellulare, trovò alcune foto di Shane Hatcher, e le mostrò a tutti e tre i ragazzi.

“Ma dovete stare attenti a Shane Hatcher” disse. “Avete queste foto sui vostri cellulari. Tenete sempre a mente il suo aspetto. Chiamatemi subito, se vedete qualcuno che assomiglia a lui.”

Liam ed April rivolsero a Riley uno sguardo sorpreso.

“Ce l’hai già detto” Jilly disse. “E abbiamo guardato quelle foto mille volte. E’ cambiato qualcosa?”

Riley esitò per un momento. Non intendeva spaventare i ragazzi. Ma sentiva che avevano bisogno di essere messi in guardia.

“Ho ricevuto un messaggio da Hatcher poco tempo fa” disse. “Era …”

Esitò ancora.

“Era una minaccia. Ecco perché voglio che stiate tutti in guardia.”

Con sorpresa di Riley, Jilly le rivolse un grosso sorriso.

“Questo significa che non dobbiamo andare a scuola anche quando le vacanze di primavera saranno finite?” chiese.

Riley era stupita dalla noncuranza di Jilly. Si chiese per un attimo se la ragazza non avesse avuto una buona idea. Doveva tenere i ragazzi fuori dalla scuola? E Liam ed April non dovevano andare alla gara di scacchi l’indomani?

Prima che finisse di riflettere, April esclamò: “Non essere sciocca, Jilly. Naturalmente dovremo continuare ad andare a scuola. Non si può mettere in pausa la nostra vita.”

Poi, rivolgendosi a Riley, la ragazza aggiunse: “Non è una vera minaccia. Persino io lo so. Ricordi quello che è successo a gennaio?”

Riley ricordava tutto fin troppo bene. Hatcher aveva salvato April e l’ex-marito di Riley, Ryan, da un killer che intendeva vendicarsi contro Riley. Ricordava anche come Shane Hatcher avesse restituito il killer legato e imbavagliato, così che Riley potesse gestirlo a sua discrezione.

April proseguì: “Hatcher non ci farebbe del male. Ha fatto di tutto per salvarmi.”

Forse April ha ragione, pensò Riley. Almeno per quanto riguardava lei e gli altri ragazzi. Ma era contenta che gli agenti fossero posizionati fuori.

April alzò un po’ le spalle ed aggiunse: “La vita va avanti. Dobbiamo tutti continuare a fare ciò che abbiamo sempre fatto.”

Jilly disse: “E ciò vale anche per te, mamma. E’ un bene che tu sia tornata a casa prima. Hai molto tempo per prepararti per stasera.”

Per un secondo, Riley non riuscì a ricordare che cosa volesse dire Jilly.

Poi le venne in mente: aveva un appuntamento quella sera con il suo affascinante ex- vicino, Blaine Hildreth. Era il proprietario di uno dei ristoranti informali, più alla moda, lì a Fredericksburg. Doveva passare da lì a prendere Riley, e portarla ad una meravigliosa cena.

April saltò in piedi.

“Ehi, è giusto!” esclamò. “Forza, mamma. Andiamo di sopra, ti aiuterò a scegliere qualcosa da indossare.”

*

Qualche ora più tardi, quella stessa sera, Riley era seduta a lume di candela al Blaine’s Grill, godendosi un tempo meraviglioso, ottimo cibo e un’affascinante compagnia. Seduto al tavolo di fronte a lei, c’era Blaine, bello come sempre: solo di pochi anni più giovane di Riley, magro e in forma, con una lieve stempiatura.

Riley lo trovava anche un piacevole conversatore. Mentre consumavano una deliziosa cena a base di pasta con pollo al rosmarino, parlavano degli ultimi eventi, di ricordi di molto tempo prima, di viaggi e di quanto accadeva a Fredericksburg.

Riley era contenta che la loro chiacchierata non si fosse basata neanche per una volta sul suo lavoro al BAU. Non era dell’umore adatto anche solo a pensarci. Blaine sembrò percepirlo, e evitò di accennare all’argomento. Una cosa che Riley davvero apprezzava di Blaine era la sua sensibilità nei confronti dei suoi stati d’animo.

In effetti, c’era davvero poco di lui che Riley non apprezzasse.

Avevano avuto un diverbio non molto tempo prima. Blaine aveva provato a fare ingelosire Riley, sfruttando un’amica, e ci era riuscito fin troppo bene. Ora, entrambi erano pronti a ridere di quanto fossero stati infantili.

Forse a causa del vino, Riley si sentiva calda e rilassata dentro. Blaine era una confortevole compagnia: recentemente divorziato proprio come lei, e ansioso di andare avanti con la sua vita, quasi senza sapere come.

Finalmente, arrivò il dessert, il preferito di Riley: cheesecake ai lamponi. La donna sorrise leggermente, ricordando come April avesse chiamato segretamente Blaine, in occasione di un precedente appuntamento, per dirgli delle preferenze di Riley, tra cui la cheesecake ai lamponi e la sua canzone preferita: “One More Night” di Phil Collins.

Mentre si godeva il dolce, Riley parlò delle sue figlie, raccontando specialmente di come Liam si stesse ambientando.

“All’inizio, ero un po’ preoccupata” ammise. “Ma è davvero un bravo ragazzo, e noi tutte amiamo averlo in casa.”

Riley fece un momento di pausa. Era davvero un lusso avere qualcuno con cui parlare dei suoi dubbi e preoccupazioni a casa.

“Blaine, non so che cosa farò con Liam nel lungo termine. Non posso proprio rimandarlo da quel bruto alcolizzato di suo padre, e solo Dio sa che cosa ne sia stato di sua madre. Ma non vedo come io possa legalmente adottarlo. Prendere con me Jilly è stato piuttosto complicato, e la procedura di adozione non è ancora stata completata. Non so se posso rifarlo.”

Blaine le sorrise, comprensivo.

“Ti occuperai delle cose una alla volta, immagino” le disse. “E qualunque cosa farai, sarà la scelta migliore per lui.”

Riley scosse la testa un po’ tristemente.

“Vorrei esserne certa” rispose.

Blaine si allungò verso di lei, e le prese la mano.

“Ecco, dammi retta” disse. “Quello che hai già fatto per Liam e Jilly è meraviglioso e generoso. Ti ammiro molto per questo.”

Riley sentì formarsi un nodo alla gola. Quanto spesso accadeva che qualcuno le dicesse una cosa simile? Spesso era elogiata per il lavoro svolto al BAU, e aveva persino ricevuto una Medaglia della Perseveranza recentemente. Ma non era affatto abituata ad essere elogiata per delle semplici attività umane. Sapeva a malapena come prenderla.

Poi, Blaine disse: “Sei una brava donna, Riley Paige.”

Riley sentì le lacrime formarsi nei suoi occhi. Rise nervosamente, mentre le asciugava.

“Oh, guarda che cos’hai fatto” disse. “Mi hai fatto piangere.”

Blaine alzò le spalle, e il suo sorriso divenne persino più caloroso.

“Scusa. Stavo solo provando ad essere brutalmente sincero. La verità a volte fa male, immagino.”

Scoppiarono entrambi a ridere per alcuni istanti.

Infine, Riley disse: “Ma non ti ho chiesto di tua figlia. Come sta Crystal?”

Blaine distolse lo sguardo con un sorriso dolceamaro.

“Crystal sta alla grande, ha buoni voti, è felice e contenta. Ora è al mare con i cugini e mia sorella, per le vacanze di primavera.”

Blaine sospirò leggermente. “E’ solo per un paio di giorni, ma è incredibile quanto in fretta cominci a sentirne la mancanza.”

Riley fece un grande sforzo per non ricominciare di nuovo a piangere. Aveva sempre saputo che Blaine era un padre meraviglioso. Come sarebbe stato avere una relazione più permanente con lui?

Attenta, si disse. Non affrettare le cose.

Nel frattempo, aveva quasi terminato la sua cheesecake ai lamponi.

“Grazie, Blaine” gli disse. “E’ stata davvero una piacevole serata.”

Guardandolo negli occhi, aggiunse: “Odio che debba finire.”

Ricambiando lo sguardo, Blaine le strinse la mano.

“Chi dice che debba finire?” le domandò.

Riley sorrise. Sapeva che il suo sorriso era sufficiente per rispondere a quella domanda.

Dopotutto, perché la loro serata doveva concludersi? L’FBI vegliava sulla sua famiglia, e nessun killer stava richiedendo la sua attenzione.

Forse era ora che lei si divertisse.

CAPITOLO CINQUE

A George Tully non piaceva l’aspetto di un mucchio di terra sulla strada. Ma non sapeva esattamente il perché.

Nulla di cui preoccuparsi, si disse. La luce del mattino gli stava giocando, probabilmente, un brutto scherzo.

Inspirò aria fresca. Poi, si abbassò e raccolse una manciata di terra. Come sempre, sembrava morbida e ricca. Aveva anche un buon odore, era arricchita dai residui delle precedenti colture di grano, da foglie e spighe mescolate nella terra.

Buona vecchia terra nera dell’Iowa, pensò, mentre sbriciolava frammenti di terra tra le dita.

La famiglia di George aveva vissuto lì per anni, perciò da tutta la vita conosceva quel buon terreno. Ma non se n’era mai stancato, e il suo orgoglio nel coltivare la terra più ricca del mondo non era mai svanito.

Alzò lo sguardo sui campi che si estendevano fin dove l’occhio potesse vedere. La terra era stata arata negli ultimi due giorni. Era pronta e in attesa che i semi di grano, spruzzati con insetticida, fossero gettati dove ogni nuovo stelo di granturco presto sarebbe apparso.

Aveva tenuto ritardato la semina fino a quel momento per essere sicuro del tempo. Naturalmente, non era possibile escludere in assoluto che si verificasse una gelata, particolarmente tardiva, e rovinasse il raccolto. Riuscì a ricordare un bizzarro aprile degli anni ’70, che aveva colto il padre di sorpresa. Ma quando George percepì un soffio di aria calda e sollevò lo sguardo, dirigendolo verso le nuvole in alto, che popolavano il cielo, si sentì tanto sicuro quanto poteva sperare di esserlo.

Oggi è il giorno, pensò.

Mentre George restava fermo ad osservare, il suo dipendente Duke Russo giunse alla guida di un trattore, con seminatrice che trattava circa dodici metri di terra. Quella macchina avrebbe seminato ben sedici file per volta, divise da settantasei centimetri, un seme alla volta, depositando il fertilizzante in cima ad ognuno di essi, coprendo il seme e passando poi oltre.

I figli di George, Roland e Jasper, rimasti nel campo ad attendere l’arrivo del trattore, si mossero nella direzione del veicolo, che era diretto ad un lato del campo. George sorrise. Duke ed i ragazzi facevano una buona squadra. Non c’era alcun bisogno che George fosse presente durante la semina. Fece loro tre cenni di saluto, poi si voltò e tornò al suo camion.

Ma quello strano mucchio di terra accumulato vicino alla strada attrasse ancora la sua attenzione. Che cosa c’era che non andava? Il dissodatore se ne era dimenticato? Non riusciva ad immaginare come poteva essere accaduto.

Forse una marmotta aveva scavato proprio lì.

Ma, mentre si recava verso il punto, vide che non era stata opera di alcuna marmotta. Non c’era alcuna apertura, e il suolo era normale.

Sembrava che qualcosa fosse stato sepolto lì.

George ringhiò sottovoce. Talvolta, vandali e teppisti gli davano dei problemi. Un paio di anni prima, alcuni ragazzi della vicina Angier avevano rubato un trattore, e l’avevano utilizzato per demolire un capanno per gli attrezzi. Più recentemente, altri invece avevano spruzzato oscenità con vernice su recinzioni e pareti e persino sul bestiame.

Era stato irritante ed offensivo.

George non aveva alcuna idea del perché i ragazzi sbucassero fuori dal nulla per procurargli dei guai. Non aveva mai fatto loro del male, per quanto ne sapesse. Aveva riportato gli incidenti a Joe Sinard, il capo della polizia di Angier, ma nulla era  mai stato fatto a riguardo.

“Che cos’hanno fatto quei bastardi stavolta?” disse ad alta voce, calpestando il terreno.

Immaginò che avrebbe fatto meglio a scoprirlo. Qualunque cosa ci fosse sepolta, avrebbe potuto rompere la sua attrezzatura.

Si voltò verso la squadra e fece cenno a Duke di fermare il trattore. Quando il motore fu spento, George gridò ai figli.

“Jasper, Roland, portatemi quella pala nella cabina del trattore.”

“Cosa c’è, papà?” Jasper gridò al genitore.

“Non lo so. Fallo e basta.”

Un istante dopo, Duke ed i ragazzi lo raggiunsero. Jasper diede la pala al padre.

Mentre il gruppo osservava curioso, George scavò nella terra con la pala. Immediatamente, uno strano e acido odore penetrò nelle sue narici.

Fu colpito da un timore istintivo.

Che cosa diavolo c’è qua sotto?

Spalò un po’ di volte, eliminando terra, finché non colpì qualcosa di concreto ma morbido.

Spalò più attentamente, provando a scoprire qualunque cosa ci fosse. Presto, apparve qualcosa di pallido.

A George occorsero alcuni istanti per assorbire che cosa fosse.

“Oh, Signore!” sussultò, con lo stomaco che si contorceva per l’orrore.

Era una mano, la mano di una ragazza.

399
599 ₽
Возрастное ограничение:
16+
Дата выхода на Литрес:
02 апреля 2020
Объем:
302 стр. 4 иллюстрации
ISBN:
9781640292789
Правообладатель:
Lukeman Literary Management Ltd
Формат скачивания:
epub, fb2, fb3, ios.epub, mobi, pdf, txt, zip

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