Читать книгу: «La Cattura», страница 3
Capitolo Tre
Danzare con il destino
Sembrava che l’universo avesse delle richieste da esaudire.
Appena pochi giorni dopo il fortuito incontro di Richard con la pantera dagli occhi blu-viola, eccola lì, sull’affollata pista da ballo della fighissima serata del venerdì all’Hobart.
Stava ballando un valzer con un partner che le pestava i piedi, mentre i suoi capelli sbatacchiavano sul vestito scampanato viola.
Un sorriso educato era fisso sulle sue labbra rosa e carnose, senza dare a vedere la sofferenza.
Così dolce.
Gli piaceva ancora di più.
Finì il ballo, scambiò qualche parola sempre trasudando gentilezza e tornò dalla sua amica pettoruta, che stava flirtando con alcuni dandy con vestiti costosi in stile Beatles.
Con un ampio sorriso, la sua amica fece le presentazioni, ma dopo qualche breve chiacchiera la bellissima dagli occhi blu-viola fece un passo indietro tornando nell’ombra. Una meravigliosa e ammaliante tappezzeria.
Non riusciva a distogliere lo sguardo da lei, desiderando ardentemente che finisse per ricambiarlo.
E dopo qualche secondo lo fece.
Tentò di mantenere il contatto visivo, ma lei distolse lo sguardo spostandolo nervosamente sui suoi piedi.
Richard doveva assolutamente cogliere quell’occasione o avrebbe rischiato di perderla un’altra volta.
Fece qualche respiro profondo, scosse le sue dritte spalle d’acciaio e si avvicinò a lei.
Il suo cuore batteva così forte che temeva che la cassa toracica gli sarebbe esplosa nel petto.
Lei stava ancora fissando le sue scarpe, il respiro che sembrava allineato a quello di lui, come se sapesse che stava arrivando.
La sottile cintura nera avvolgeva la sua vita sottile, accentuando la sua forma a clessidra.
Il pisello di lui si mosse con apprezzamento.
Richard si allentò la cravatta.
“Ciao, ehm...” Da quando era così nervoso e a corto di parole vicino a una donna?
Da molti anni sicuramente no.
Non da quando aveva compiuto sedici anni e aveva accarezzato il suo primo seno nudo.
L’aria fra di loro crepitava, centuplicando l’intensità, come se lei fosse un filo scoperto e lui un conduttore in attesa della scossa dovuta all’eccitazione una volta che l’avesse toccata.
I brillanti occhi blu-viola di lei si sollevarono e incontrarono il suo sguardo.
Lui asciugò la mano sudata contro i pantaloni neri e gliela porse.
“Ti piacerebbe ballare?”
Un sorriso timido giocò con le sue labbra sensuali.
“Uhm...”
“Ti prometto che non morderò... A meno che tu non lo voglia”.
Il suo tentativo di essere simpatico creò una patina traslucida che copriva un nucleo di malizia, un pizzico del vero Richard.
Ogni muscolo del suo corpo era teso nell’attesa della sua risposta.
C’erano solo due possibilità:
poteva schiaffeggiarlo e andarsene o rimanere creando una connessione.
Gli occhi di lei si spalancarono.
Ho rovinato tutto?
Poi lei rise e afferrò la sua mano.
Una scossa potente risalì lungo il suo braccio, molto più potente di quanto lui non si aspettasse che per poco non gli fece perdere l’equilibrio.
Una mistura tossica di gioia, desiderio e sollievo s’impossessò della sua anima.
Il suo non era stato un semplice rimanere e creare una connessione,
suggeriva un qualcosa di molto, molto più speciale.
Lo sentiva anche lei?
Col sangue che scorreva follemente nelle sue vene, Richard la condusse sulla pista da ballo e la tenne stretta, coi loro corpi che danzavano a tempo con Hold Me, Thrill Me, Kiss Me di Mel Carter.
“Adoro questa canzone”, disse lei, e la sua voce arrivò dritta al suo cazzo.
Il suo battito cardiaco accelerò follemente.
Io adoro il tuo corpo sensuale.
Si chiese se la sua mente non fosse stata sequestrata da un uomo delle caverne in calore.
Era così lontana dalla sua solita risposta controllata al desiderio e dal suo concentrarsi sulle connessioni mentali profonde.
Certo, sbavava anche lui dietro alle donne attraenti, ma sentiva che stavolta era diverso, come se i feromoni di lei si fossero sincronizzati coi suoi creando una combinazione altamente esplosiva che alterava la sua mente e la risposta del suo corpo.
“Anch’io”.
Normalmente detestava che ci fossero altre coppie che affollavano la pista da ballo, ma non questa volta.
Non quando grazie a loro il seno di lei strusciava contro il suo petto, facendolo quasi impazzire di desiderio.
Trattenne un gemito e la strinse ancora più forte.
Lei non oppose resistenza.
Il suo profumo di rosa e cannella acuì ancora di più il desiderio di lui, dandogli il coraggio di accarezzare i suoi capelli lunghi e lucenti e di baciare le sue morbide labbra rosa.
L’erezione premeva sempre più forte contro i suoi pantaloni, così tirò indietro il bacino.
Detestava il pensiero che lei potesse considerarlo un viscido.
“Comunque sono Richard”, facendola volteggiare sulla pista da ballo luccicante.
Lei lo guardò attraverso le lunghe ciglia.
“Mi chiamo Eva.
Eva Fjelstad.
Piacere di conoscerti”.
“Lavori alla Sub Rosa, giusto?”
Lei si irrigidì, fissandolo mentre chiaramente si stava chiedendo se non fosse una specie di stalker.
“Sì, ma come...”
“Ti ho vista mentre aspettavi l’ascensore qualche giorno fa.
Lavoro lì anch’io, nel reparto ricerca”.
“Oh...” disse rilassandosi finalmente fra le sue braccia.
“Sono la segretaria del responsabile capo del personale”.
Lo sapevo!
La canzone finì.
No!
Non poteva lasciarla andare.
Trattenendo la sua mano la condusse attraverso la nube di fumo verso un tavolino libero in una zona tranquilla della sala.
“Ho pensato che potremmo parlare un po’... Se per te va bene”.
Lei sorrise abbassando timidamente lo sguardo.
“Sì”.
“Uhm... Posso offrirti un drink?”
“Un bicchiere di vino rosso sarebbe perfetto, grazie”.
Al bar, Richard ordinò un paio di bicchieri di merlot e prese alcuni sottobicchieri di carta.
Potevano tornare utili per scambiarsi i numeri di telefono, se fosse stato fortunato.
Ne ficcò un po’ nella sua tasca posteriore e tornò al tavolo.
Eva sedeva su una sedia con le spalle al muro, rivolta verso la pista da ballo, le gambe incrociate mentre il suo piede delicato andava su e giù a tempo di musica.
O tremava forse con impazienza?
Forse entrambe le cose.
Non montarti la testa adesso.
Ma era difficile non farlo...
Con quella pelle così pura e morbida, desiderava ardentemente esplorarne ogni centimetro.
Richard cacciò indietro i suoi pensieri lascivi e si sedette di fronte a lei.
“Il suo drink, signora.
Spero che ti piaccia il merlot”.
Eva prese il bicchiere di vino e nel farlo con la sua mano delicata sfiorò quella di Richard.
“Adoro il merlot”.
Lui sollevò il bicchiere per brindare con la pelle che formicolava ancora per quel lieve contatto.
“Anch’io.
Salute”.
Bevvero un sorso senza lasciare lo sguardo l’uno dell’altra.
“Da quanto tempo lavori alla Sub Rosa?”
Richard prese un paio di sottobicchieri dalla tasca e li posò sul tavolo.
“Da due anni.
Ho iniziato come assistente e ho iniziato l’incarico attuale circa sei mesi fa.
E tu?”
Lei abbassò il bicchiere, mentre una goccia di vino color rosso sangue cadeva sulla carta bianca andando a formare una macchia a forma di cuore.
O forse era una... Frena.
Il suo personale test con le macchie sembrava essere rivelatore, estremamente rivelatore, tanto che non serviva uno psicologo per scoprire cosa gli frullasse per la testa.
Richard smise di fissare l’interpretazione a luci rosse della macchia di vino e scacciò il desiderio residuo dalla sua gola.
“Ho iniziato solo sei settimane fa, si può dire che sia ancora in luna di miele”.
Non gli sarebbe dispiaciuto essere in luna di miele con lei in quel momento...
L’immagine di se stesso e di Eva nudi si aggrovigliò nel suo cervello e si allentò la cravatta per avere un po’ di sollievo dalla temperatura sempre più alta.
Eva sorrise, apparentemente ignara dei suoi pensieri osceni.
“Il tuo settore sembra interessante,
non riesco a immaginarlo come un ambiente noioso”.
La brillantezza setosa del gloss che le copriva le labbra era un’esca perfetta che lo invitava a leccare e assaggiare... Non pensare al sesso.
O se ne sarebbe accorta
e sarebbe fuggita.
Gattini e cagnolini, gattini e cagnolini, gattini e cagnolini.
“Hai ragione,
la cosa bella della Sub Rosa è che offre molta scelta e possibilità di ricerca, per cui perdere interesse è molto difficile”.
Lui prese un bel sorso di vino, quindi il suo sguardo tornò a lei, come se i suoi occhi fossero una bussola e lei il nord.
“Sei veramente bellissima, lo sai?”
Le parole gli sfuggirono dalle labbra prima che potesse fermarle.
E non poteva dare la colpa al vino,
non ne aveva ancora bevuta la metà.
Eva afferrò il bicchiere e bevve ciò che rimaneva del suo rosso.
La sua bellezza, in combinazione con la sua vicinanza fisica, funsero da ariete abbattendo le inibizioni di lui.
“Scusa,
forse sto correndo troppo”.
“No. Sì.
Ma grazie”.
Le guance di lei divennero rosse come il vino.
E deliziosamente sexy.
Come se la musica volesse sottolineare i suoi pensieri, iniziò Baby I’m Yours di Barbara Lewis.
Un inarrestabile desiderio di stringerla nuovamente a sé lo rese impaziente, così si alzò porgendole la mano.
“Posso avere questo ballo?”
Lei sfiorò il palmo con il suo ed entrambi rabbrividirono.
Chissà se anche lei sentiva la potenza della loro connessione.
Richard la condusse nuovamente verso la pista da ballo.
Il sorriso sul suo volto doveva apparire come se fosse in un qualche viaggio erotico.
“Anch’io adoro questa canzone”, disse lei con le labbra a portata di bacio.
“Non è solo una grande canzone, ma un sentimento bellissimo se dimostrato con le azioni e non solo con le parole”.
Lui la strinse a sé, anche più di prima, come se fossero due pezzi di un puzzle 3D che si incastravano alla perfezione.
“Sì...” Lei lo guardò come se avesse appena detto la cosa più rivoluzionaria e allo stesso tempo poetica del mondo.
Era il volume della musica ad essere aumentato o era la sua consapevolezza di lei ad essersi amplificata?
La fisica della situazione suggeriva entrambe le cose.
Si avvicinò all’orecchio di lei per farsi sentire al di sopra del suono della band.
“Come torni a casa?”
Con mano tremolante, lei indicò la sua amica accerchiata da un gruppo di ragazzi.
“Con Greer,
mi ha dato un passaggio”.
Dannazione.
Anche se la sua amica non aveva smesso di flirtare, come se non le dispiacesse l’idea di appartarsi per la notte.
Forse poteva offrirsi di accompagnare Eva a casa, testare il terreno.
Ora che avevano parlato, si era completamente invaghito.
“Uhm...” Esitò, con le parole sulla punta della lingua.
I grandi e brillanti occhi di lei lo incoraggiarono a proseguire.
“Potrei accompagnarti a casa.
Se ti fa piacere”.
Lei distolse lo sguardo, ma non si allontanò.
“Oh... Uhm...”
“Se non vuoi lo capisco,
è solo... Ecco, non sarebbe un problema.
Anzi, sarebbe un piacere”.
Continuavano a ballare, ma lei non gli rispondeva.
Ci stava ancora pensando o il suo non rispondere significava semplicemente no?
Se solo avesse potuto leggere la sua mente.
La canzone finì e lei lo guardò negli occhi.
“Ok”.
Aveva detto di sì?
“Ok?” le chiese, giusto per essere sicuro di aver capito bene.
“Sì, mi piacerebbe che mi accompagnassi a casa.
Grazie”.
Lei inghiottì nervosamente.
“Aspetta qui,
vado a dirlo a Greer”.
Richard rimase a lato della pista gustandosi il dondolare dei fianchi di lei che correva ad avvertire la sua amica.
Eva richiamò la sua attenzione battendole sulla spalla, scambiarono qualche parola e infine lo guardò.
Greer strillò, sussurrò qualcosa nell’orecchio di Eva - molto probabilmente la stava mettendo in guardia contro i pericoli dello sbaciucchiarsi e accarezzarsi nell’abitacolo di un’automobile - facendola arrossire e, qualche attimo dopo, Eva era tornata al suo fianco.
I suoi ormoni continuavano a creare scompiglio nel suo solitamente razonale cervello, ma doveva mostrare almeno un po’ di controllo. A ogni costo.
Doveva mostrarle la sua natura rispettosa, che incarnava il genere d’uomo con cui lei avrebbe desiderato stare, il tipo d’uomo che di solito lui effettivamente era, l’uomo che era orgoglioso di essere.
Persino le sue ex ragazze sarebbero state d’accordo.
“Pronta ad andare?”
“Sì”.
La voce di lei risuonava di nervosismo.
Esattamente la stessa sensazione che provava lui.
Avvicinò le dita alle sue, facendole intendere che desiderava prenderla per mano, silenziosamente chiedendo il suo permesso.
E lei silenziosamente glielo diede, aprendo la mano e avvicinandolo al suo nella maniera più delicata e allo stesso tempo erotica che lui avesse mai sperimentato.
Eva non aveva alcuna idea del suo potere di seduzione.
Richard intrecciò le dita con quelle di lei, godendosi il rinnovato contatto con la sua pelle, e la condusse verso la strada trafficata.
Il marciapiede era affollato di gente - sobri, ubriachi, civettuoli, timidi, imbranati, tipi tosti - che fumava e limonava.
La nebbia si raccoglieva attorno agli antichi lampioni di ferro, diffondendo un’aura di luce dorata abbagliante.
Camminarono accanto ai piccoli assembramenti di partecipanti al ballo e girarono l’angolo verso i motori ruggenti.
Una gang di rockabilly appoggiati alle loro motociclette, beveva, fumava con sguardo malizioso.
Richard fece scivolare il braccio attorno alla vita di Eva, attirandola a sé come un fidanzato protettivo.
Non solo lei lo lasciò fare, ma si strinse ancora più vicina a lui,
facendogli trattenere un sospiro.
Il profumo di spezie esotiche che emanavano i suoi capelli stimolava il suo appetito per un banchetto non composto da cibo.
Mmm...
Trattenersi si preannunciava difficile, più difficile di quanto non fosse mai stato.
Chissà se la vicinanza scatenava lo stesso desiderio in lei, o se voleva semplicemente sentirsi sicura...
No, non era solo per sentirsi sicura.
Nulla del tocco di lei trasmetteva sicurezza.
Richard si fermò accanto alla sua MG rossa dal lato del passeggero, restio a lasciarla andare.
Esitò un attimo, quindi estrasse la chiave dalla tasca e aprì lo sportello.
Lei si sedette e passò una mano sul cruscotto.
“Bella macchina”.
Se solo avesse potuto prendere il posto di quel cruscotto...
Datti una calmata.
Ma il suo corpo, ormai distante da quello di lei, si raffreddò, ma pulsava ancora di eccitazione al pensiero che si sarebbero toccati ancora.
“Grazie”.
Si sedette al posto del guidatore e avviò il motore.
“Dove devo dirigermi?”
“Seven Swan Street, Sandy Bay.
Ti indicherò io la strada”.
“Non ce n’è bisogno,
so esattamente dove si trova.
Non è lontano dal lavoro,
una bella zona”.
In cinque minuti, aveva parcheggiato di fronte alla casa bianca a un solo piano, con prato verde, steccato e tutto il resto.
L’accompagnò fino all’imponente porta di legno bianco e si fermarono nell’ombra, illuminati appena dal fioco bagliore di un lampione sulla strada.
“Mi chiedevo... Vuoi darmi il tuo numero?
Ti chiamerò domani”.
Lei spostò il peso da uno dei suoi piedi delicati all’altro.
“Oh, ehm... Sì, è...”
“Aspetta”.
Tirò fuori un sottobicchiere pulito e una penna dalla tasca interna della giacca, quindi utilizzando la sua coscia come supporto disse:
“Ok, dimmi”.
“Due due tre, diciannove quarantaquattro”.
Richard lo appuntò e ripose il prezioso pezzo di carta nuovamente nella tasca.
“Grazie”.
Poi su un altro sottobicchiere pulito scrisse, Eva sei inebriante, e sotto scarabocchiò, Richard Hall, 223, 1939.
“E questo è il mio numero”, disse porgendole il foglietto.
Eva lesse il messaggio e sorrise a testa bassa, la sua mano tremava mentre riponeva il biglietto nella borsa.
La timidezza che mostrava nei suoi confronti era la cosa più dolce del mondo.
In combinazione con l’impetuosa tensione sessuale che c’era fra loro stava portando Richard verso la combustione.
Non aveva mai desiderato così tanto baciare una donna nella sua vita.
Lo avrebbe considerato troppo sfrontato?
Non si trattava neanche del loro primo appuntamento.
Avevano trascorso a malapena un paio d’ore insieme.
“Uhm, suppongo che dobbiamo dirci buonanotte”.
Era buono a sapersi che la sua coscienza vinceva sempre facendogli fare la cosa giusta, anche se poteva essere frustrante.
Come in quel momento, in cui avrebbe voluto assaporare le sue labbra tentatrici.
“Sì...” disse lei, senza guardare in alto, ma senza muoversi.
La speranza esplose nel cuore di lui, accelerando gli sporadici battiti.
Lo desidera anche lei?
“Eva...”
Il suo sguardo ammaliatore si riconnesse con quello di lui, quindi si spostò verso le sue labbra e, prima di potersi fermare, Richard la baciò.
Anziché allontanarlo, lei modellò la bocca su quella di lui, calda, morbida e accogliente.
Eva sospirò, il profumo del vino rosso del suo respiro lo fecero passare direttamente da brillo a ubriaco... Di lei.
Richard afferrò il viso di lei e approfondì il bacio, mentre le loro lingue si intrecciavano aumentando la passione fra loro..
Lei premette i palmi contro il suo petto e si appoggiò a lui, facendo scatenare i suoi ricettori del piacere.
Lui fece scorrere le mani lungo la schiena di lei fino ad arrivare al suo sontuoso di dietro.
Che cosa sto facendo?
I pensieri razionali bloccarono il suo desiderio e così riuscì a tirarsi indietro.
“Non avrei dovuto, ti chiedo scusa”, disse mentre l’erezione tradiva le sue parole.
Ce l’aveva così duro...
Eva afferrò le chiavi di casa, aprì la porta e si girò verso di lui con un sorriso timido.
“Non ce n’è bisogno”, disse mentre spariva all’interno della casa.
Un ampio sorriso si aprì sul suo volto.
Era piaciuto anche a lei.
Sì!
Ora doveva pensare al loro appuntamento.
Doveva decidere dove portarla, cosa fare e quando, con l’intenzione di mantenere la biancheria intima di entrambi addosso, a costo di indossare una cintura di castità.
Capitolo Quattro
Un appuntamento con il destino
Aveva fallito.
La pozione d’amore di Salvator aveva miseramente fallito.
Aveva baciato la sua fidanzata, ma dopo pochi secondi si era tirato indietro dalle sue labbra maledette.
“Non posso farlo”, disse apprestandosi a lasciare la sua abitazione, mentre si riprendeva dal cambiamento del suo tocco.
Il risultato era assolutamente affascinante dal punto di vista scientifico.
La sua pelle era passata dal formicolio dato dall’anticipazione del piacere alla repulsione in pochi attimi.
Il termine ‘repulsione’ poteva suonare un tantino estremo, ma gli era sembrato di baciare sua sorella, anziché la sua ragazza.
Sbagliato, sbagliato, sbagliato.
Non avrebbe più goduto delle labbra di lei sulle sue, dei seni che premevano contro il suo petto e i fianchi che strofinavano contro le sue pelvi facendolo eccitare.
Ogni grammo di passione e di tutto quello che il suo cuore definiva amore gli era stato strappato via, annientato, lasciandogli un romantico vuoto.
Sembrava che lei glieli avesse succhiati via completamente, come un vampiro che si nutriva di emozioni.
Lei afferrò il suo braccio, un calore pungente mordeva la sua carne.
Quando si voltò verso di lei, cercò di non indietreggiare.
“Che intendi dire?” chiese lei, cercando con le parole di aprire il suo cuore ormai chiuso.
Salvator arrancò lontano da lei tentando di ingoiare ciò che rimaneva della sua saliva senza sentirsi male.
Si sforzò di sorridere, ma l’espressione sul suo viso gli fece capire che lei riusciva a vedere la verità dietro la maschera che stava indossando.
Le cose erano diverse.
Le cose si erano mutate in un abisso fra di loro e lei non riusciva a capire il perché.
Anche se i suoi sentimenti erano completamente cambiati, sembrava che lei riuscisse comunque a leggergli dentro.
Anche di più, se possibile.
Dal fondo degli scalini davanti alla porta anteriore, lui guardava lei, ancora in piedi davanti all’ingresso.
“Mi dispiace,
devo annullare il matrimonio.
Non ha niente a che vedere con te,
è colpa mia... solo mia”.
Lei distolse lo sguardo mentre le sue labbra si aprivano e chiudevano mormorando parole inudibili e lacrime silenziose le scendevano sulle guance.
Una parte di lui era felice.
Grazie a questo esperimento, aveva permesso a entrambi di andare avanti e di incontrare la persona giusta..
Ho fatto la cosa giusta.
Non è vero?
La devastazione sul viso di lei gridava che non era così, ma forse lui stava confondendo la sua reazione con lo shock e il cordoglio.
L’avrebbe superata.
Doveva farlo.
Lui non avrebbe mai più potuto stare con lei.
Come poteva sposare una donna le cui carezze lo disgustavano?
Non poteva più neanche tenerle la mano adesso, figuriamoci condividere il suo letto.
Salvator entrò nella sua auto, la testa piena di sentimenti conflittuali, il suo viso sconvolto aveva marchiato a fuoco la sua mente.
Era valsa davvero la pena assumere il siero?
* * * *
Eva mise la mano sulla cornetta del telefono, come per chiedere telepaticamente a Richard di chiamarla.
Richard.
Il suo stomaco era pieno di farfalle e stava scatenando un tonfo nel suo cuore, tanto che dovette mettersi la mano sul petto.
Battiti forti e veloci le facevano tremare le costole.
Bum-bum-bum-bum-bum-bum.
Quindi era lui il tizio, quello che secondo Greer non era riuscito a toglierle gli occhi di dosso neanche per un attimo mentre aspettavano l’ascensore l’altro giorno.
E la sua osservazione non avrebbe potuto essere più giusta.
Richard era ‘l’uomo dei sogni’ in persona.
E lei gli piaceva.
L’aveva persino baciata.
Lei chiuse gli occhi e si toccò le labbra, mentre ogni singolo dettaglio risvegliava i suoi sensi riportandoli a quel magico momento.
Il suo respiro affannoso, la sua voce profonda e carezzevole, l’intensità dei suoi magnifici occhi verdi e quelle incredibili labbra e quelle mani che l’avevano trasportata verso una sensualità che lei non aveva mai sperimentato prima, che continuava a esplodere dentro di lei persino adesso.
La sua mente riviveva il loro bacio di continuo, accompagnandola nel sonno, nei suoi sogni e poi ancora al suo risveglio.
Il suo corpo desiderava schiacciare il bottone di stop, ma la mano si rifiutava, mentre il polso le doleva a causa delle diverse sedute di autoerotismo.
Ma nonostante tutto, il desiderio non si spegneva.
La famosa Miss Prim era così diversa da lei, sempre la perfetta brava ragazza.
Il calore dell’imbarazzo le bruciava le guance.
Se lui sapesse...
Il telefono squillò.
Eva sussultò talmente che il cuore a momenti le usciva dalla testa.
Era Richard?
Era riuscito a captare i suoi pensieri lascivi?
Il telefono squillò di nuovo e lei portò il ricevitore all’orecchio col braccio che tremava come se fosse in overdose da espresso.
“Pronto?”.
“Ciao, Eva?
Sono Richard.
Noi” - si schiarì la gola - “ci siamo incontrati ieri sera”.
Come se lei potesse dimenticare quel bel volto, quella voce strappa mutande e il modo in cui aveva attivato il suo interruttore del piacere... “Ciao Richard”.
“Scusa se ti chiamo così tardi,
ho dovuto partecipare a un seminario straordinario al lavoro e...”
“Non ti preoccupare”.
Chissà se la sua voce suonava troppo ansimante.
O peggio, disperata.
“Speravo che stasera potessimo andare a cena fuori”.
“Stasera?”
Eva si appoggiò al muro in cerca di un sostegno.
“Se non hai altri piani... e se ti fa piacere”.
Ma certo che lo voglio!
“Uhm... sì.
Grazie.
A che ora?”
“Vengo a prenderti alle sei e mezza così dopo potremmo vedere un film”.
“Un film?
Al drive-in?”
“Sì.
Come ti suona?”
Perfetto.
Favoloso.
Fantastico.
Solo che... Cosa avrebbe detto la gente vedendola al drive-in con un tizio appena conosciuto?
Non che le importasse, non aveva una famiglia per cui mantenere una certa reputazione.
Nessuna madre, né fratelli, zii, zie o cugini.
Solo un’ombra di padre, per quanto ne sapeva.
Ma la sua reticenza non riguardava la posizione sociale.
Cosa sarebbe accaduto se la connessione con Richard non fosse andata oltre l’attrazione fisica?
Come avrebbe potuto troncare la serata facendosi riportare a casa senza urtare i suoi sentimenti?
Non avevano parlato molto, per cui non sapeva se fossero compatibili a un livello più profondo.
Ma nonostante tutto, ogni cellula del suo corpo gravitava attorno a lui, come se in qualche modo inesplicabile sapessero che erano sulla stessa lunghezza d’onda.
Doveva fidarsi del suo intuito?
Non importava cosa sentiva, solo la realtà conosceva la verità e Richard poteva essere la persona sbagliata.
In ogni caso, il sabato sera il drive-in era piuttosto affollato, se lui avesse tentato di andare troppo oltre avrebbe sempre potuto attirare l’attenzione di qualcuno, giusto?
“Eva?”
Qualcosa nel suo timbro di voce la diceva fidati di me.
“Sì... Ok, va bene.
Mi sembra una buona idea”.
Poco dopo, Eva si stava guardando nel grande specchio del bagno mentre applicava l’eyeliner nero, un po’ di mascara e un tocco di gloss sulle labbra, sorpresa della stabilità delle sue mani, dato che avrebbe incontrato Richard nel giro di pochi minuti.
Il campanello infine suonò e una marea di suspense le invase lo stomaco.
“Arrivo!”
Corse in camera da letto, afferrò il cappotto nero nel guardaroba e diede uno sguardo alla sveglia: le sei e venticinque.
“Affidabile e puntuale”, mormorò correndo lungo il corridoio.
Aprì la porta trovando Richard in piedi sotto il portico, con indosso una giacca di pelle nera, una camicia rossa, jeans neri e un sorriso bagna mutande.
“Sei pronta?”
Per l’appuntamento o per lui?
Eva spostò gli occhi pieni di desiderio da quel corpo da urlo verso il suo sguardo magnetico.
“Sì”.
Per entrambi.
Raggiunsero l’auto, e Richard aprì lo sportello per lei, un vero gentiluomo.
“Grazie”.
Si sedette sul freddo vinile e allacciò la cintura di sicurezza.
Aveva intenzione di fare il gentiluomo tutta la sera o aveva in mente di arrivare in seconda base?
Lei non ancora poteva credere che fossero già arrivati alla prima!
Il ricordo di quelle labbra fameliche sulle sue, la sua lingua tentatrice e le mani che le accarezzavano il fondoschiena invase la sua mente per la millesima volta.
Un piacevole calore le si diffuse fra le gambe e salì fino alle sue guance.
Si spostò sul sedile, alla ricerca di un punto freddo che l’aiutasse a spegnere il fuoco che ardeva nel suo nucleo centrale.
Eva non voleva che lui smettesse di baciarla la notte precedente e il suo corpo reagì con delusione quando lui lo fece.
Quindi forse gli avrebbe permesso di essere fortunato.
Ma non troppo... ancora.
Richard si voltò verso di lei dal lato del guidatore, con gli occhi verdi che brillavano nella luce fioca.
“Metterò la capote,
spero non ti dispiaccia,
ma fa un po’ troppo freddo per tenerla aperta”.
La vicinanza di lui fece schizzare il suo termostato interiore su cocente rendendole facile dimenticarsi del freddo che c’era all’esterno.
In effetti in quel momento una fresca brezza che le raffreddasse un po’ la temperatura corporea le avrebbe fatto comodo.
“Per non parlare il disastro che farebbe dei miei capelli”, scherzò, cercando di distrarre entrambi da quella fortissima tensione sessuale.
Lui ridacchiò.
“Esattamente.
Dunque, ho prenotato al Café Destino per cena.
È l’unico posto in città dove cuociono la bistecca come piace a me.
Per te va bene?”
“Di nessun tipo.
Adoro una buona bistecca”.
Qualcosa di rosso, raro e al sangue,
Quando arrivarono al ristorante, un cameriere li guidò verso un angolino intimo, accanto a una finestra che si affacciava sul mare color smeraldo.
Eva studiò il menù e quando sollevò gli occhi, lo sguardo di Richard era puntato su di lei.
“Scusa se continuo a fissarti, ma i tuoi occhi sono incredibili.
Quel blu-violetto è così straordinario, così insolito, così bello”.
“Oh... Ehm, grazie”.
Eva guardò in basso, con le guance che passavano da calde a bollenti.
Di nuovo.
“Quindi... Cosa ti piacerebbe assaggiare?” chiese lui, come se avesse sentito il suo bisogno di cambiare discorso.
Te.
Eva fissò così intensamente il menù che quasi poteva vedere del fumo spuntare fuori.
Ma le parole erano sfocate, a causa della sua mente invasa da immagini vietate ai minori di Richard e lei, nudi, impegnati in ogni tipo di posizione erotica.
Ma che diavolo...?
I suoi pensieri dovevano aver imboccato la strada dell’immoralità.
Per lei era normale fantasticare su un uomo, ma mai a livello ho-bisogno-di-un-bagno-freddo-che-mi-distragga-da-certe-sconcezze.
“Eva?”
Resistendo all’impulso di detergersi la fronte con il tovagliolo rispose:
“Oh, scusa.
Per un attimo mi sono persa nei miei pensieri”.
Pensieri osceni, per la verità.
“Qualcosa che desideri condividere?”
Le guance di lei andarono completamente a fuoco, come una fornace a pieno regime.
“No, non per il momento”.
Richard sorrise e lei avrebbe giurato che le leggesse nella mente.
“Che c’è di tanto speciale nelle bistecche qui?” chiese, tentando disperatamente di cambiare argomento.