Читать книгу: «Il Sorriso Perfetto», страница 3

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“Un accoltellamento, piuttosto raccapricciante. Nessun movente né alcun sospettato per il momento. Ma tutti e due i tuoi amici sono fan dei coltelli, giusto?”

“È vero,” confermò Jessie.

“Potrebbe non avere niente a che fare,” continuò Decker, “ma è la prima aggressione in cui mi imbatto e che sembra combaciare con il profilo.”

“Quindi ha in programma di farla rientrare in campo?” chiese Murph, anche se già sapeva la risposta.

“Beh, immagino che con un agente dell’FBI come partner e diversi agenti federali che vigilano su di lei, dovrebbe essere al sicuro. È una considerazione scorretta?”

“Capitano Decker,” rispose Murph con tono neutro. “Il generale punto di vista del Servizio Federale è che nessun protetto sia mai veramente al sicuro. E la mia personale opinione è che mettere questa testimone sotto protezione sul campo, direttamente a investigare su un omicidio potenzialmente commesso da una delle persone da cui stiamo cercando di proteggerla, sia singolarmente insicuro.”

“Ma,” intervenne Jessie, finalmente pronta a tirare fuori il suo asso nella manica, “non è realmente peggio dello stato attuale. Ormai da quasi due settimane sono stata sotto protezione. Ma nessuno ha scoperto nulla sugli uomini che mi danno la caccia, che possa cambiare tale stato attuale. La cosa sta diventando un costo per la città, per il Dipartimento di Polizia di Los Angeles e per il Servizio Federale, senza nessun risultato in vista. Per il modo in cui stanno andando le cose, potrei davvero trovarmi a dover assumere una nuova identità… per la seconda volta in vita mia!”

“Noi non la vediamo…” iniziò Murph.

“La prego di lasciarmi finire, agente,” lo interruppe Jessie, la sua voce ora priva di ogni traccia di sarcasmo o impertinenza. “Questa cosa deve finire. Faccio incubi ogni notte dove i miei protettori vengono assassinati. Salto per ogni rumore inaspettato e mi irrigidisco per ogni movimento improvviso. Sono una prigioniera in quella casa, anche se non ho fatto niente di sbagliato. Non è così che voglio vivere. Preferisco tentare di catturare questi uomini e finire morta, piuttosto che passare il resto dei miei giorni vivendo nella paura. Ho le abilità e le conoscenze per trovarli entrambi. Permettetemi di fare buon uso delle mie competenze. Non è una richiesta irragionevole.”

Decker e Murph si scambiarono un’occhiata. Dopo quella che parve un’eternità, l’agente federale parlò.

“Ne discuterò con Corcoran,” disse, poi aggiunse: “se accetterà certi termini.”

“Quali termini?” chiese Jessie, anche se era disposta ad accettare praticamente tutto a questo punto.

“La sua squadra di protezione rimane con lei tutto il tempo, nessun tentativo di seminarla. Lei continua a passare le notti nella casa messa in sicurezza. Lei accetta tutte le precauzioni di sicurezza sul campo, anche le manovre evasive che potrebbe considerare eccessive. Lei si sottopone al giudizio dei federali in qualsiasi scenario, indipendentemente da quanto eccessivamente cauta lei reputi la cosa. Se le diciamo di andarsene, lei se ne va, senza obiezioni. Può accettare questi termini, signorina Hunt?”

“Sì,” rispose lei senza esitazione, che accettasse realmente di aderirvi o meno.

“Allora, in attesa di autorizzazione da parte del mio superiore, potete procedere.”

Jessie guardò Decker, che pareva essere impegnato a contenere un sorriso.

“Vuole conoscere il suo collega temporaneo?” le chiese.

CAPITOLO QUATTRO

Jessie non era impressionata.

L’agente dell’FBI prestato al dipartimento per il caso di accoltellamento assomigliava a un vecchio giocatore di baseball chiamato a giocare perché tutti i migliori erano infortunati. Mentre gli andava incontro per presentarsi, Jessie notò che l’uomo, che sembrava essere – anno più anno meno – sulla quarantina, aveva una pancia piuttosto prominente per essere un agente dell’FBI.

Oltre a questo, i capelli erano lunghi e spettinati, e quasi del tutto grigi. Il volto segnato e l’odore di mare suggerivano che passasse più tempo a fare surf che a lavorare su un caso. Il soprabito che indossava aveva il colletto liso e il nodo della cravatta appariva allentato. E anche se era soltanto mattina, aveva già accumulato un’impressionante gamma di macchie di cibo sui pantaloni stropicciati.

“Jack Dolan,” disse, porgendole la mano mentre si avvicinava, ma senza aggiungere alcuna altra forma di saluto.

“Jessie Hunt,” disse lei, cercando di non sussultare per la sua stretta salda e forte.

“Ah sì, la famosa profiler forense, barra figlia di un serial killer, barra donna che sussurra agli psicopatici, che si nasconde dagli uomini che colpiscono di notte.”

“È quello che c’è scritto sul mio biglietto da visita,” rispose Jessie con tono acido, non proprio allietata dai presupposti che quel tizio stava elencando così su due piedi.

“Agente Dolan,” si intromise Decker, interrompendo il gelido scambio, “dato che il caso di accoltellamento di Studio City ha diverse potenziali caratteristiche tipiche sia di Xander Thurman che di Bolton Crutchfield, abbiamo deciso che la signorina Hunt debba unirsi a lei per valutare se ci sia la probabilità che uno di loro possa essere il responsabile.”

Dolan guardò Decker, poi Jessie e infine Murph.

“Quindi,” chiese, apparentemente confuso. “Ora sono io a farle da baby sitter? O facciamo a gara per chi arriva per primo?”

Jessie aprì la bocca, incerta su cosa poter dire senza dover ricorrere a delle parolacce. Ma prima che potesse anche solo dire una parola, Decker rispose.

“La consideri la sua collega per la durata del caso. Scommetto che lei coprirebbe le spalle di un collega, giusto, agente Dolan? Questo non è un caso diverso.”

Dolan trattenne la lingua. Con la coda dell’occhio, Jessie vide Murph che sopprimeva un sorriso. Si rivolse allora a Decker.

“Posso parlarle privatamente un secondo?” gli chiese.

Lui annuì ed entrambi fecero per uscire in corridoio.

“Aspettate,” disse Murph. “Usciamo io e l’agente. Voi due parlate qui: meno persone vi vedono e meglio è.”

Dopo che furono usciti, Jessie si voltò verso Decker con occhi di fuoco.

“È una specie di punizione? È per questo che mi sta mettendo a lavorare con questo tipo? Non potrebbe semplicemente sollevare Hernandez dal caso che sta seguendo e mettermi in squadra con lui?”

“Il detective Hernandez non è disponibile,” rispose lui con tono indifferente ma deciso. “Non andiamo a tirare fuori dei detective da un caso di triplice omicidio per accontentare i capricci di altri agenti. Non si aspetti di sentirlo a breve. Se accade, significa che non sta facendo il suo lavoro. Inoltre Dolan è più qualificato per questo caso. Ed è lui che è stato messo a disposizione dal Bureau. Quindi trovi un modo per lavorarci insieme. Altrimenti se ne può tornare alla sua casa di sicurezza. Sta a lei decidere, Hunt.”

*

Il tragitto in auto fino a Studio City fu particolarmente spiacevole.

Dolan chiaramente non era felice di dover viaggiare nel sedile posteriore di una berlina guidata da un agente federale. Murph e Toomey allo stesso modo non erano entusiasti di dover fare da autisti a due scontrosi investigatori. E Jessie era più o meno scocciata per tutto.

Nonostante quello che Dereck le aveva detto, si sentiva come se ci fossero tre baby sitter con lei nell’auto, e altri due nel veicolo che li seguiva. A quanto pareva il suo collega considerava il suo coinvolgimento nel caso solo una concessione simbolica. E gli agenti federali erano chiaramente risentiti per aver assunto quel ruolo di valletti accompagnatori. Quando arrivarono sulla scena del crimine, erano tutti tesi.

Toomey trovò facilmente la casa. Era la bella casetta a un piano in stile spagnolo con mezza dozzina di auto della polizia e infinite strisce di nastro giallo attorno. C’erano anche due furgoncini della televisione. L’agente passò oltre e parcheggiò a metà dell’isolato, dove nessuno li avrebbe visti.

“Come ci organizziamo?” chiese al resto dell’equipaggio. “Non possiamo permettere che la Hunt si faccia vedere entrare in quella casa. Se questa è opera di Thurman o di Crutchfield, staranno molto attenti se lei si fa vedere o meno. E anche se non si tratta di loro, certo non vogliamo che la sua faccia venga spiattellata su tutti i notiziari.”

Jessie aspettò che qualcuno di loro suggerisse la soluzione più ovvia. Vedendo che non lo facevano, prese la parola.

“Andiamo verso il retro,” ordinò loro. “Non c’è nessun vialetto. Significa che c’è un accesso al garage dal viale. Lì saremo alla larga dalle troupe televisive, che non riusciranno a portare i loro grossi furgoni da quella parte. In questo modo dovremmo riuscire ad entrare senza avere troppe videocamere o macchine fotografiche nelle vicinanze.”

Nessuno parve avere obiezioni, quindi Toomey rimise l’auto in moto e seguì le sue istruzioni. Avvisò via radio gli altri agenti per metterli a conoscenza del piano e disse loro di restare sulla strada principale.

In effetti lo stretto viale era bloccato da macchine di pattuglia da entrambi i lati. Loro passarono oltre e uscirono. Murph e Dolan mostrarono i badge all’agente più vicino, che li lasciò passare senza chiedere il documento né di Toomey, né di Jessie, che era ovviamente riluttante a rivelare la propria identità a chiunque, anche a un poliziotto.

Entrarono a piedi dal cancello sul retro e salirono i gradini del portico fino all’ingresso, dove un altro agente chiese le loro generalità. Questo era più riluttante a farli passare senza vedere i documenti di ciascuno. Ma Dolan si chinò in avanti e sussurrò all’orecchio dell’uomo qualcosa che Jessie non poté sentire. L’uomo annuì e fece un passo indietro per farli entrare.

Mentre varcavano la soglia, Jessie cercò di eliminare dalla propria testa tutti gli intoppi della mattinata per concentrarsi solo su ciò che la circondava. Ora si trovava impegnata in un caso e la vittima, chiunque essa sia, meritava tutta la sua attenzione.

La porta sul retro si apriva sulla cucina, che era in stile contemporaneo e ben fornita dei più moderni elettrodomestici. In effetti tutto sembrava così nuovo e intatto da sembrare che ogni cosa fosse stata messa a nuovo negli ultimi sei mesi. Qualcosa di quel posto le ricordava le ville nuove di zecca di tutte quelle ricche coppie della contea di Orange, dove lei aveva brevemente vissuto prima di venire a sapere che il suo attuale ex-marito, Kyle Voss, era un violento sociopatico.

“Chi vive qui?” chiese senza rivolgersi a nessuno in particolare.

Nell’angolo c’era agente in uniforme dall’aspetto giovane e con i capelli biondi che sentendola venne loro incontro.

“Pensavo che i detective avessero finito,” disse.

“L’FBI sta dando una mano,” spiegò Dolan, mostrando il suo cartellino e guardando la targhetta con il nome del giovane agente. “Può dirci qualcosa, agente Martin?”

“Sì, signore,” rispose Martin. “La casa è affittata a due donne. Gabrielle Cantu e Claire Stanton. La Stanton è la vittima. Aveva ventitré anni. È stata trovata questa mattina presto dalla Cantu e dall’uomo con cui era uscita.”

“Dove si trova ora la Cantu?” chiese Jessie.

“A casa dell’uomo,” rispose l’agente Martin. “Vive subito dopo la collina fuori da Mulholland Drive. La ragazza non ha familiari in città, quindi lui si è offerto di ospitarla fino a che non si sentirà meglio. È chiaro che non si senta a suo agio all’idea di tornare qui, e non lo sarà per un bel po’.”

“Dove è stata trovata la Stanton?” chiese Dolan.

“Nel bagno,” disse Martin. “Vi faccio vedere.”

Mentre faceva strada lungo il corridoio, Jessie notò che gli agenti federali Murph e Toomey stavano a distanza. Sembravano meno interessati ai dettagli del caso che a osservare tutti gli altri – agenti, gente presente sulla scena del crimine – all’interno della casa. Anche in una casa piena di agenti di polizia, tutto era considerato come potenziale minaccia per un testimone sotto protezione, nella fattispecie lei.

Jessie si chiese di che genere di affari si occupassero Gabrielle e Claire per potersi permettere di affittare un posto come quello ad appena vent’anni. Pensò che fossero entrambe impiegate in aziende di alto livello.

Ma la sua esperienza maturata fino ad ora in questo lavoro le diceva che era più probabile che fossero modelle o beneficiarie di fondi fiduciari. Poteva anche darsi che fossero attrici. E anche se era uno stereotipo, il fatto che abitassero nella San Fernando Valley aumentava le possibilità che si esibissero in spettacoli di varietà per adulti.

Il salotto aveva un grande televisore mega-schermo con altoparlanti per il dolby surround, poltrone in pelle e un angolo bar. Quando imboccarono il corridoio che portava alle camere, Jessie notò che non c’era molto da dire in materie di pezzi d’arte. C’erano gingilli e dispositivi tecnologici, ma niente che suggerisse che le tenutarie avessero investito a lungo termine sulla casa.

Quando raggiunsero la prima camera da letto, l’agente Martin si fermò.

“Questa era la stanza di Claire Stanton,” disse. “Il bagno la collega alla camera dell’altra ragazza. È così che l’ha trovata. La Stanton era nella vasca.”

“La squadra che si occupa della scena del crimine ha finito qui?” chiese Jessie. “Va bene se entriamo?”

“Sì. Il corpo è stato portato via. Se vuole le posso far mandare le foto dall’investigatore della scena del crimine.”

“Grazie,” rispose Jessie, entrando nel bagno.

Il corpo era stato anche portato via, ma i resti della carneficina erano ancora lì. Mentre il resto del bagno appariva intatto, la vasca, un modello in stile antico, posizionata al centro, era ricoperta di sangue, la maggior parte del quale si era raggrumato in una pozza scura e viscosa vicino al buco di scolo.

Mentre Jessie studiava la scena, le foto le arrivarono sul telefono dal CSI. Lei le aprì mentre Dolan, che aveva ricevuto lo stesso messaggio, faceva la stessa cosa con il suo telefono.

Nella prima immagine il corpo di Claire Stanton si vedeva steso nella vasca, a faccia in su, con un braccio allungato fuori dal bordo. Aveva gli occhi sgranati e il sangue le scendeva dal collo, ricoprendole il petto e buona parte del volto.

Ciononostante, si vedeva che la ragazza era bella, anche più delle camionate di bellocce che aspiravano a Hollywood. Bionda e piccolina, con gambe e braccia toniche e abbronzate, assomigliava alla cheerleader principale di una grossa università.

Altre fotografie mostravano particolari del collo e delle ferite inferte. Anche se era difficile esserne sicuri, una prima ispezione dei tagli, irregolari e sbrindellati, dava l’impressione che non fossero stati causati da coltelli. Se Jessie avesse dovuto indovinare, avrebbe detto un cacciavite o…

“Chiavi,” disse Dolan.

“Cosa?” chiese l’agente Martin dall’angolo della stanza.

“Queste ferite al collo, sembrano fatte con delle chiavi lunghe. Gli operatori che hanno lavorato sulla scena del crimine hanno detto qualcosa al riguardo?”

“Non ero nei paraggi mentre stavano valutano la scena, agente,” ammise.

“Penso che tu abbia ragione,” disse Jessie. “È come se i colpi fossero arrivati da diverse angolazioni, affondando a profondità differenti, quasi come se l’aggressore tenesse in mano diverse chiavi e gliele abbia piantate tutte nel collo contemporaneamente.”

“Non sapevo che avessi un addestramento in analisi della scena del crimine,” disse Dolan, inarcando le sopracciglia scettico.

“Non ce l’ho. Ma ho imparato a vedere quello che ho davanti agli occhi,” ribatté lei. “E ho anche una certa esperienza in aggressioni con armi da taglio. Cosa più importante, ho una formazione in comportamento psicologico. E sulla base delle immagini preliminari che abbiamo qui, direi che stiamo probabilmente trattando una scena di crimine passionale, piuttosto che un’aggressione premeditata.”

“Come fai a dirlo?” chiese Dolan, senza mettersi a discutere.

“È difficile immaginare che uno premediti di scegliere le chiavi come metodo d’attacco. È un casino e non è certo uno strumento sicuro in termini di efficacia. A me sembra più una cosa improvvisata.

“Un crimine passionale?” ripeté Dolan con tono canzonatorio.

“È un cliché, ma sì.”

“Questo non dà grosso sostegno della teoria che si sia tratto di Crutchfield o di Thurman,” puntualizzò lui. “Da quello che ho capito, sono entrambi piuttosto meticolosi.”

“Sono d’accordo che in questo modo la cosa appaia meno probabile.”

“Quando è arrivata la chiamata?” chiese Dolan, rivolgendosi di nuovo all’agente Martin.

“Un po’ dopo le due del mattino. La Cantu e il suo compagno erano tornati da una serata fuori. Lei è andata in bagno e l’ha trovata. L’uomo, che si chiama Carter Harrington, ha chiamato il nove-uno-uno.”

Dolan girò per il bagno per qualche altro secondo, l’espressione annoiata.

“Penso che abbiamo raccolto tutto quello di cui avevamo bisogno qui,” disse, rivolgendosi a Jessie. “Che ne dici se andiamo a trovare Gabrielle Cantu e vediamo se ci può dare un po’ di dettagli in più?”

Jessie annuì. Aveva la percezione che stesse tentando di trascinare avanti le cose. Se questo caso non era collegato a uno dei suoi eccezionali serial killer, chiaramente l’agente aveva intenzione di stabilirlo rapidamente, in modo da poter scaricare tanto il caso quanto lei nel minor tempo possibile.

Anche se la cosa le pareva uno sgarbo, Jessie non poteva biasimarlo completamente. Era un agente che inseguiva dei serial killer, non vittime di goffi omicidi messi in atto con un mazzo di chiavi. E anche se odiava ammetterlo, lo era anche lei.

CAPITOLO CINQUE

Qualsiasi cosa facesse nella vita il partner di Gabrielle, Carter Harrington, certo era ben pagato. La cartella che Jessie aveva letto mentre si recavano lì lo identificava solo come ‘investitore commerciale’, il che poteva significare praticamente ogni cosa. La sua villa contornata da mura sulla Briar Summit Drive, subito fuori dalla Mulholland Drive, era una casa di tre piani con veduta sia sulla San Fernando Valley che sul lato ovest di Los Angeles. Dopo aver suonato e aver ottenuto l’accesso dal grande cancello d’ingresso, l’auto con Jessie, Dolan, Murph e Toomey percorse il viale fino al posteggio di fronte all’abitazione. Gli altri agenti rimasero fuori dalla proprietà all’interno del loro veicolo.

Carter Harrington uscì per accoglierli. Un uomo tra i quaranta e cinquant’anni, con i capelli sale e pepe e il fisico atletico che suggeriva avesse tempo a volontà per allenarsi, Harrington indossava un outfit casual, con una maglietta polo, pantaloncini da spiaggia e sandali. Sorrise, ma dai suoi occhi arrossati e annebbiati era chiaro che era stato sveglio tutta la notte.

“Carter Harrington,” disse porgendo la mano a Jessie prima e poi a Dolan. “Spiacente di fare la vostra conoscenza in circostanze simili.”

“Certo,” disse Jessie. “Io sono Jessie Hunt del Dipartimento di Polizia di Los Angeles e questo è Jack Dolan dell’FBI. Grazie per aver acconsentito a riceverci così rapidamente.”

“L’FBI?” chiese Harrington, chiaramente sorpreso. “E i detective con cui ho parlato alla casa?”

“Oh, loro sono ancora la squadra primaria in questa indagine,” disse Dolan con disinvoltura. “Ma stiamo trattando questo caso come un affare multi-giurisdizionale. Non è cosa insolita.”

Harrington parve accettare la risposta, anche se a parere di Jessie era completamente priva di significato, il che era probabilmente il motivo per cui Dolan l’aveva data.

“Dove si trova la signorina Cantu?” chiese Jessie.

“Oh, giusto,” disse l’uomo, come se avesse ricordato in quel momento il motivo della loro visita. “Gabby è in salotto a guardare la TV. Ha preso una dose di Zoloft per calmarsi, ma è sveglia. Credo siate capitati nel momento giusto. È cosciente, ma non agitata.”

“Ottimo,” disse Dolan. “Magari potrebbe darci la sua versione degli eventi mentre ci dirigiamo verso di lei.”

“Certo,” disse Harrington, prima di notare che solo Murph si univa a loro, mentre Toomey restava in auto.”

“Ehm, che succede al vostro amico lì?” chiese.

“Oh, è qui per supporto morale,” disse Dolan senza mezzi termini. “Non presti attenzione a lui o a quest’altro tizio. Siamo io e la Hunt a gestire i dettagli del caso.”

“Ok,” rispose Harrington, facendo loro strada in casa senza aggiungere altro anche se era ovviamente perplesso dall’intera faccenda.

“Allora,” disse Jessie, cercando di spostare l’attenzione altrove. “Cosa stavate facendo in casa ieri notte?”

“Giusto. Quello,” disse, improvvisamente a disagio mentre percorrevano un corridoio con le pareti rivestite di legno. “Io e Gabby eravamo stati fuori la sera. Era il nostro primo appuntamento e siamo andati a ballare in un paio di locali. Lei mi ha invitata a casa sua e io ho accettato. Mi stavo… accomodando in camera sua mentre lei andava un attimo in bagno. Di colpo l’ho sentita gridare e sono corso dentro. Ho trovato quello che hanno visto poi i vostri colleghi. La sua coinquilina era distesa nella vasca. Ho chiamato subito il nove-uno-uno. Ci siamo messi in salotto e siamo rimasti lì fino a che non sono arrivati gli aiuti.”

“Non aveva mai incontrato Claire prima?” chiese Dolan.

Harrington si fermò davanti all’ingresso di una grande stanza che Jessie ipotizzò essere il salotto. Poteva sentire il rumore della TV di sottofondo.

“No. Non sapevo neanche che Gabby aveva una coinquilina. Come ho detto, era il nostro primo appuntamento. Avevamo solo parlato al telefono e ci eravamo scambiati dei messaggi.”

“Come ha conosciuto Gabby?” chiese Jessie, cercando di assumere un tono il più indifferente possibile.

“Tramite un sito per appuntamenti,” le rispose lui.

E tua moglie lo sa?

Jessie era tentata di fare la domanda, ma decise di trattenersi per più tardi, se ce ne fosse stato bisogno. Il cerchio di pelle chiara sul dito altrimenti abbronzato di Harrington suggeriva che fosse un neo-divorziato o che si fosse tolto la fede per l’occasione.

“Le spiace presentarci?” chiese Dolan. “Non vogliamo spaventarla entrando così.”

“Certamente,” disse Harrington, conducendoli nell’ampio salotto, con il soffitto a volta e le finestre a vetri che andavano da pavimento a soffitto.

“Gabby,” disse l’uomo con voce decisa ma gentile. “C’è qui della gente che vorrebbe vederti.”

Una donna sdraiata su una chaise lounge alzò la testa. Anche se sembrava esausta e aveva gli occhi rossi, probabilmente per aver pianto per ore, era comunque bellissima. Più esotica e sensuale dell’amica Claire, che aveva un look da perfetta americana, Gabrielle aveva lunghi capelli scuri che le cadevano a cascata oltre le spalle. Mentre si tirava su sedendosi, Jessie vide che aveva quel genere di corpo voluttuoso capace di convincere uno come Carter Harrington a nascondere la propria fede nuziale.

“Chi sono?” chiese la ragazza, in parte spaventata e in parte sulla difensiva.

“Mi chiamo Jessie, Gabby,” rispose Jessie con tono gentile, prendendo l’iniziativa. “Questo è Jack. facciamo parte della squadra che indaga su ciò che è successo la scorsa notte. Sappiamo che hai già risposto ad alcune domande, ma ne abbiamo delle altre per te. Pensi di potercela fare?”

“Immagino di sì,” rispose Gabby con riluttanza.

“Grazie,” disse Jessie, avvicinandosi e sedendosi sul divano più vicino alla poltroncina. “Cercheremo di fare veloci. So che sarai distrutta.”

Gabby annuì, poi guardò verso l’angolo della stanza.

“Quello chi è?” chiese, indicando l’agente federale che si era posizionato tra l’ingresso al salotto e il corridoio che avevano appena attraversato.

“Quello è Murph,” disse Jessie. “Non è un gran chiacchierone. Ma è davvero intelligente. Per lo più lui ascolta. Saremo io e Jack a fare le domande. Perché non ti siedi, Jack?”

Lanciò a Jack la sua migliore occhiata da ‘siediti che la stai terrorizzando’. L’agente parve capire e prese posto.

“Allora, iniziamo con questo, Gabby,” cominciò Jessie. “Sai se qualcuno avesse minacciato Claire recentemente? Magari un ex o un collega con cui aveva bisticciato?”

Gabby rimase seduta un momento, rovistando nella propria memoria.

“Niente che mi venga in mente,” disse alla fine. “Era uno zuccherino. Era difficile che qualcuno si potesse davvero arrabbiare con lei.”

“Davvero?” insistette Jessie. “Una bella ragazza come lei… mi verrebbe da immaginare che probabilmente dovesse avere a che fare con pretendenti delusi.”

“Forse. Può darsi. Ma era davvero brava a mollare con facilità i tipi con cui usciva. Proprio come ieri: l’ho sentita al telefono che diceva a qualcuno che non poteva più vederlo. È stata davvero gentile.”

“Quindi ha avuto effettivamente una discussione recentemente,” sottolineò Dolan.

“Oh sì, direi di sì,” disse Gabby, sembrando accorgersi solo ora che la chiamata corrispondeva a ciò che Jessie aveva appena descritto.

“Con chi stava parlando?” chiese Jessie rapidamente, non volendo che l’atmosfera si facesse troppo accusatoria.

“Non lo so. L’altra voce sulla linea era forte. Ma io ero in un’altra stanza. Non volevo che Claire si accorgesse che stavo ascoltando. Voi non potete rintracciare questo tipo di cose?”

“Sì, Gabby, possiamo farlo,” la rassicurò Jessie. “Cos’altro ci puoi dire della scorsa notte?”

“Ho già raccontato agli altri detective dell’appuntamento che aveva quella sera. Di solito teneva tutti i dettagli nel telefono.”

“È possibile che abbia portato il tipo a casa, come hai fatto tu con Carter?” chiese Jessie.

“Ne dubito,” disse Gabby, mettendosi più comoda sulla poltrona. Sembrava che la mente le si stesse un po’ annebbiando.

“Perché no?” chiese Jessie.

“Non le piaceva portare gli uomini a casa nostra. Se si sentiva… in vena, di solito andava lei a casa loro. Non le piaceva che la gente sapesse dove viveva. Aveva avuto alcune brutte esperienze, sapete?”

“A dire il vero,” intervenne Dolan con tono scocciato, “no, non lo sappiamo. Ma sembra esattamente il genere di cosa che ci piacerebbe seguire. Puoi darci dei nomi?”

“Non me ne viene in mente nessuno,” disse Gabby,” ignara del fatto che si stava ripetutamente contraddicendo. “Non tenevo le fila di quelli con cui usciva, a meno che lei non dicesse il nome un po’ di volte. Immaginavo che se non era abbastanza importante per lei, non serviva che me lo fissassi nella memoria neppure io.”

Jessie aveva l’impressione che tra tutte e due avessero tanti di quegli appuntamenti che tenere traccia dei nomi era davvero una sfida. Guardò verso Carter Harrington, che stava spostando il peso da un piede all’altro, evidentemente a disagio, come se la conversazione si stesse addentrando in un territorio che avrebbe preferito evitare. Lei era dibattuta se questo fosse il momento di entrare proprio in quei luoghi, ma Dolan la anticipò tuffandocisi a capofitto.

“Signorina Cantu,” disse, il tono che perdeva ogni pretesa di calore. “È piuttosto evidente che lei ci sta nascondendo alcune cose. Non so se lei ne sia consapevole, ma mentire a un agente federale è un crimine.”

Jessie si sentì sprofondare il cuore nel petto. La ragazza era già fragile, e minacciarla sembrava controproducente.

“Non sto ment…” iniziò a dire Gabby.

Dolan la interruppe.

“Anche dire che non sta mentendo potrebbe essere interpretato come menzogna,” le fece notare. “C’è sicuramente qualcosa nei suoi partner e in quelli della signorina Claire che lei sta evitando di condividere con noi. Capisco. Non vuole incriminarsi. Ma il fatto è che alla fine scopriremo tutto comunque. Le uniche domande sono: sarà prima o dopo, e lei sarà di aiuto o no? Se sarà prima e lei ci sarà di aiuto, possiamo essere molto disponibili. Se sarà più tardi e lei non ci aiuta, potremmo rivelarci molto duri.”

Gabby sembrava terrorizzata. Jessie tentò di tamponare un poco le cose senza pestare troppo i piedi a Dolan. Cercò di non fare né la poliziotta buona, né tantomeno quella cattiva.

“Gabby, il tuo aiuto in questo momento potrebbe fare la differenza nel permetterci o meno di catturare chiunque abbia fatto questa cosa a Claire. Ogni secondo che ci troviamo al buio è un altro secondo in cui il killer può nascondere il suo coinvolgimento e coprire le tracce. Non vuoi essere responsabile di questo, vero?”

La ragazza scosse la testa.

“E non vuoi neanche affrontare accuse di ostruzione in un’indagine federale,” aggiunse Dolan con forza.

“No,” sussurrò Gabby.

“E allora sentiamo,” aggiunse l’agente.

“Non abbiamo infranto nessuna legge,” insistette lei con voce lamentosa. “Solo… uscivamo con un sacco di tipi. Più che altro più grandi, a volte sposati.”

“Siete delle escort?” chiese Dolan, rifiutandosi di ammansirsi.

“No!” rispose lei con fermezza. “Lasciavamo solo che ci comprassero delle cose. Ogni tanto facevamo bingo, e uno di loro diventava un… sì, insomma, uno che ci poteva mantenere.”

“Capisco,” disse Dolan, sforzandosi ammirevolmente di mantenere una voce neutra e priva di giudizio questa volta.

“Beh, è questo che cerchiamo,” disse lei prima di voltarsi verso Harrington e aggiungere: “Senza offesa.”

“Credimi,” disse Jessie, “niente di tutto questo è uno shock per lui. Sapeva in cosa si metteva. Vai avanti.”

“Quindi, quando una di noi trovava uno di questi ricconi, lui di solito acconsentiva a pagarci l’affitto o altre cose del genere. A volte poteva durare qualche settimana. A volte andava avanti per mesi. Di solito avevamo una rotazione di uomini. Ma a volte si trasformava in qualcosa di più. Una di noi magari diventava una specie di amante professionista per un po’ di tempo. Alla fine rompevamo quando la cosa si faceva noiosa. A volte era l’uomo a finirla, soprattutto quando sospettava che la moglie potesse scoprirlo.”

“Come poteva fare la moglie a scoprirlo?” chiese Jessie. “E ricorda quello che ha detto l’agente Dolan sul mentire all’FBI.”

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399 ₽
Возрастное ограничение:
0+
Дата выхода на Литрес:
15 апреля 2020
Объем:
251 стр. 3 иллюстрации
ISBN:
9781094310718
Правообладатель:
Lukeman Literary Management Ltd
Формат скачивания:
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