Читать книгу: «Frammenti Di Cuore», страница 4

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Capitolo Sette

Il Video

Aaron si svegliò sentendo il telefono vibrare accanto al proprio viso. Stava sudando, mentre lottava per separare la realtà da quello che stava sognando. Raggiunse il telefono con una mano. Era l'una del pomeriggio. Aveva tredici chiamate perse, venti nuovi SMS e cinque messaggi nella segreteria telefonica. Controllò le chiamate perse. Daniel lo aveva chiamato dieci volte. Le altre tre provenivano da un numero sconosciuto. Farley?

Controllò la segreteria telefonica. Il primo messaggio era proprio di Farley.

“Sono sicuro che pensi di essere intelligente, piccolo ladro che non sei altro. È una fortuna che Silas abbia un cuore grande e tenero e un cervello delle stesse dimensioni di una noce. Peccato che io mi arrabbi molto facilmente e odi, odi, chi non fa niente per guadagnarsi il pane. Hai un'ora per rispondere. Restituiscimi i soldi e ci dimenticheremo che quel piccolo incidente sia mai successo.”

Farley aveva lasciato quel messaggio alle nove del mattino. Il messaggio successivo era sempre da parte sua.

“Sul serio, Aaron, non pensavo che ci avresti dato il tuo vero nome. Abbiamo fatto una piccola scommessa. Io confidavo nella tua intelligenza. Ho perso. Perché non sei intelligente. È la seconda volta nel giro di ventiquattro ore che perdo dei soldi per colpa tua. Comunque, questo è solo un avvertimento. Ti restano dieci minuti.”

Farley ne aveva lasciato un altro alle dieci e un quarto.

“Per fortuna ho trovato un altro piccolo Beaumont online. Si chiama Daniel. È 'amico' di un certo Aaron Beaumont, anche se il povero Aaron non sembra avere una vita virtuale molto attiva. Daniel ti ha taggato in alcune foto, però. 'Festeggiando il mio sedicesimo compleanno con papà e Aaron'. Che ragazzo dolce. Presumo che sia tuo fratello? Sai, gli ho scritto un'ora fa, subito dopo averti chiamato. Gli ho detto che avevo alcune informazioni su di te. Gli ho dato il mio numero. Ha chiamato subito ma non ho risposto. Ho aspettato. Speravo davvero che tu mi chiamassi, fremo per sentire ancora la tua voce. Ma, visto che tu non mi hai chiamato, ho scelto Daniel. Gli ho inviato un bel video. Ora non smetterà più di chiamare. Oh, sento un telefono squillare, potrebbe essere lui. Meglio che vada.”

Il messaggio successivo era da parte di Daniel. Tutti i successivi erano da parte sua. Non c'era niente da Robert e nient'altro da Farley.

Un russare dall'altra parte del divano fece sobbalzare Aaron.

Doveva andarsene. Avrebbe ascoltato il resto dei messaggi in macchina. Le sue mani tremavano mentre scivolava sul materasso. Sgattaiolò in bagno e indossò velocemente i suoi vecchi abiti. Non poteva rischiare di presentarsi a casa indossando il pigiama di un altro uomo. Prese le chiavi e il portafoglio e, finalmente, fu pronto.

I soldi li aveva presi Silas quando erano fuggiti. Ce li aveva lui. Aaron tornò in camera e vide la borsa appoggiata sul bordo del letto. Il denaro era ancora tutto dentro. Con i soldi in mano, se ne andò il più velocemente e silenziosamente possibile.

Hanno rapito Daniel. Dovrò ucciderli. Ma cosa ne so io di come si nascondono dei cadaveri?

Aaron allontanò quei pensieri dalla propria mente e si mise dietro il volante. Tenne il telefono premuto contro l'orecchio mentre si allontanava dalla casa di Silas. Ascoltare i messaggi era l'unico modo per cercare di capire se Daniel era al sicuro. Farley aveva detto di avergli inviato un video. Quello poteva dire una sola cosa. Silas aveva sparato alla telecamera ma questo non significava che avesse distrutto anche la scheda SD o la memoria. Aaron aspettò ansiosamente che il messaggio di Daniel iniziasse. Anche se Farley non lo avesse rapito, Aaron era certo che non lo avrebbe più rivisto, non dopo aver visionato il contenuto di quel video. La sua famiglia lo avrebbe rinnegato.

Aaron decise di ascoltare prima l'ultimo messaggio che gli aveva mandato Daniel.

Iniziò con un sospiro profondo, poi suo fratello parlò. “Non so cosa stia succedendo e perché non rispondi al telefono. Papà continua a non farmi chiamare la polizia. Mi sta facendo davvero arrabbiare. Non so cosa fare. Per favore, torna a casa.”

Aaron si fermò. Le mani gli tremavano troppo per permettergli di tenere il volante in modo saldo. Daniel era al sicuro, ma adesso Robert sapeva quello che aveva fatto. Quanto sapeva?

Fece partire il primo messaggio di Daniel.

“Aaron, questo tizio mi ha scritto circa un'ora fa dicendo che aveva alcune informazioni su di te. Pensavo fosse una stronzata ma poi mi ha mandato… ha mandato… chiamami, okay?”

Aaron deglutì a fatica e scorse i messaggi scritti. Li lesse in fretta, come se prestare solo la metà dell'attenzione necessaria potesse rendere la situazione meno grave. Ascoltò anche l'ultimo audio di Daniel, confermando i propri sospetti.

Farley aveva provato a chiamare Aaron, che però stava dormendo e quindi non aveva potuto cogliere l'unica occasione di sistemare le cose. Daniel aveva quindi chiamato Farley che, alla fine, gli aveva inviato il video.

Nei messaggi Daniel non fu in grado di spiegargli bene cosa aveva visto. Continuava a chiamarlo 'il video'. Dopo aver tentato e non essere riuscito a contattare Aaron, Daniel lo aveva detto a Robert. Robert gli aveva consigliato di aspettare, sperando probabilmente che Aaron tornasse a casa. Nel frattempo Daniel aveva cercato di contattare in qualche modo Aaron.

Il telefono gli vibrò in mano e lui sobbalzò. Era Daniel. Aaron gettò il telefono sul sedile del passeggero e riportò la macchina sulla carreggiata. Doveva prima tornare a casa, poi avrebbe accettato le conseguenze delle proprie azioni, infine avrebbe cercato di capire come rimediare a quel disastro.

Capitolo Otto

Ritorno a Casa

Quando Aaron entrò nel vialetto di casa, la porta principale della piccola villetta familiare bianca si spalancò. Un adolescente allampanato con i capelli biondi e arruffati si precipitò verso la macchina. Aaron ebbe a malapena il tempo di chiudere la portiera prima che Daniel gli arrivasse di fronte, guardandolo come se si trovasse davanti un fantasma.

“Stavo letteralmente per chiamare il 911,” sbottò Daniel. Alzò il telefono. “Che diavolo è successo? Dove sei stato? Volevo venire a cercarti ma papà non mi ha permesso di prendere la Jeep.”

“Scusa,” disse Aaron. “Sono rimasto fuori fino a tardi, ho bevuto troppo. Mi sono fermato a casa di un amico.”

Daniel scosse la testa. “Ma quel tizio strano… Hai ricevuto i miei messaggi? Questo tipo mi ha scritto in privato dicendomi che aveva delle informazioni su di te, poi un'ora dopo mi ha mandato questa… questa… una cosa, e ho pensato… non lo so. Pensavo fossi stato rapito. Sei stato rapito?”

“No,” rispose Aaron. “Posso controllare il tuo telefono?”

Daniel alzò un sopracciglio.

“Voglio vedere il video che quel tizio ti ha inviato,” disse Aaron. “Puoi descrivermelo tu stesso oppure darmi il telefono e farmi guardare.”

Daniel gli consegnò il cellulare senza protestare.

Aaron scorse la chat fino a trovare il file inviato da Farley. Abbassò il volume dell'audio prima di avviare la riproduzione. Sei secondi. E basta. Sei secondi in cui succhiava il cazzo di Silas. Era una ripresa troppo vicina e a fuoco per dire che non si trattava della sua bocca intenta a leccare quell'uccello. Non mostrava nient'altro. Non mostrava Aaron che si dibatteva o urlava. Non mostrava Aaron che ripeteva più volte la parola 'no' singhiozzando. Erano solo sei secondi di Aaron bendato che, all'apparenza, succhiava ben volentieri un cazzo.

Aaron cancellò il file, poi riconsegnò il cellulare a Daniel.

“Pensavo,” iniziò Daniel, con la voce leggermente incrinata. “Pensavo che fosse il video di un ricatto… o qualcosa del genere.” Si morse il labbro. “Lo è? Sei stato ricatt…”

“No,” sbottò Aaron.

“Stai bene?”

“Sì, Danny, certo che sto bene.” Incrociò le braccia sul petto per nasconderne il tremito. Non riusciva a smettere di tremare, cazzo. Il suo stomaco si rivoltò.

“Allora non capisco,” mormorò Daniel.

“Qualcuno si è solo comportato come una testa di cazzo,” disse Aaron.

“Hai detto di aver bevuto troppo. Ricordi cosa è successo la scorsa notte?”

Aaron si passò una mano sul viso. “Non è successo niente. Questo,” indicò il telefono, “non ha niente a che vedere con la scorsa notte.”

Che le Olimpiadi della Menzogna abbiano inizio.

“Non so che cosa sia,” continuò Aaron. “Ma non si tratta di me e non devi preoccuparti.”

Daniel guardò il telefono. “L'hai cancellato,” disse. “Aaron, quella era una prova.”

“Papà l'ha visto?”

Daniel alzò gli occhi al cielo. “Sì, ma non è stato affatto d'aiuto. Era sfinito la notte scorsa ed era ancora stanco morto quando si è alzato. Diavolo, probabilmente è già di nuovo ubriaco.”

“Dov'è?”

“Dentro,” rispose Daniel. “È andato al lavoro, ma lo Zio Jack l'ha rimandato a casa.”

Jack Miller era il loro zio non ufficiale, e anche l'unico motivo per cui Aaron e Robert avevano un lavoro. Jack possedeva un'officina in città. Aaron era un meccanico a tempo pieno e Robert lavorava part-time. Jack mandava regolarmente a casa Robert.

Se Robert quel giorno fosse stato sobrio, sarebbe stato al lavoro. Se fosse stato al lavoro, non avrebbe visto il video. Poi pensò che, se Robert fosse stato al lavoro, Daniel sarebbe stato da solo e avrebbe chiamato la polizia, e Robert lo avrebbe comunque scoperto.

“Non è arrabbiato,” lo tranquillizzò Daniel. “Non è stato semplicemente di alcun aiuto.” Scosse la testa e i capelli gli caddero sulla fronte, così li spostò. “Dio, sono felice che tu stia bene.”

“Credo sia il caso di dire a papà che sono tornato,” sospirò Aaron.

“Vengo con te.”

Non serviva a niente. Con Daniel a casa, sveglio e preoccupato, Robert non avrebbe detto niente. Aaron era qualcosa da eliminare ma Robert avrebbe aspettato che Daniel fosse da un'altra parte. La loro madre era morta in un incidente d'auto quando Daniel era ancora piccolo ma il ragazzo aveva ancora gli incubi. Dopo la morte di June, Robert aveva dedicato la propria vita a mantenere il mondo intorno a Daniel puro, pulito e sicuro. Daniel aveva odiato quella premura e un giorno aveva confidato ad Aaron che il motivo per cui voleva trasferirsi in un college così lontano, era principalmente per allontanarsi da Robert.

Aaron pensò all'incidente. All'epoca, Aaron era già sporco. Quando andava ancora al liceo, infatti, Robert lo aveva beccato a pomiciare con un ragazzo, e quello aveva compromesso per sempre le cose. Era stato il suo primo e ultimo appuntamento. Era stata anche la prima volta che Robert lo aveva colpito. Aveva detto ad Aaron che non sarebbe mai diventato un vero uomo. Aveva fatto credere ad Aaron di essere troppo sporco per stare vicino a Daniel: se voleva continuare a far parte della sua vita, da quel momento avrebbe dovuto comportarsi bene.

Daniel, ovviamente, non sapeva niente di tutto quello.

Robert gli aveva giurato che, il giorno in cui avesse deviato di nuovo dalla retta via, sarebbe stato anche l'ultimo un cui avrebbe visto Daniel. Non aveva spiegato bene il significato della parola 'deviare', ma Aaron aveva sempre avuto troppa paura per chiedere chiarimenti. Ma non aveva bisogno di spiegazioni per capire che quello che era successo il giorno precedente rientrava tra le 'deviazioni'.

Seguì Daniel in casa. Robert era seduto sul divano e stava guardando la televisione. Fece un cenno con la testa in direzione di Aaron quando i due ragazzi entrarono.

“Te lo avevo detto,” disse Robert a Daniel. “Ti sei preoccupato per niente. Aaron, sono felice che tu sia tornato.”

“Grazie,” rispose Aaron. “Mi dispiace avervi fatto preoccupare.”

“Non ero preoccupato,” disse Robert.

Daniel alzò gli occhi al cielo. “Dovreste essere entrambi preoccupati. Quello che è successo è stato strano.”

Aaron finse di sbadigliare. “Vi dispiace se faccio un pisolino? Mi sento ancora un po' intontito per via dell'alcol.”

Robert non disse niente. Non lo guardò neppure. Daniel scosse la testa, chiaramente esasperato e probabilmente per niente convinto dalla falsa tranquillità che Robert e Aaron stavano cercando di dimostrare. Aaron non era mai stato bravo a fingere e Daniel era troppo intelligente per continuare a lungo a vivere nel mondo perfetto che gli avevano costruito intorno. Sapeva già troppo. Ma Robert aveva ragione a volerlo tenere ancora un po' al sicuro. Robert aveva sprecato la propria vita. Quella di Aaron ormai era irrecuperabile. Daniel era l'ultima speranza. Se nascondergli la verità poteva tenerlo alla larga dalle cose brutte del mondo, abbastanza a lungo da permettergli di trovare la propria strada, allora Aaron era ben felice di mentire.

* * * *

Aaron rimase chiuso nella propria stanza fino al tramonto. Non si cambiò i vestiti. Non gliene importava niente. Non riuscì neppure a dormire un po'. Una parte di lui stava disperatamente sperando di poter restare lì. L'altra sapeva che doveva andarsene. Le persone che aveva tentato di ingannare lo stavano inseguendo e la prima cosa che avrebbero fatto sarebbe stato allungare le mani e distruggere il mondo di Daniel.

Si sedette sul letto, prendendosi la testa tra le mani. Robert non gli avrebbe mai permesso di restare lì.

Sentì la porta di Daniel chiudersi verso mezzanotte. Robert entrò nella sua un'ora dopo. Non bussò. Aprì la porta e, quando vide che Aaron era sveglio, gli fece un cenno. Non potevano parlare lì, avrebbero rischiato di svegliare suo fratello.

Aaron seguì suo padre al piano di sotto, attraversando il soggiorno e l'ingresso e poi uscendo in giardino. Era buio. Non c'era la luna, solo un'infinità di stelle luminose.

“Che cosa hai fatto?” domandò Robert.

Aaron non riuscì a guardarlo. Il suo stomaco si rivoltò di nuovo.

“Devi dirmelo, così posso prepararmi.”

“Ho rubato dei soldi,” disse Aaron. I soldi, si rese conto, erano ancora nel bagagliaio della sua auto.

“Cos'era quel video?”

Non aveva senso mentire ma una parte di Aaron, quella meno razionale, lo spinse comunque a rispondere: “Non lo so.”

Robert lo colpì forte, sul viso. “Cos'era quel video?” ripeté.

“Ho accettato di farlo per soldi,” rispose Aaron. Sentì il sapore del sangue in bocca. Robert non era mai stato il tipo da andarci piano. “Mi sono spaventato all'ultimo minuto e sono scappato. Ma ho preso lo stesso i soldi. Li rivogliono indietro.” Aaron si rese conto solo in quel momento di aver lasciato Silas fuori dal racconto, e neanche lui riuscì a capirne il motivo.

“Parla chiaro, ragazzo,” disse Robert. “Loro chi? Quanti sono? Ci daranno la caccia?”

Aaron scosse la testa. “Ho preso io i soldi,” ripeté. “Glieli restituirò e chiuderò la faccenda. Non ci faranno del male.”

Robert lo colpì di nuovo. “Loro chi?” ripeté. “Voglio i numeri precisi, Aaron. Quanti sono?”

“Due uomini e una donna,” mormorò. “Uno degli uomini è il tizio che ha contattato Daniel. Ma, dopo che gli avrò restituito i soldi, andrà tutto bene. Quello sistemerà tutto.”

Robert non disse niente e Aaron non rialzò lo sguardo. Fissò i piedi di suo padre. Non gli sfuggì il fatto che Robert avesse deciso di avere quella conversazione vicino alla sua auto. Aaron sentì la propria voce risuonare nell'aria prima di rendersi conto di stare parlando.

“Non voglio andarmene,” mormorò.

“Non rendere le cose più difficili del necessario,” rispose Robert.

“Per favore.” Sapeva che doveva andarsene. Aveva messo Danny in pericolo. Quando June era morta, avevano giurato di proteggerlo da tutto. Ma adesso Aaron era un pericolo per lui. Doveva andare via.

Sentì le chiavi tintinnare e capì che Robert doveva averle appoggiate sul cofano dell'auto. “Gli dirò che abbiamo litigato,” disse. “Gli dirò che hai un ragazzo. Che ti sei ubriacato, hai fatto quel video e che il tuo fidanzato lo ha mandato per scherzo a Daniel.”

Aaron annuì.

“Non hai pensato che fosse una gran cosa,” continuò Robert. “Io e te ne abbiamo parlato, ti ho detto che quello che è accaduto è una cosa grossa. Tu ti sei arrabbiato e sei andato a vivere dal tuo ragazzo. Probabilmente non ci parlerai per un po', credendo di essere dalla parte della ragione. Ecco quanto sei pazzo. Capito?”

Aaron annuì di nuovo.

“Non dirlo a Jack. Ha la bocca larga. Si lascerà sfuggire qualcosa con Daniel, e Daniel penserà che hai bisogno di aiuto. Ma non ti aiuterà, dico bene?”

“Sì,” sussurrò Aaron.

“Risolverai tutto.”

“Sì, papà.”

“Riporta indietro il denaro. Fai quello che devi fare. Non tornare a casa.”

Aaron sentì qualcosa spezzarsi nel proprio corpo, come un osso, ma più in profondità. Chiuse gli occhi e si mise una mano sullo stomaco. “Per favore,” mormorò.

“Non dire niente,” lo interruppe Robert. “Non farlo.”

Aaron si morse la lingua.

“Prendi la macchina,” disse Robert. “Ti ho messo un po' di cose sul sedile posteriore: cibo non deperibile e acqua. Temo di non poterti dare di più. Hai fatto le valigie?”

Aaron scosse la testa.

“Avresti dovuto farle. Non venirmi a dire che non ti immaginavi quello che sarebbe successo. Ti avevo avvertito.”

“Lo so.”

“Ora dovresti andare.”

Portafoglio, chiavi, auto. Aaron aveva tutto. Non riuscì a muoversi.

Robert lo afferrò per il colletto della camicia, aprì la portiera e lo spinse nella macchina. Gli gettò le chiavi in grembo. “Vattene.”

Le mani di Aaron iniziarono a tremare di nuovo violentemente. Non riusciva a smettere di tremare, cazzo. Robert chiuse la portiera.

Aaron finalmente alzò lo sguardo verso il padre, fissandolo attraverso il finestrino. Robert lo guardava torvo e ogni tanto lanciava un'occhiata in direzione della casa. Quando Aaron non riuscì a inserire la chiave nel quadro, Robert fece un passo in direzione dell'auto.

Aaron riuscì a mettere in moto. Se avesse tardato ancora, Robert lo avrebbe picchiato di nuovo, più forte. Tuttavia, Daniel era al sicuro. Robert non lo avrebbe mai picchiato. Aaron chiuse gli occhi e pregò che fosse vero.

Cercando di ingoiare le lacrime, afferrò il volante con una mano e inserì la marcia con l'altra. Non si guardò indietro neanche una volta mentre si allontanava.

Capitolo Nove

Semantica

Aaron tirò fuori una scatola di cartone dal cassonetto dietro l'edificio dove aveva visto Farley l'ultima volta. La ricompose e ci ficcò dentro il denaro, poi scrisse 'Farley' sulla parte superiore con un pennarello nero. Appoggiò la scatola vicino alla porta e corse alla macchina. Aspettò un po', con le portiere ben chiuse, poi inviò un messaggio a Farley. Erano le quattro del mattino.

La donna che aveva visto durante le riprese uscì dall'edificio. Rimase in piedi sotto il lampione, guardandosi intorno nel parcheggio. Quando vide la sua macchina, fece un cenno ad Aaron e prese la scatola. Alcuni minuti più tardi, Farley gli inviò un messaggio. “È un piacere fare affari con te.”

Aaron se ne andò. Guidò fino al posteggio di un negozio di alimentari ancora chiuso e parcheggiò sul retro. Controllò che le portiere fossero ancora bloccate e si circondò il busto con le braccia.

I soldi non c'erano più. I soldi che avrebbero aiutato Daniel ad andarsene, erano spariti. Robert non avrebbe mai permesso a Danny di andarsene. Daniel aveva bisogno dell'aiuto di Aaron per mettere insieme il denaro necessario e poi lasciare quella casa.

Stai cercando delle scuse per tornare a casa. Ma non puoi farlo.

Aaron si appoggiò alla portiera. Non dire a Jack quello che era successo equivaleva a non poterlo neanche vedere, il che significava che non poteva più lavorare, che a sua volta voleva dire non avere più uno stipendio. Non aveva fatto le valigie, quindi non aveva neppure un cambio di vestiti oltre quelli che indossava. E quelli erano sporchi. Il suo petto si strinse. La camicia che aveva addosso sapeva di Ralph, anche se Ralph non l'aveva mai toccata. O forse lo aveva fatto. Aaron non lo avrebbe mai scoperto.

Si passò una mano sul viso. Sentiva caldo. Voleva abbassare il finestrino, ma aveva paura. Digrignò i denti e iniziò a spogliarsi, cercando di fare del suo meglio visto lo spazio ristretto. Getto i vestiti, le scarpe e i calzini sul sedile posteriore. Sentì qualcosa scricchiolare e si ricordò che Robert gli aveva detto di aver lasciato alcune cose.

La tristezza lasciò il posto alla paura, che ben presto lasciò il posto alla rabbia. Aaron conosceva bene la rabbia. Lo aveva reso forte. Non aveva bisogno di pensare a niente, quando era arrabbiato, doveva solo agire.

Completamente nudo, scese dall'auto e aprì la portiera posteriore. Gettò sull'asfalto tutto quello che Robert ci aveva messo, senza controllare neanche cos'era. Soddisfatto, richiuse la portiera e tornò dietro il volante.

Il motore tornò alla vita con un ruggito e Aaron diede gas. Alcuni minuti dopo, fece un inventario mentale di quello che gli era rimasto. La macchina era sua. Era un regalo di Robert e Jack. Il telefono era suo, ma lo stava pagando Robert. Probabilmente il suo numero sarebbe stato bloccato presto. Aveva bisogno di farsi un altro numero. Robert non voleva certo rischiare che Daniel lo chiamasse. Aaron poteva ignorare i messaggi e le e-mail, ma una chiamata dal suo fratellino… scosse la testa e tornò a concentrarsi.

Nel portafogli c'erano la patente, alcune carte, qualche tessera fedeltà di negozi a caso e venti dollari.

Aveva sempre tenuto l'auto pulita ai limiti della follia, conosceva ogni oggetto lì dentro, e, dopo aver buttato fuori quello che gli aveva dato Robert, sapeva che non c'era più niente che avesse un valore.

Avrebbe dovuto rubare dei vestiti nuovi… ma non poteva certo entrare nei negozi completamente nudo. C'era una coperta nel bagagliaio. Si sarebbe accontentato, per il momento. Era quasi l'alba. Il telefono di Aaron squillò. Sullo schermo apparve un numero sconosciuto. Non era quello che aveva usato Farley in precedenza, ma qualcosa gli disse di non rispondere. Ignorò il proprio istinto.

“Ciao, bellezza,” disse Farley.

“Ho restituito i soldi,” sbottò Aaron. “Cosa vuoi?”

“Non c'è bisogno di usare questo tono,” sogghignò l'uomo. “Volevo solo dirti di informare Silas che, se non sporgerà denuncia, riceverà comunque il suo ultimo stipendio.”

“Cosa?”

“Immagino che tu sia rimasto in contatto con lui? Non risponde alle mie chiamate, e questo è un affare abbastanza urgente.”

“Non sono in contatto con lui.”

“Ah, capisco. Non importa allora. Addio.”

“Perché dovrebbe sporgere denuncia?” chiese Aaron. La sua domanda cadde nel silenzio. Farley aveva già riattaccato. Aaron gettò il telefono sul sedile. Dentro di lui prese vita una strana lotta tra il desiderio di richiamarlo e quello di fuggire lontano. Ignorando entrambi i desideri, recuperò la coperta dal bagagliaio e tornò in città.

Mezz'ora dopo stava parcheggiando nel vialetto della casa di Silas. Il sole aveva appena iniziato a sorgere. La luce del portico era spenta. Aaron riusciva a vedere dei frammenti di vetro per terra. Si strinse la coperta intorno al corpo e scese, avvicinandosi alla casa. Quando bussò alla porta si rese conto che era socchiusa. Entrò in fretta e se la chiuse alle spalle.

L'interno era devastato. Il divano dove aveva dormito con Silas era squarciato. Il tavolo era stato ribaltato. C'erano carte e frammenti della vita di Silas sparsi ovunque, sul pavimento.

“Silas,” lo chiamò. Si diresse a grandi passi in cucina e quasi inciampò nella gamba spezzata di una sedia. “Silas, sei qui?” Si tenne la coperta addosso con una mano e afferrò il legno con l'altra, per usarlo come una mazza in caso di bisogno.

Continuò il giro della casa. La porta del bagno era chiusa. Tenendo su la coperta con le braccia, provò ad abbassare la maniglia. Era bloccata. Bussò. “Silas? Sei lì dentro?” Nessuna risposta.

Bussò più forte e chiamò di nuovo il suo nome. Ancora nessuna risposta. Fece qualche passo indietro, sperando di guadagnare abbastanza slancio nel corridoio, poi sbatté la spalla contro il legno.

La serratura si ruppe e l'anta si aprì. Aaron si precipitò dentro il bagno, una mano stretta attorno alla coperta e l'altra intorno alla gamba della sedia. Gli ci volle un lungo secondo per elaborare quello che stava vedendo.

La stanza puzzava di erba ed era piena di un misto di fumo e vapore.

Silas era seduto nella vasca da bagno, le sopracciglia sollevate in una espressione allarmata. Si tolse un grosso paio di cuffie e le fece cadere sul pavimento piastrellato. Il suo telefono era appoggiato sul bordo della vasca, collegato alle cuffie. Reggeva una canna proprio sopra il bordo dell'acqua.

“Ciao, Aaron,” disse. Il suo viso era coperto di varie sfumature di blu e viola. Aveva un labbro spaccato e un occhio così gonfio da essere quasi chiuso. Aveva un brutto taglio su una spalla e il petto era disseminato di lividi. Nonostante le ferite, si accigliò quando vide il volto di Aaron. “È stato Farley?”

“A fare cosa?” domandò Aaron.

“A picchiarti. In faccia.”

“Oh,” fece Aaron, mentre il suo cervello ricominciava a funzionare. “No, non è stato lui. Che ti è successo?”

Silas scrollò le spalle. “Farley era convinto che avessi rubato i soldi. Il che, tecnicamente, è vero.”

“Mi dispiace,” mormorò Aaron. Farley aveva ovviamente picchiato Silas, convinto che avesse lui il denaro. “Glieli ho restituiti.”

Silas inclinò la testa.

“Ho dovuto farlo,” gli spiegò. “Ha contattato la mia famiglia. Ha mandato a mio fratello un pezzo del video dove noi… di quello che abbiamo fatto.” Scosse la testa. “Mi dispiace. Ho dovuto farlo,” ripeté.

Silas sbatté le palpebre. “Aaron,” disse lentamente. “Stai indossando una coperta?”

Aaron si sentì arrossire. “Oh. Ehm, sì.”

“Hai qualcosa sotto?”

Aaron scosse la testa.

“Aaron,” lo chiamò di nuovo Silas. “Le coperte non sono vestiti.”

“Sì, lo so. Quanto sei fuori? Ti sei fumato anche il sapone?”

Silas scosse la testa. “Il sapone mica si fuma.” Porse lo spinello ad Aaron. “Vuoi fare un tiro?”

Aaron sospirò. “Sicuro.” Si avvicinò alla vasca e prese nota delle ferite di Silas. L'acqua del bagno era pulita ma con una leggera sfumatura rosa. Dopotutto Silas era ferito dalla testa ai piedi. Prese la canna. “Stai sanguinando.”

“Ormai ha smesso di sanguinare.”

Aaron osservò il taglio sulla sua spalla.

Silas seguì la direzione del suo sguardo. “C'è solo quell'osso martoriato e il mio naso. È rotto. Il naso, non l'osso della spalla.”

“Non dovresti bendarlo, o qualcosa del genere?” domandò Aaron.

“Lo farò più tardi.” Strinse gli occhi mentre lo osservava a fondo. “Chi ti ha colpito?”

“Mio padre.”

“Ah. Tuo padre ha visto il pezzo di video che Farley ha inviato a tuo fratello?”

“Quindi stai prestando attenzione alla conversazione.”

“Certo,” rispose Silas. “È una cosa seria.” Si guardò intorno nella stanza. “Immagino che il luogo non sia dei migliori. E, se non hai intenzione di fumarla, restituiscimela.”

Aaron gli ripassò la canna.

Silas fece subito un tiro. “Penso che sia il caso di uscire dalla vasca da bagno. Voltati, o se preferisci guarda pure, io comunque ti ho avvisato.”

Aaron si voltò e si fermò sulla soglia. Sentì un tonfo, poi il rumore dell'acqua che scendeva nello scarico.

“Sono coperto,” gli disse Silas. “Se è quello che ti spaventa.”

Aaron si voltò. Silas aveva un asciugamano avvolto intorno alla vita e aveva gettato via lo spinello.

“Vuoi continuare questa conversazione in camera da letto, in soggiorno o in cucina?” domandò. “Se posso permettermi, ti suggerirei il soggiorno, è quello meno incasinato al momento.”

“Andiamo in soggiorno,” concordò Aaron.

“Dopo di te.”

Quando raggiunsero il soggiorno, Silas si lasciò cadere sul divano rovinato. Il sangue gli colava ancora dal naso.

Aaron tornò in bagno e recuperò una scatola di fazzolettini, che poi porse a Silas.

L'uomo guardò prima i fazzolettini, poi Aaron. “Grazie.” Se li appoggiò in grembo.

Aaron alzò gli occhi al cielo. “Stai sanguinando di nuovo,” gli fece notare.

“Oh, giusto.” Piegò la testa indietro, afferrò una salvietta e iniziò a tamponare il naso. “Quindi,” disse poi, la voce leggermente soffocata, “tuo padre ti ha picchiato.”

“Sì.”

“È successo altro?”

“No.”

“Allora spiegami come mai hai buttato giù la porta del mio bagno indossando una coperta.”

Aaron sospirò, poi si sedette accanto a lui sul divano.

“Puoi dirmelo dopo,” disse Silas.

“Sì, forse più tardi. Cosa ti hanno fatto?”

Silas si strinse nelle spalle. “Ralph pensava che prendermi a calci e distruggere la casa avrebbe fatto apparire dal nulla i soldi spariti. Non vorrei essere io a dirtelo, ma si sbagliava.”

Aaron si portò una mano allo stomaco. “Lui… cosa ti ha fatto? Ti ha fatto del male?” 'Male' non era la parola giusta. Certo, Ralph ovviamente lo aveva ferito. Ma non era quello che intendeva Aaron. Tuttavia non ebbe il coraggio di chiederglielo. Non riuscì neppure a mantenere il contatto visivo. Si tirò la coperta sulle spalle e si guardò i piedi.

“Ha tirato un paio di pugni,” disse Silas. “Farley e Regina hanno perquisito la casa. Hanno fatto in fretta, però.”

La quantità di lividi sul corpo di Silas raccontava una storia del tutto diversa. “Perché non hai detto loro che ho preso i soldi quando me ne sono andato?” domandò Aaron.

“Farley ha insistito che stava cercando i suoi soldi,” ribatté Silas. “I soldi che tu hai preso erano tuoi. Non ho idea del perché pensasse di trovare i suoi soldi a casa mia.

“Amico,” lo fermò Aaron. “Un gioco di parole? Sul serio? Hai usato la semantica in un momento del genere?”

“L'ho fatto anche in momenti molto più critici,” rispose Silas, un angolo della bocca che fremeva come se stesse cercando di trattenere un sorriso.

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573,60 ₽
Возрастное ограничение:
0+
Дата выхода на Литрес:
27 августа 2021
Объем:
337 стр. 13 иллюстраций
ISBN:
9781802500424
Переводчик:
Правообладатель:
Tektime S.r.l.s.
Формат скачивания:
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